18 ottobre 1969
Muska carissima,
siamo di nuovo in sciopero postale. Chissà quanto durerà il disordine -e quanto grande sarà il ritardo. Finora, c’è sciopero solo della distribuzione, non dell’inoltro. A partire da martedì lo sciopero sarà totale. Dunque, ti scrivo, come dire? d’urgenza. Per cominciare, io sto benissimo: non ho più alcun fastidio, nonché dolore. Anche, spero, aiutato dalla bardatura.
Qui, continua il bell’ottobre. Almeno questo rimane, nel caos cittadino – e bisogna dire che, alla fine, ne vince la bruttura. Io spero bene (dico: spero – con una certa decisione a resistere alle pressioni...) di evitare sia il viaggio a Praga che quello a Varsavia -o almeno rimandarlo a più tardi- possibilmente, a quello che confido di fare a New York, e da New York a Bethlehem...
Intanto, il desiderio (inappagabile) di ritirarmi, “procul negotiis” si fa sempre più acuto: sì, proprio non c’è più nulla da fare, quanto al dissidio fra me e il modo in cui la gente (quella che vedo o devo vedere, s’intende) pensa e vive. Come, ti dicevo non da molto: “il sale ha perso il suo sapore...”. La cultura (il mondo della cultura ufficiale) è in sfacelo completo: aiuta la barbarie e il ritorno al selvaticume, non l’incivilimento e l’ingentilimento. Il male è incurabile, ne sono convinto. Tranne in alcuni “isolotti” sparsi, non c’è resistenza possibile. Soliti lamenti. Non proprio. Vorrei che ti fosse chiaro qual è il punto dolente, per cui ritorno (invano) su quest’argomento della disgregazione attuale. Il punto è questo: vivere in una città, aver a che fare con gli ambienti e le persone cui dovrebbe – più o meno – esser raccomandato dalla società di dare l’esempio di una certa integrità, e trovarsi invece implicato nella situazione opposta – di volontaria e quasi entusiastica frenesia di dissolvimento – significa venire ogni giorno a compromesso con ciò che non si accetta, e che ripugna. E “compromesso” significa naturalmente anche una più o meno passività di fronte al male – un lasciarsene contagiare, sia pure con collera e consapevole tristezza. È questo che avvelena. Il senso d’impotenza, e più ancora, d’incapacità a uscire dal marasma. La scelta ci sarebbe: è lì – quella di Caffi – la decisione di lasciarsi andare “socialmente” alla deriva. Ma (a parte che in simili cose, non si può “imitare” – essendo che si tratta di fatti morali in definitiva ingovernabili, se non “istintivi”), in fondo non sono mai stato convinto che il modo di vivere di Caffi fosse “giusto”: era anche quello un “pis aller”
-un fatto di scoraggiamento e d’isolamento. Del resto, lui stesso si guardava bene dal darsi in un qualsiasi modo in esempio; accadeva soltanto che in certi modi di agire la sua vita fosse realmente “esemplare” – e, in sostanza, più che in ogni altro aspetto, una certa sdegnosa e nel tempo stesso gentilissima “aristocrazia” di gusti e di maniere.
Ho parlato due minuti fa con Ludovica: sta molto bene, (l’ho vista pochi giorni fa), un po’ inquieta per la tua schiena (io, per conto mio, l’ho rassicurata, dicendo che tu stessa insistevi sul fatto che hai avuto molto meno fastidio che quando ti doleva la spalla) – e infine, cerca traduzioni. Io faccio quel che posso per aiutarla – ma non spero granché. Se si ottiene qualcosa, in questo paese, è solo da persona a persona, con la presenza e l’insistenza fisica – altrimenti, tutti sono astratti e distratti (dai propri interessi).
A proposito del discorso col quale ho cominciato questa lettera, proprio stamane mi è capitato sotto gli occhi un passo di Platone (Critone):
“Magari fosse, Critone, che la folla fosse capace di compiere le peggiori cose, giacché allora sarebbe capace anche delle migliori, e ciò sarebbe bene; ma invece, non sono capaci proprio di nulla: non possono rendere alcuno né savio né stolto, ma fanno quel che si trovano a fare”.
Direi che la situazione di oggi è così brutta esattamente per questo: dall’alto all’infimo, ognuno fa, “quel che si trova a fare”...
Ti abbraccio, Muska diletta.
Nicola
Dimmi se vuoi la Guida di cui ti ho parlato: c’è una buona carta dei luoghi e la descrizione, in linguaggio di guida...
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