Ci furono ulteriori complicazioni quando un gruppo di nuovi ebrei ortodossi richiese che il principio di non abbandonare i feriti e i morti in territorio nemico fosse esteso alla Tomba di Giuseppe, a sostegno portarono il fatto che le sue ossa erano state portate indietro dall’Egitto a Shekhem1. Più serio fu il problema del sepolcro dei Patriarchi, poiché i palestinesi, vantando la discendenza da Ismaele, primogenito di Abramo, reclamarono il diritto prioritario di possederne le ossa. E quando finalmente sembrò presentarsi un compromesso, i giordani irruppero nella disputa pretendendo le ossa di Isacco perché discendenti di suo figlio Esaù. La questione è tuttora sospesa alla Corte Internazionale dell’Aia.
L’inizio dei lavori del Muro fu salutato con una cerimonia di Stato durante la quale il primo ministro citò Ze’ev Jabotinsky, che aveva parlato di “Muro di ferro”2, e il ministro degli Esteri attribuì infondatamente il verso “Noi siamo l’ultimo muro” all’inno delle Palmach3. Uno dei massimi rabbini impartì la Sheheyehnu4, e affermò che i conci di cemento con i quali era stato soprelevato il Muro del Pianto conferivano al nuovo Muro maggior gloria e potenza. I fedeli del Monte del Tempio incominciarono a praticare il “rappelling”5.
Occorse un po’ di tempo perché il pubblico si abituasse alla mancanza di guardie all’entrata di ristoranti e di ritrovi e solo lentamente i proprietari di automobili tornarono a fruire degli autobus. Tuttavia non durò a lungo e potenti deflagrazioni cominciarono a devastare i centri delle città. All’inizio le esplosioni vennero attribuite a faide di bande malavitose, ma il fatto che i dinamitardi scomparissero come se la terra li avesse inghiottiti indusse presto in forti preoccupazioni.
Una profonda voragine nel quartiere della borsa di diamanti in Ramat Gan, causata da piogge insistenti, convinse la polizia che i terroristi palestinesi avevano trasferito le loro competenze ingegneristiche, felicemente sperimentate con le gallerie fra l’Egitto e Rafah6, ai centri cittadini, ed erano riusciti anche a individuare i mitici cunicoli scavati durante la ribellione di Simon Bar-Kokeba7.
Dopo un accurato esame di ogni possibile soluzione, fu deciso che la più efficace sarebbe stata di pavimentare di cemento l’intero paese. Esperti olandesi furono appositamente incaricati dell’opera e quando consigliarono di rendere la gettata il più possibile pieghevole e flessibile mischiandovi sacchi di plastica e copertoni fuoriuso, anche i Verdi abbandonarono ogni loro opposizione al piano. Gli agricoltori che rifiutavano di seguire il consiglio del ministro delle Finanze di coltivare ortaggi in vasi di fiori, furono nondimeno assicurati che la compensazione che avrebbero ricevuto per l’impossibilità di coltivare non sarebbe andata a scapito di quella triennale per la siccità. Per evitare di pregiudicare le relazioni con la Thailandia8, i villaggi e gli allevamenti ovini del Sud-Arava9 non furono coperti di cemento. All’aeroporto un cassonetto pieno di terra fu messo a disposizione dei pellegrini che all’arrivo avessero desiderato baciare la Terra Santa.
Alla cerimonia di inaugurazione della Pavimentazione il primo ministro assicurò che esso avrebbe garantito allo Stato fondamenta sicure. Il ministro degli Esteri concluse il suo discorso canticchiando il motivetto “Vi avvolgeremo in un bell’abito di calcestruzzo e cemento”10 e uno dei massimi rabbini dichiarò che il Pavimento era geniale perché, svincolando la produzione agricola dalla terra, l’avrebbe liberata dall’asservimento all’antica legge ebraica di lasciare la terra a riposo ogni settimo anno.
Malgrado alcune difficoltà di una parte della popolazione ad adattarsi al nuovo Pavimen ...[continua]
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