Prima di essere invasi, i territori ucraini attualmente occupati dalla Russia contavano circa novecento scuole. Molte di esse sono ora chiuse, mentre quelle ancora attive utilizzano i libri di testo del Ministero dell’Istruzione russo. In alcune di queste scuole, tuttavia, gli studenti hanno continuato a studiare il programma ucraino attraverso corsi online; frequentare queste scuole è ovviamente pericoloso e le famiglie adottano molte precauzioni per evitare di essere scoperte (come nascondere i compiti dei figli in chiavette usb e persino spostarsi dalle città ai piccoli centri, dove le truppe russe hanno meno probabilità di bussare alla porta). L’emittente indipendente “iStories” ha recentemente parlato con la preside di una scuola di Nova Kakhovka, nella regione di Kherson, e con un’insegnante di una scuola agraria di Melitopol a proposito delle sfide e delle soddisfazioni che comporta la gestione di scuole ucraine nei territori occupati. “Meduza” condivide un adattamento in lingua inglese del loro reportage.
Sono diventata la loro psicologa
Anna Bout insegnava biologia, tedesco ed educazione civica in un liceo di Melitopol. La mattina del 24 febbraio 2022, il suo vicino le disse che la Russia stava bombardando la base aerea di Melitopol, ma lei pensò che fosse ubriaco. Poi, arrivata in classe, sentì “del trambusto” provenire dal dormitorio della scuola.
“Tutti erano in piedi con gli zaini indosso e gridavano: ‘Guerra!’. Ho acceso la tv e ho visto che in Ucraina stava bruciando tutto, le bombe cadevano ovunque e i giornalisti parlavano di un’invasione su larga scala”, ha raccontato a iStories. Il preside della scuola ha deciso di spostare la didattica online in modo che studenti e insegnanti non dovessero raggiungere l’edificio scolastico a piedi. Due giorni dopo, l’esercito russo avrebbe occupato Melitopol.
A partire dal 28 febbraio, Anna, i suoi colleghi, i suoi studenti e altri abitanti di Melitopol sono scesi in strada ogni giorno per protestare. Quando le truppe russe hanno iniziato a rapire gli attivisti e anche le proteste di massa sono diventate impraticabili, Anna si è messa ad affiggere manifesti con la bandiera ucraina in tutta la città. Ha anche fatto del suo meglio per continuare a sostenere i suoi studenti: “Non potevo più essere solo la loro insegnante, dovevo anche fare loro da psicologa. Incontravo i miei studenti e i loro genitori a casa mia o al lago vicino a scuola. Dicevo loro che tutto sarebbe andato bene e che dovevano solo tenere duro. Con gli studenti che sono riusciti a scappare siamo rimasti in contatto telefonico; li ho incoraggiati a stare tranquilli e a prendersi cura di se stessi”.
Anna e sua figlia non hanno fatto mistero delle loro posizioni filo-ucraine, continuando a protestare e a scrivere sui social media della realtà della vita sotto occupazione. Poco dopo sono arrivate le minacce anche da parte di conoscenti; una persona le ha scritto: “Brucia all’inferno, feccia ucraina”. Nel frattempo, le autorità di occupazione avevano iniziato a uccidere e imprigionare gli attivisti filo-ucraini. Nell’aprile del 2022, temendo anche loro di diventare un bersaglio, Anna e sua figlia hanno lasciato Melitopol.
Nessuna via d’uscita
Iryna, direttrice di un liceo di Nova Kakhovka, è rimasta nella città occupata fino all’agosto 2022. Il giorno in cui è iniziata l’invasione si trovava in un ospedale nei pressi di Kiev quando ha ricevuto una telefonata dalla vicepreside della scuola, che le diceva che c’erano state esplosioni in città e che i genitori si erano presentati a scuola con i figli. Iryna le aveva detto di farli entrare tutti; la scuola aveva un ampio seminterrato che poteva fungere da rifugio dai bombardamenti.
Il giorno seguente la scuola è rimasta chiusa, ma studenti, genitori e insegnanti hanno continuato a rifugiarsi nel seminterrato. Iryna ha deciso di tornare a Nova Kakhovka. “Dovevo essere forte”, racconta. “La mia vicepreside era in preda al panico e i genitori mi chiamavano continuamente; ho dovuto dire loro con voce allegra che tutto sarebbe andato bene”.
