Dopo mesi di attesa, lo scorso 23 ottobre la Tunisia si è recata alle urne per l’elezione dei membri dell’Assemblea Costituente, ossia di coloro che dovranno redigere la nuova Costituzione. Considerata la netta vittoria riportata dal partito islamico Ennahda, la proiezione del film franco-iraniano Persepolis quattordici giorni prima delle elezioni, più che un monito è da leggersi come una profezia sulla possibilità dell’ascesa al governo di un partito islamico.
Nonostante l’esito finale del voto, si sono verificati non pochi "episodi anomali” sia all’estero che nel Paese, tanto che in Libano, Algeria, Qatar e Germania sono stati sostituiti i membri dell’Ufficio di voto perché, secondo quanto dichiarato dal responsabile della commissione dei tunisini all’estero, diverse denunce li accusavano di parzialità e di appartenere ad un partito politico, soprattutto Ennahda che ha anche proseguito la campagna inviando sms in diversi paesi, tra cui Italia e Qatar, incitando i cittadini al voto.
Dal canto loro, i tunisini si sono recati al voto con un fare rilassato, speranzoso, positivo e con un’affluenza del 70 per cento. Il loro era piuttosto un dovere morale, quello di un popolo che, compatto, dopo esser riuscito ad allontanare un dittatore al governo da 23 anni, doveva poter scegliere liberamente chi avrebbe riscritto la storia del Paese. Proprio per questo motivo, le due o tre ore di fila di attesa nei seggi elettorali non hanno scoraggiato i cittadini che si sono recati alle urne fin dalle prime ore del mattino. L’entusiasmo generale era più legato all’esperienza del voto, che non alla fiducia nel futuro. Era importante, per i tunisini, poter approfittare di un’opportunità nuova in un giorno nuovo; poter godere in piena libertà di quello che una dittatura velata gli aveva impedito di vivere prima. Nel quartiere popolare di Ay Tadammon l’affluenza è stata incredibile nonostante il quartiere sia uno tra i più popolosi della città. La mia presenza dava sicuramente nell’occhio davanti ad un numero crescente di donne velate, giovani e vecchie che si aggiungevano ad una fila ordinata, rigorosamente lontana da quella degli uomini. Lazar è un insegnante di quarantadue anni che ha voluto recarsi al seggio per la prima volta in vita sua in compagnia dei suoi due bambini. Si aspetta un governo migliore del precedente e ha votato per Ennahda, il partito islamico. Perché si presuppone che un musulmano, incarnando la legge di Dio e avendo timore di Dio, non potrà mai essere, per suo credo, un imbroglione e un ladro. Chi invece non è un timoroso di Dio può ingannare più facilmente il prossimo. Insomma, meglio legittimare un musulmano al potere che non un non credente.
Il bilancio finale provvisorio conta nell’Assemblea costituente la presenza di Ennahda con 90 seggi (41,47%), seguito dai 30 seggi (13,82%) del partito Congrès pour la république (Cpr) di Moncef Marzouki e dai 21 seggi (9,68%) di Ettakattol di Mustapha Ben Jafaar.
Nel frattempo, a Tunisi oggi è piovuto tantissimo e per tutto il giorno. Speriamo si tratti di quella pioggia che spazza via il vecchio per far spazio al nuovo, ad un futuro fatto di aspettative che ormai non si possono più disilludere.
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