Una Città n° 224 / 2015
A Gevgelija c'è una bambina che ha percorso il suo viaggio con la sua bambola; a Belgrado una madre pettina la figlia dopo uno shampoo in una fontana nei pressi della stazione. Nel campo di accoglienza sul critico confine serbo-ungherese una donna trucca i suoi occhi e gioca con i suoi bambini. A Kanjiza gli uomini scherzano vicino i lavabi contenti di radersi finalmente con la schiuma da barba. Ci sono centinaia di bambini, molti non sanno ancora camminare; una madre decide di "farsi" bella per giocare con i propri figli. Sono uomini e donne, studenti, impiegati, insegnanti, operai, persone normali che cercano un posto dove andare. Quantomeno un posto su cui costruire un sogno. E poi c'è una rete e un filo spinato.
Quando abbiamo pensato a questo viaggio sui Balcani volevamo spingerci fino in Moldova, ma per motivi di sicurezza purtroppo non ci è stata concessa l'autorizzazione per entrare. Abbiamo così modificato la rotta scendendo dalla Romania alla Bulgaria per poi procedere in Macedonia fino al confine greco sulla rotta dei migranti. Questa mattina dopo l'attesa per gli accrediti siamo riusciti a entrare nel campo di accoglienza e smistamento. Da qui i migranti verranno condotti al confine serbo per poi affrontare l'Ungheria. Uomini e donne con uno zaino o una busta, un bambino tra le braccia o in grembo, lasciano tutto con la disperazione tra le mani. Migliaia sostano sul confine e poche decine alla volta superano il controllo e la ferrovia. C’è un uomo piccolo di statura, tra le braccia una donna coperta interamente da un velo nero. Hanno la stessa posizione della "Pietà" di Michelangelo. La donna ha un viso pallido e sofferente, gli occhi chiusi e un braccio che sorregge una bottiglia di acqua. Oggi ci sono 35 gradi. Un soldato macedone aiuta la donna a superare la frontiere, l'uomo lo abbraccia, si stringono la mano, si guardano negli occhi e procedono in silenzio su un sentiero.
Sandro Montefusco
Ai confini dell'Europa
Sandro Montefusco - Confini dell'Europa, BalcaniA Gevgelija c'è una bambina che ha percorso il suo viaggio con la sua bambola; a Belgrado una madre pettina la figlia dopo uno shampoo in una fontana nei pressi della stazione. Nel campo di accoglienza sul critico confine serbo-ungherese una donna trucca i suoi occhi e gioca con i suoi bambini. A Kanjiza gli uomini scherzano vicino i lavabi contenti di radersi finalmente con la schiuma da barba. Ci sono centinaia di bambini, molti non sanno ancora camminare; una madre decide di "farsi" bella per giocare con i propri figli. Sono uomini e donne, studenti, impiegati, insegnanti, operai, persone normali che cercano un posto dove andare. Quantomeno un posto su cui costruire un sogno. E poi c'è una rete e un filo spinato.
Quando abbiamo pensato a questo viaggio sui Balcani volevamo spingerci fino in Moldova, ma per motivi di sicurezza purtroppo non ci è stata concessa l'autorizzazione per entrare. Abbiamo così modificato la rotta scendendo dalla Romania alla Bulgaria per poi procedere in Macedonia fino al confine greco sulla rotta dei migranti. Questa mattina dopo l'attesa per gli accrediti siamo riusciti a entrare nel campo di accoglienza e smistamento. Da qui i migranti verranno condotti al confine serbo per poi affrontare l'Ungheria. Uomini e donne con uno zaino o una busta, un bambino tra le braccia o in grembo, lasciano tutto con la disperazione tra le mani. Migliaia sostano sul confine e poche decine alla volta superano il controllo e la ferrovia. C’è un uomo piccolo di statura, tra le braccia una donna coperta interamente da un velo nero. Hanno la stessa posizione della "Pietà" di Michelangelo. La donna ha un viso pallido e sofferente, gli occhi chiusi e un braccio che sorregge una bottiglia di acqua. Oggi ci sono 35 gradi. Un soldato macedone aiuta la donna a superare la frontiere, l'uomo lo abbraccia, si stringono la mano, si guardano negli occhi e procedono in silenzio su un sentiero.
Sandro Montefusco