La vecchiaia influisce sulla percezione del mondo, la peggiora. Il peggioramento del mondo, d’altro canto, rende più buio l’orizzonte dei vecchi. 

Le automobili. Il traffico.
Siamo venuti, mia moglie e io, da Torino a vivere nel paese del chierese dove abitiamo tuttora, oltre le colline, in campagna, vari decenni fa, perché non reggevamo l’inquinamento da traffico e da riscaldamento della città. Allora le attività prevalenti dei vicini in paese erano l’agricoltura, per sé, e l’allevamento, per il mercato. C’era qualche trattore nei campi ma il traffico automobilistico era molto scarso. C’era qualche problema per l’isolamento, per la neve d’inverno -spazzava la strada, per sé e per tutti, un anziano vicino col trattore- ma si viveva proprio in campagna. Gli alberi da frutta -gli albicocchi, i ciliegi- fruttificano, quando è il loro tempo, in quantità esagerate. Il sovrappiù non trasformato in marmellata veniva regalato ai vicini, anche appena arrivati. Ci sentivamo parte di un ambiente di amici.
Oggi la popolazione del paese si è moltiplicata. I nuovi, come noi, sono in fuga dalla città. Se non sono pensionati, dormono qui, tengono qui i figli, ma lavorano in città. Le automobili si sono moltiplicate più degli abitanti. La macchina è indispensabile per pendolare tra città e campagna, ovviamente, ma anche per muoversi in un paese che è in effetti un insieme di case sparse, anche molto lontane tra loro e dal panettiere, dal supermercato, dal verduraio, dal macellaio, dal giornalaio. In paese non c’è un distributore di benzina, c’è un idraulico, c’è un meccanico. C’è il medico della mutua. C’è un dentista. Ma non c’è un oculista. 

La campagna
Per ora la capacità di vivere bene in campagna, mia e di mia moglie, non mi sembra intaccata dall’età. Camminiamo bene, per ora. Respiriamo bene. La terra non la coltiviamo, la percorriamo. Gli alberi non li potiamo, li guardiamo crescere, rinnovare le foglie a primavera, perderle in autunno, come ora, in un trionfo di rossi, gialli, ruggine. Guardiamo le acrobazie degli scoiattoli arboricoli -rossi una volta, ora, qualche volta, anche grigi, ma sempre acrobati-, i voli delle cince, le mosse guardinghe di qualche raro tasso. D’inverno, anni fa, si vide di sfuggita anche un capriolo, di cui restarono per un po’ le orme nella neve, sul terrazzo.
È venuta meno invece la rete dei rapporti di vicinato, per trasferimento e morte. Non credo che il disagio per la dissoluzione dell’ambiente amico di una volta dipenda dalla mia età. È venuto meno il circuito locale della frutta e verdura, e anche della carne, nelle due macellerie del paese. Oggi di locale restano solo una bancarella di frutta e verdura che compare a metà settimana in paese e il mercato del sabato in piazza, a Chieri, che attinge da una zona più vasta ma locale e serve una clientela più vasta. Per il resto c’è la filiale di un supermercato che si alimenta come le filiali di città.
Per me è cambiata la percezione della stagionalità. Non posso fare a meno di pensare che l’autunno prossimo avrò un anno di più, e che, se tutto va bene, sarò meno vigoroso di adesso. Non andiamo più a sciare. Per ora, quando compare la neve sui 2.000 metri, andiamo con le ciaspole. Vediamo cadere le foglie ma non sappiamo se le vedremo rispuntare, e cadere di nuovo, tra un anno. È stato sempre vero, ma ora non si può fare a meno di pensarlo ogni giorno, in tutte le stagioni. 

La salute
A 82 anni, non ho malattie particolari, salvo i postumi di una operazione chirurgica. Secondo i medici l’intervento è riuscito, ma non sono più a mio agio con me stesso. Faccio un po’ di fatica ad addormentarmi. Forse devo solo prendere atto della mia età e ringraziare Iddio di non avere guai peggiori. 
Nei mesi scorsi ho avuto qualche vuoto di memoria, forse in conseguenza dell’anestesia totale durante l’operazione, e li ho trovati molto sgradevoli. Non sempre riconoscevo, in macchina, le strade intorno a casa, che ho percorso centinaia di volte. Ora sembra che tutto vada bene. 
Qualche volta non ricordo il nome di persone che conosco, o titoli e autori di libri. Mia moglie dice che sono stato sempre così; che dei libri, da sempre, ricordo il contenuto ma non il titolo. Spero sia vero. La memoria di sé, degli altri, del mondo è la sostanza di ciò che siamo. Perdere la memoria è peggio che essere morti. Perdere la memoria non è la conclusione necessaria della vita, è una malattia angosciosa più della morte; è morire restando in vit ...[continua]

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