Come ogni anno, anche questo novembre, nell’85° anniversario della fine della battaglia dell’Ebro, varie associazioni si sono ritrovate nel bosco di La Fatarella per la posa di targhe commemorative in ricordo di combattenti delle brigate internazionali nella guerra di Spagna. L’Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna -Aicvas- è stata invitata per la prima volta a presentare alcune targhe. Io partecipo in quanto nipote di un combattente di cui si porrà la targa, Renzo Giua, caduto in Estremadura nel febbraio del 1938.

Siamo in Catalogna, non lontano dall’Aragona, in una grande ansa del fiume Ebro dove, dal luglio al novembre del 1938, è stata combattuta l’ultima e grande battaglia della guerra di Spagna.

Arrivare a La Fatarella non è semplice. La stazione dell’alta velocità a Tarragona sulla tratta verso Madrid è in mezzo al nulla; l’unico mezzo disponibile è un taxi che, malgrado la distanza di 80 km, accetta di portarci. Durante il viaggio, con una certa reticenza reciproca e poi con sollievo, parliamo con il tassista della guerra civile. Due suoi prozii, fratelli di sua nonna, sono morti in quella zona combattendo dalla parte della Repubblica. Suo nonno era un compagno di brigata dei suoi prozii e durante le licenze gli capitava di andare a casa dei suoi amici; è così che ha conosciuto sua nonna e dopo tante peripezie si sono sposati.

Salendo verso La Fatarella percorriamo un paesaggio molto verde; ci sono distese di ulivi e circolano varie macchine agricole che trasportano olive che poi scaricano in un hangar vicino al nostro hotel. Questo paese, a un’altezza di quasi 500 metri, nel passato viveva di un’ampia attività agricola che si è andata man mano riducendo. Tra l’altro, all’inizio del 1937, La Fatarella è stato il teatro di importanti scontri e di una dura repressione della popolazione che protestava contro l’intenzione di collettivizzare le terre; le origini degli scontri, che hanno causato circa cinquanta morti, non sono mai state chiarite e sembra che possano esserci state delle provocazioni da parte dei fascisti o anche da parte della componente comunista del fronte repubblicano, data anche la vicinanza temporale con i duri scontri di Barcellona.
Anche la popolazione di La Fatarella è andata progressivamente diminuendo: oggi sono 1.200 abitanti, in gran parte anziani. In effetti camminando per il paese, quasi vuoto, è forte la sensazione di esser fuori dal tempo. Ma La Fatarella è stato un luogo importante durante la battaglia dell’Ebro.

Ci ritroviamo con gli organizzatori e gli altri partecipanti. L’iniziativa è realizzata grazie alla collaborazione di due associazioni, la tedesca Kfsr (Kamper und Freunde des Spanische Republik 1936-39) e l’associazione catalana di La Fatarella Lo Riu. Come racconta il suo presidente, l’organizzazione Lo Riu è stata creata agli inizi degli anni Duemila con l’intenzione di rilanciare le attività del paese a livello economico e culturale, impresa non facile. Ci portano a vedere le pietre d’inciampo di fronte al Comune, dove oltre alle pietre tradizionali che ricordano le vittime nei campi di concentramento nazista, ci sono anche dei sampietrini per ricordare le persone ammazzate dai fascisti spagnoli, queste ultime grigie, di un materiale diverso. Andiamo poi a visitare il loro interessante museo e ci raccontano che durante la guerra civile La Fatarella, ormai con la sua popolazione già sfollata, è stata oggetto di massicci bombardamenti da parte dell’esercito italiano che voleva sperimentare differenti tipi di bombe e i loro effetti sui vari tipi di costruzioni. È impressionante vedere alcune fotografie dello sganciamento delle bombe e delle distruzioni arrecate, che provengono proprio dagli archivi italiani. In una di queste foto si parla di 5.328 bombe e di 5.548 ordigni antiuomo.

L’offensiva repubblicana inizia il 25 luglio 1938 con l’attraversamento dell’Ebro su una ventina di punti, dalla riva sinistra verso la riva destra, occupata dai nazionalisti. Ed è proprio nell’area di La Fatarella che si trova la famosa linea fortificata di vari chilometri che ha permesso, quasi quattro mesi dopo, nella notte tra il 15 e il 16 novembre del 1938, la ritirata in modo organizzato dell’esercito repubblicano, ormai sconfitto, sulla riva sinistra dell’Ebro. Una ritirata avvenuta non senza un’ultima e strenua resistenza dei repubblicani durata 48 ore, con gravi perdite tra le fila dei propri soldati e realizzata con pont ...[continua]

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