Lungo le amene (e cementificate) rive del basso lago di Garda, tra Peschiera e Lazise, spicca, tra altri, un Parco di divertimento diventato famoso in Italia e in Europa per le sue attrazioni, e di cui ometteremo il nome perché non sia facilmente identificabile. L'intero complesso si estende su una superficie di 445.000 metri quadrati, mentre il solo parco tematico misura 200.000 metri quadrati. Al suo interno ospita attrazioni meccaniche ed acquatiche ben tematizzate. Ogni anno è visitato da circa tre milioni di persone. Nel giugno del 2005 la rivista Forbes l’ha classificato quinto nella lista dei dieci parchi di divertimento del mondo con il miglior fatturato, e secondo i dati del 2012 è l'ottavo parco europeo per numero di visitatori. Da ottobre 2006 il parco è di proprietà di un’azienda britannica. Dalla sua costruzione, il parco si è esteso su una superficie quattro volte maggiore di quella iniziale. La società di gestione, che è una srl con circa 120 milioni di fatturato, è un’azienda italiana esercente attività nel settore dell’Industria turistica come Parco di divertimento, con annessi servizi (hotel e parchi tematici collegati in modo simile a Disneyland). Ai dipendenti viene applicato il Ccnl per i lavoratori addetti all’Industria turistica sottoscritto da FederTurismo Confindustria e Filcams Cgil, Fisacat Cisl, Uiltucs Uil. L’organico della Società è composto da personale assunto con contratto a tempo indeterminato e da un numero variabile di lavoratori stagionali (picco estivo) con contratto a tempo determinato. Nel corso degli anni, l’azienda ha avviato una diversificazione di prodotto al fine di ridurre la forte stagionalità che caratterizza il Parco, rendendolo da occasione di svago giornaliero a vera e propria destinazione turistica. Ciò ha portato la società a investire da un lato su attività autunnali ed invernali valorizzando i periodi di ottobre/novembre attraverso la festa di Halloween e di dicembre attraverso l’apertura natalizia, dall’altro in nuove attività al chiuso. Nel 2012 la società risultava avere un organico fisso di 237 unità suddiviso in 19 aree funzionali.
Alla fine del 2012 la società, senza alcun preavviso, comunicava alle autorità ed alle categorie sindacali di competenza l’apertura della procedura di mobilità ai sensi degli artt. 4 e 24 l. 223/1991. Con tale comunicazione la Ditta dichiarava: "…in tale contesto di incertezza economica e di diminuzione della disponibilità economica delle famiglie, (l’azienda) si trova a far fronte ad un pesante calo di visitatori, con una previsione di riduzione per il 2012 di circa il 20% rispetto al dato di soli tre anni prima e pur a fronte di notevoli investimenti effettuati nell’ultimo triennio. A fronte di tale andamento decrescente, l’Azienda ha fin da subito prontamente adottato molteplici azioni interne finalizzate al contenimento dei costi operativi…. In conseguenza di quanto sopra, si ritiene oggi improcrastinabile per (l’azienda) procedere immediatamente ad un ridimensionamento strutturale della forza lavoro. Infatti, la struttura fissa dell’Azienda era stata dimensionata sui volumi di visitatori molto elevati raggiunti negli anni precedenti, e si rivela non più adeguata rispetto alle attuali richieste di mercato, sensibilmente più basse. Ciò anche al fine di evitare un forte sbilanciamento tra ricavi e costi ed il rischio di una conseguente drastica riduzione di liquidità. L’obiettivo che ci si pone è quello di un recupero di efficienza ed efficacia della struttura per mantenerla concorrenziale in un mercato in contrazione…. Si è imposta, pertanto, la necessità -quale esigenza tecnico/produttiva e organizzativa del complesso aziendale- di ridimensionare l’attività nelle seguenti aree aziendali, con relativo esubero del personale di cui si denuncia con la presente l’esistenza”.
Venivano identificati in esubero n. 65 lavoratori, cioè circa un quarto della forza lavoro presente. L’azienda però procedette in modo piuttosto insolito, proponendo ad ogni lavoratore espellendo, in cambio di un accordo tombale avanti la Direzione Territoriale del Lavoro, o un incentivo all’esodo, neanche tanto generoso, o la promessa di essere riassunti... a termine! Avete capito bene: se il lavoratore accettava di non impugnare il licenziamento avrebbe avuto o un po’ di soldi o la "promessa” di essere ripescato in via precaria.
Le organizzazioni sindacali provvidamente non hanno firmato il verbale che la legge prevede venga redatto alla fine della trattativa, non aderendo quindi all'ipotesi di riduzione del personale prospettata; la legge prevede che tale firma però non sia vincolante per le aziende. Pertanto, il nostro Parco dei divertimenti procedette alla dismissione dei lavoratori.
Un pugno di questi (quattro o cinque) hanno rifiutato di firmare l’accordo mentre la maggioranza ha ritenuto di accettare per lo più la precarizzazione del rapporto: i tempi sono duri, e forse non è facile neppure in una zona turisticamente ricca come quella del lago di Garda trovare un posto adeguato.
Tutto finito? No, perché coloro che non hanno accettato quell’accordo, tramite i propri legali (non hanno voluto rivolgersi al sindacato perché ritenuto colluso) hanno scoperto che la procedura di licenziamento collettivo promossa mediante la legge 223/91 aveva una possibile falla! Infatti l’azienda resistente aveva comunicato la cessazione della procedura ex L. 223/1991 e la conseguente riduzione del personale, precisando l’avvenuta conclusione della procedura senza raggiungimento dell’accordo sindacale. Senonché nell’inviare l’elenco del personale coinvolto dall’istituto della "mobilità”, con l’indicazione per ciascun nominativo del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell’età, del carico di famiglia, l’azienda aveva l’obbligo di precisare le modalità con cui sono stati applicati i criteri di scelta, e cioè che le une e gli altri corrispondono a quanto previsto dal comma 1 dell’art. 5 L. 223/1991.
Ebbene, nell’allegato della comunicazione, intitolato "Elenco del personale interessato”, erano stati riportati i nominativi dei lavoratori interessati dalla mobilità, senza specificare alcunché, in ordine alla puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri.
Non solo, nell’allegato intitolato "Procedura mobilità - Scheda azienda”, nella parte dedicata alle "Modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, Legge 223/91” l’azienda resistente si limitava a dichiarare "osservanza della legge”, senza fornire alcun’altra indicazione.
In sostanza, nel mentre la legge impone di precisare al lavoratore (per evitare discriminazioni personali) quali siano i criteri di scelta usati dal datore di lavoro per decidere chi licenziare (la legge prevede motivi legati a ri/organizzazione aziendale, carichi di famiglia e anzianità di servizio) nonché le modalità applicative e di confronto tra i soggetti interessati di tali criteri, l’azienda aveva totalmente omesso tale specifica informazione.
Attualmente le cause di impugnazione di licenziamento di questi lavoratori sono pendenti davanti al Giudice del Lavoro, con rito Fornero (che ha indubbiamente in questo caso velocizzato le soluzioni); in sede di prima udienza l’azienda ha proposto la reintegra ex art. 18, e la questione non si è ancora chiusa causa mancato accordo in ordine alle mensilità che dovrebbero essere pagate nel periodo tra il licenziamento e la riassunzione. In sostanza, l’azienda ha già riconosciuto di non avere rispettato la legge. Ovviamente tali sentenze varranno solo per i lavoratori che non hanno firmato l’accordo in sede di Direzione territoriale del lavoro.