Insegnando a Napoli, ha avuto modo di conoscere da vicino la realtà economica meridionale, soprattutto il ruolo che vi svolge il cosiddetto sommerso. Ce ne può parlare?
Dal sud della Toscana fino a Capo Pachino, si può dire che c’è un’altra forma di economia e, quindi, un’altra forma di società. Pur nella molteplicità, perché i sud sono molto diversi, così come i centro-nord, potremmo parlare di due Italie. Ma, prima di addentrarmi in una descrizione della situazione, vorrei fare una premessa riguardo al modo di osservare questa realtà: da una parte, ci sono quelli pregiudizialmente contrari, e, qualsiasi cosa si dica, per loro è tutta una realtà illegale, tutta camorra, tutti disoccupati, tutti pensionati, ecc., dopodiché non si capisce, se fosse vero tutto quel che dicono, come farebbe una società a vivere.
Poi, c’è un altro atteggiamento, che sottovaluta i problemi in nome di una certa napoletanità felice, ma anche questo non è vero, perché, al fondo di questa realtà, si trova sempre una società sofferente. Ecco, penso che entrambi questi atteggiamenti siano profondamente pregiudiziali e sbagliati; io, invece, mi sforzo di trovare la strada verso una maggiore obiettività di fronte a un mondo di semi-legalità, che non si può dire illegale, ma nemmeno legale, generalmente depresso, nel quale una certa vitalità viene fuori, malgrado la parte maggioritaria della società meridionale tenda a penalizzarla.
A fronte di una tendenza dominante, depressiva e pessimista, a credere che non conviene sforzarsi, perché, tanto, la raccomandazione vale più del merito personale, perché quel che conta è la speranza del posto pubblico, quella che Silone chiamava "la caccia al sussidio", si registra una specie di contraccolpo nel quale emerge un desiderio di vita che si lega a tante caratteristiche specifiche di quella società e che trova molteplici sbocchi.
Uno di questi, il principale forse, e, comunque, quello che a noi interessa particolarmente, è quello delle imprese. Anch’io sono dell’idea che l’Italia profonda, l’Italia più vera, quella che, nonostante tutti i guai nazionali, tira la carretta, è poi quella che lavora.
Qui che cosa si trova? Si trova una realtà a doppia faccia, una realtà semi-sommersa, dove le persone giocano contemporaneamente su due campi. Un’impresa normale del napoletano, ma anche del pugliese, è un’impresa nella quale, in primo luogo, vige la cosiddetta "legge della faccia di bronzo", ossia si paga solo quando è inevitabile. D’altronde, non è che lo Stato, dai rilevatori dell’Istat al carabiniere, dall’agente delle tasse al messo comunale, si distingua molto: gente che, più o meno, rappresenta un’autorità, che il più delle volte ti viene incontro per derubarti, non può essere sentita come propria.
La tentazione di tutti è pertanto quella di svicolare dalle leggi, se possibile.
L’altra caratteristica molto forte di queste imprese è la gravitazione familiare. Adesso, anche nel napoletano prevale una famiglia nucleare, però in tutti questi paesi dell’hinterland, che in realtà dominano questa realtà economica, la famiglia è più ampia, e, in generale, il nucleo propriamente familiare, anche quando è piccolo, si estende ad amicizie, a rapporti di lunga data. Le imprese, di conseguenza, hanno la caratteristica di aziendine familiari, dove il clan del piccolo imprenditore ha particolare importanza. Questa parte è generalmente emersa e può avere una struttura cooperativa, una partita Iva artigiana, essere una piccola società.
La terza caratteristica, ecco il problema dell’immersione, riguarda il lavoro salariato. Qui, una parte è emersa e una parte è sommersa; questa non è una situazione transitoria, come lo è stata nelle Marche o a Prato 25 anni fa, qui invece va avanti e indietro. Ora, per esempio, veniamo da un periodo abbastanza buono, però, se il governo non cambia politica, ho l’impressione che la diminuzione della fiscalizzazione degli oneri sociali, ormai alle porte, provocherà un nuovo ritorno in immersione, come, del resto, è avvenuto dopo la crisi del ’92-’93. Più in generale, ogni singola impresa ha convenienza a giocare sui due mercati, quello regolare e quello irregolare, sia per se stessa, sia per i propri fornitori, sia, anche, per i canali di distribuzione. Sappiamo che, normalmente, nelle calzature ci sono 10 lavoratori re ...[continua]
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