A quel punto la regione di Kherson era ormai occupata; Iryna non è riuscita a raggiungere Nova Kakhovka fino al 14 marzo. Da quel momento in poi si sarebbe recata a scuola ogni giorno insieme ai suoi insegnanti, che hanno continuato a tenere le lezioni online.
Ad aprile, Vladimir Leontyev, sindaco della città insediato da Mosca, aveva convocato una riunione con i direttori delle scuole di Nova Kakhovka in cui prometteva loro aumenti di stipendio, facendo leva sul fatto che l’istruzione dei bambini fosse più importante di qualsiasi conflitto. La condizione, però, era che d’ora in avanti le lezioni sarebbero state tenute in russo utilizzando libri di testo scelti da Mosca.
Iryna ha deciso immediatamente che non avrebbe mai accettato. Poi, a luglio, mentre si trovava a scuola per prepararsi al nuovo anno accademico, un gruppo di uomini dell’amministrazione occupante si è presentato nel suo ufficio armato di fucili automatici.
“Uno di loro era Vyacheslav Reznikov, ex preside di un’altra scuola, che gli occupanti avevano nominato capo del dipartimento locale dell’istruzione. Insieme a lui c’erano la cosiddetta addetta stampa del Gauleiter, Zoryana Us, e tre soldati con mitragliatrici -patetici ometti più piccoli delle loro armi”, racconta Iryna. “Zoryana e Vyacheslav si sono seduti e gli uomini armati sono rimasti in piedi alle mie spalle. Reznikov ha iniziato a dire: ‘Non rifiutare, Iryna Petrovna. Hai fatto un ottimo lavoro, sei un esempio per tutti. Ormai le nostre forze armate stanno per conquistare anche Mykolaiv e Odessa, non c’è via d’uscita. Dobbiamo creare un nuovo sistema educativo. Altri presidi seguiranno il vostro esempio’. Mi ha dato due settimane per pensarci, ma io non avevo alcuna intenzione di sottomettermi. Non volevo avere nulla a che fare con la Russia: credevo nella vittoria ed ero pronta a difendere la mia scuola fino alla fine”.
Il 18 agosto, la polizia di occupazione ha arrestato Iryna, rinchiudendola in un ufficio passaporti con altri prigionieri, tra cui una preside di un’altra scuola e i dipendenti del governo legittimo della città. Le donne ricevevano pochissimo cibo e acqua e dovevano usare un barattolo di maionese vuoto come gabinetto.
Ogni giorno, durante la sua prigionia, Iryna veniva portata a “chiacchierare” con un agente del Servizio di sicurezza federale russo (Fsb) noto a lei come Umar, ma del quale non ha mai saputo il vero nome.
“Mi ha chiesto se avessi preso in considerazione l’idea di far passare la nostra scuola al sistema educativo russo. Mi ha minacciato, dicendomi che avrei potuto rischiare quindici anni di prigione per aver promosso l’istruzione ucraina in Russia. Mi ha accusato di aver fatto una soffiata all’esercito ucraino sulle posizioni delle truppe russe. Comunque i miei rapitori non mi hanno mai nemmeno sfiorata, ma hanno torturato le altre donne con scosse elettriche e mi hanno detto che sarebbe toccato anche a me”, racconta Iryna.
Il 23 agosto, al quinto giorno di prigionia, Umar le ha ordinato di raccogliere i televisori, i tablet e i computer portatili della scuola in modo che la sua sostituta potesse aprire l’istituto. Dopo aver eseguito l’ordine, le autorità occupanti l’hanno finalmente rilasciata e lei è partita per Kiev.
“Dopo questo periodo di prigione ho iniziato a farmi seguire da un terapeuta e da uno psichiatra. Ci sono cose che posso confidare solo a un estraneo, a qualcuno che le seppellirà dentro di sé. Pensavo che il dolore sarebbe svanito con il tempo, ma non è andata così”, racconta.
I bambini non capiscono che è tutta propaganda
Il 26 agosto, il giorno del suo arrivo a Kiev, Iryna si è lasciata andare al pianto per la prima volta dall’inizio della guerra d’invasione; quella sera è andata a dormire con delle bustine di tè sugli occhi per alleviare il gonfiore. La mattina dopo si è messa all’opera per rimettere in funzione la sua scuola.
