avrete visto anche voi le foto degli scaffali vuoti dei nostri supermercati, e forse avrete avuto notizia dei nostri fast food e ristoranti che non riescono più a rifornirsi di pollo o birra. In certi casi, alcuni esercizi commerciali non hanno potuto aprire, altre volte questi luoghi della ristorazione e negozi di alimentari sono stati costretti a una triste vita a metà. È abbastanza strano che le persone sembrino sopportare tale fardello senza troppe lamentele, almeno per il momento; dopotutto è ciò per cui la metà del paese ha votato, a suo tempo: nient’altro che un effetto collaterale della Brexit.
In conseguenza della “pingdemia” [l’epidemia di notifiche -ping- della app di tracciamento Covid analoga a Immuni, ndt.] mancano all’appello circa centomila camionisti. Il governo vorrebbe farci credere che è tutta e solo colpa del Covid. La carenza di generi alimentari è una situazione che, a detta di Ian Wright della Food and Drink Federation, sarà permanente.
Ma su, andiamo! Bisogna comprendere il lato positivo dello spettacolo offerto dagli scaffali vuoti. Fare la spesa, nel Regno Unito, è diventata un’impresa. I tempi in cui si trattava di un istantaneo e noioso soddisfacimento delle aspettative personali sono ormai andati. Oggigiorno puoi andare al supermercato per fare la spesa, volendo acquistare, che so, pasta e mais in lattine, e poi accorgerti che alcuni articoli mancano all’appello; può essere il mais, le patate surgelate o le salsicce vegane; un giorno c’è la mousse, il giorno dopo niente margarina. Che dire? Siamo finalmente liberi dalle liste della spesa, costretti a provare cibi nuovi, o a fare senza. Possiamo sentirci virtuosi, ma che dico, anche nostalgici e coraggiosi, ora che teniamo duro, ognuno per sé, mentre la marea della Brexit si abbatte sulle nostre teste, nelle nostre Dunkerque personali.
E il peggio deve ancora venire. Siamo stati avvisati che forse il Natale, la grande festa delle spese di famiglia, quest’anno potrebbe anche non arrivare. Richard Walker, direttore della catena di supermercati Iceland, ha affermato che la carenza di camionisti comporterà una riduzione delle consegne a trenta-quaranta al giorno -e i rifornimenti di Natale, semplicemente, non arriveranno. I negozi di giocattoli stanno avvisando la clientela di affrettarsi a fare acquisti, o il sacco di Babbo Natale, quest’anno, potrà essere vuoto.
Siamo oggi un paese in preda al deficit e all’impoverimento, svuotato, una macchina “in riserva” da tutti i punti di vista: sul piano etico, pratico e morale. Da qualunque parte si guardi c’è penuria -tranne che per i contagi di Covid; di quelli ne abbiamo in abbondanza, così come le morti evitabili, anche di quelle ne abbiamo a bizzeffe, circa mille a settimana, ma queste informazioni importanti non vengono messe in evidenza da nessuno.
Da ora fino a Natale, se le cose stanno così (ma non resteranno così), altre 15.000 persone perderanno la vita dopo aver contratto il Coronavirus. La perdita è ovunque, intorno a noi, e non è solo una perdita materiale.
Ho incontrato un’amica che ha una figlia affetta da una grave malattia mentale. Si era presa un momento per riposare al riparo di una grande quercia, in un parco locale. Sembrava le servisse tutta la forza di quell’albero. Certo è un bene per lei uscire dal silenzio di casa sua. Da un paio d’anni sua figlia riceve cure intensive. È un pericolo per se stessa e per gli altri, per cui immaginate il mio shock quando l’amica mi ha raccontato che l’unità ospedaliera che la seguiva è stata chiusa. Ora lei deve recarsi fino a Newcastle per andare a trovare la figlia, e può a malapena permettersi il costo del viaggio; riesce a andarla a trovare solo due volte l’anno. L’ultima volta si è dovuta accampare in tenda. È un viaggio di oltre 800 chilometri tra andata e ritorno. La carenza di cure per la salute mentale è devastante. Sempre più stress, più ansia, più perdite e sofferenza.
I problemi dei nostri poveri medici di famiglia, sempre più oberati, sono aggravati dalla mancanza di provette per le analisi del sangue. I pazienti, sempre più inferociti, non si capacitano del perché devono attendere dalle tre settimane ai quattro mesi, o più, per un esame del sangue. I dottori usano ormai le fiale di vetro solo per le emergenze. E siamo nel 2021. Straordinario. Nessuno riesce a capire perché non ci siano maggiori proteste, perché l’indignazione non sia esplosa. La British Medical Association ha spiegato ...[continua]
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