Dopo aver indagato per scoprire quali insegnanti volessero tornare a lavorare, ne ha trovati altri per sostituire quelli che se ne erano andati. Poi ha contattato i genitori degli studenti per informarli che la scuola sarebbe proseguita come prima. “Non potevo tradire la mia scuola. Ho capito che se ero riuscita a sopravvivere all’occupazione e alla prigionia, potevo fare qualsiasi cosa”, dice.
Il primo settembre 2022, un totale di 647 studenti si erano iscritti a scuola. La maggior parte di loro viveva all’estero o sotto occupazione. Prima dell’invasione, la scuola aveva 637 studenti.
Le famiglie rimaste sotto occupazione hanno dovuto trovare il modo di sfuggire alle persecuzioni delle forze di sicurezza russe . Molti si sono trasferiti dalla città a piccoli villaggi, dove ci sono meno soldati e le case non vengono perquisite.
Anche la scuola in cui lavorava Anna ha continuato a operare online, con molti studenti che si collegavano dal territorio occupato. Il loro vecchio edificio scolastico, come quello di Iryna, è stato costretto dalle autorità di occupazione a insegnare i programmi di studio russi; lì, i militari hanno bruciato i libri e le bandiere ucraine della scuola in un falò nel cortile esterno.
Anna non conosce i dettagli delle classi gestite dalle autorità di occupazione, ma i suoi conoscenti che vivono ancora in città le hanno detto che è “difficile definirla istruzione”. Ad esempio, la sua ex collega che insegnava solo educazione fisica ora insegna quattro materie diverse, tutte in russo, tra cui geografia ed economia.
I conoscenti di Anna raccontano anche che Melitopol ora è tappezzata di cartelli con scritto “La Russia è la nostra patria”. “Melitopol è Russia” e di nastri di San Giorgio. “Ci sono migliaia di persone a Melitopol inorridite da tutta questa propaganda. Ma la cosa più spaventosa è che noi adulti -o almeno alcuni di noi- lo capiamo, che si tratta di propaganda. I bambini, invece, non lo capiscono, e non c’è nessuno che glielo spieghi”, dice.
Un’amica che vive ancora in città ha raccontato ad Anna di aver visto adolescenti che indossavano cappellini da baseball e magliette con lo stemma russo. “Questo non mi spaventa”, dice Anna. “Non è colpa loro se i genitori non li hanno fatti scappare. Amo molto i bambini e i giovani. Torneremo noi e tireremo giù quei cartelli. Io e gli altri insegnanti faremo di tutto perché questi ragazzi si innamorino di nuovo dell’Ucraina”.
Ora per i bambini di Melitopol la frequenza delle scuole russe è obbligatoria. Di conseguenza, dice Anna, la maggior parte degli ex insegnanti che conosce hanno cambiato mestiere; secondo loro, l’“istruzione” in città si è trasformata in propaganda e non erano disposti a far svolgere ai bambini certe attività, come, per esempio, colorare le bandiere russe. Anna ha persino sentito parlare di casi di soldati armati che si sono presentati a casa delle famiglie ordinando loro di mandare i figli nelle scuole russe.
Nonostante tutti i rischi che si corrono, a Melitopol ci sono ancora genitori che fanno frequentare ai figli le scuole ucraine online. Poiché devono andare alle scuole russe di mattina, di solito frequentano le lezioni ucraine la sera e, per proteggersi da eventuali incursioni dei soldati, molti genitori portano i figli in appartamenti diversi per accedere ai corsi.
“Ci vuole un grande coraggio per continuare a studiare il programma ucraino mentre si vive sotto occupazione”, dice Anna.
“A Melitopol le persone si denunciano a destra e a manca. Un vicino potrebbe passare davanti al tuo appartamento e chiamare i soldati russi perché ti ha sentito parlare in ucraino. È sempre più difficile nascondersi. Le autorità controllano i telefoni di tutti e c’è il rischio costante che fermino i genitori per strada e controllino cosa c’è nei loro telefoni, così le famiglie tengono il materiale didattico proibito in chiavette usb nascoste in angoli remoti delle loro case”.
Nel corso del tempo, secondo Anna, il numero di studenti che si sono iscritti ai corsi online è gradualmente diminuito. “Abbiamo dovuto interrompere l’offerta di interi anni scolastici”, spiega Anna. “Alla fine dell’anno scolastico 2023-2024 non c’erano quasi più studenti”. Quest’anno la scuola di Anna non aveva abbastanza iscritti per continuare a operare.
Restituire ciò che la guerra ha portato via
A differenza di Melitopol, Nova Kakhovka non ha più scuole in funzione; le autorità di occupazione hanno fatto ben poco per istituire un sistema educativo.“Nel 2023, l’unica scuola aperta a Nova Kakhovka era la scuola n. 10, ma era solo online”, racconta Iryna. “Alcuni genitori hanno ricevuto generi alimentari e 2.000 rubli (22 dollari) in cambio dell’iscrizione dei loro figli. Ma nessuno controlla mai se frequentano o meno”.
Qui, come a Melitopol, i genitori devono nascondere il fatto che i loro figli frequentano scuole ucraine online. Nonostante ciò, l’anno scorso la scuola di Iryna aveva 568 iscritti. Due dei cinque studenti che si sono diplomati a pieni voti, avevano trascorso l’intero anno scolastico sotto occupazione. Hanno potuto recarsi nel territorio controllato dall’Ucraina per ricevere personalmente i diplomi e le medaglie da Iryna stessa, e si sono poi iscritti a università ucraine.
Anche dopo la liberazione di Kherson, avvenuta nel novembre 2022, racconta Iryna, Nova Kakhovka ha continuato a subire bombardamenti; spesso non ci sono né internet né elettricità. “I nostri insegnanti tengono lezioni per gli studenti ogni volta che riescono ad avere accesso a Internet”, spiega.
Gli insegnanti cercano di non discutere della guerra in classe, ma ricordano ai bambini di prendere misure di sicurezza. Per esempio, chiedono loro di non arrampicarsi sugli alberi nel territorio occupato per cercare la copertura internet necessaria per inviare i compiti, cosa che facevano in passato. “Se uno studente non supera un test, non ne va della sua vita. Non vogliamo mettere sotto pressione né i ragazzi né i genitori”, dice Iryna.
“Mi connetto di continuo alle classi online anche solo per salutare i ragazzi e dire loro di prendersi cura di se stessi. In questo momento, i più giovani hanno bisogno di un sostegno in più: sia chi vive sotto occupazione, sia chi risiede nel territorio controllato dall’Ucraina e soggetto a bombardamenti, ma anche chi si trova all’estero, lontano dalla propria casa.
Gli studenti hanno molta voglia di frequentare le lezioni, anche per passare più tempo possibile con i loro compagni, se pure solo virtualmente. I loro insegnanti programmano regolarmente momenti di pausa per gli studenti, per consentirgli di parlare tra loro, organizzare feste e in generale restituire loro ciò che la guerra ha portato via: risate e gioia”.
Nella scuola di Iryna si sono iscritti 685 studenti per l’anno accademico 2024-2025, più di quanti ne avesse prima dell’inizio della guerra d’invasione. Molti di loro vivono sotto occupazione.
Anna adesso lavora come traduttrice e coordinatrice al Melitopol Professional College, istituto che tiene corsi online. Come il resto del corpo docente, vive a Zaporizhzhia. Ha anche ripreso il suo lavoro di tessitrice volontaria di reti mimetiche per l’esercito ucraino, attività che aveva dovuto interrompere quando viveva sotto occupazione. Nel maggio 2022, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky le ha consegnato il premio “Leggenda nazionale dell’Ucraina” per la sua attività di volontariato e il suo impegno nelle proteste a Melitopol.
Sia Anna che Iryna hanno ex studenti che prestano servizio nelle forze armate ucraine, tra cui alcuni che sono attualmente prigionieri dei russi.
(tratto dal sito di Meduza: https://meduza.io/en/feature/2024/09/05/it-s-getting-harder-and-harder-to-hide)
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Grazie al coraggio di tanti insegnanti, che hanno pagato a caro prezzo la loro tenacia, molti studenti ucraini che vivono nei territori occupati dai russi hanno potuto continuare a frequentare, seppur clandestinamente, le loro scuole; il rischio degli effetti sui più piccoli della propaganda russa nei libri di testo. Di Katya Alexander, da “iStories”, dal sito di Meduza.
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