Fondatore e animatore del Centro Studi sui Diritti dell’Uomo, che pubblica la rivista Pace, Diritti dell’Uomo, Diritti dei Popoli, Antonio Papisca, insegnante presso l’università di Padova, editorialista del quotidiano Avvenire, è una delle voci più ascoltate del movimento pacifista.

Cosa c’è di nuovo rispetto al passato negli ultimi interventi militari dell’Onu sia dal punto di vista del diritto internazionale sia dal punto di vista dello stesso ruolo politico dell’Onu ?
Sicuramente c’è un risveglio dell’Onu dovuto a una serie di fattori di cui il più importante è la fine dell’assetto bipolare, cioè della fine della contrapposizione politica e strategico-militare tra est e ovest del mondo. Fino a quel momento l’Onu non ha potuto funzionare secondo quanto disposto dal suo Statuto (la carta di S. Francisco che fu adottata nel giugno del 1945). Il sistema di sicurezza dell’Onu fu concepito allora in termini abbastanza precisi e avrebbe dovuto funzionare sulla base della piena disponibilità da parte dell’Onu di una forza di pubblica sicurezza internazionale messa a disposizione in via permanente da parte di tutti gli stati membri. L’art. 43 della Carta Onu dispone l’obbligo per tutti gli Stati di conferire alle Nazioni Unite una volta per tutte una parte dei loro eserciti. Questa forza di pubblica sicurezza dell’Onu dovrebbe agire sotto l’autorità ed il comando diretto del Consiglio di Sicurezza coadiuvato da un comitato di stato maggiore formato dai rappresentanti militari dei 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e da quelli di altri Paesi. La stessa carta chiarisce gli ambiti di utilizzazione di questa forza di sicurezza internazionale: non se ne può disporre a fini bellici, cioè a scopo distruttivo (per debellare un paese, per fare conquiste territoriali, etc.). Quindi è vietato l’atto di guerra. La forza di sicurezza internazionale dovrebbe quindi essere usata come deterrente per tutti, e poi può essere impiegata per rafforzare le sanzioni di vario genere, a cominciare da quelle economiche che il Consiglio di Sicurezza può adottare. La forza di sicurezza può poi essere impiegata per adottare blocchi militari e al fine di dimostrazioni militari, ma non a scopo di rappresaglia, non a scopo di legittima difesa preventiva, etc.
Questo sistema di sicurezza dell’Onu può funzionare solo nel caso che le stesse Nazioni Unite dispongano effettivamente di questo strumento di deterrenza e di dissuasione. Ma questo non è, neppure oggi che vediamo l’Onu più attiva. Ciò che è successo negli scorsi decenni, cioè l’impiego dei cosiddetti caschi blu, è una prassi di ripiego che come tale non è neppure prevista dalla carta Onu: siccome non si dispone in proprio di una forza di pubblica sicurezza Internazionale ecco che di volta in volta il segretario generale viene autorizzato a chiedere l’elemosina a questo o a quello stato di un certo numero di caschi blu per svolgere operazioni che vengono dette di "interposizione" ovvero di mantenimento della pace; per garantire una tregua sul campo; per agire da cuscinetto come ad esempio a Cipro; per presidiare una zona, come in Sinai. Negli ultimi tempi, alla luce dei grandi mutamenti strutturali avvenuti nel pianeta e soprattutto per l’emergere sulla scena politica internazionale del segretario generale Boutros Ghali, che è una grossa personalità, si stanno ponendo le premesse perché cominci veramente a funzionare il sistema di sicurezza così com’è previsto dalla carta. Per riuscire a capire dove si potrebbe arrivare in questo momento in termini di potenziamento dell’Onu è interessante leggere il rapporto recentemente presentato dallo stesso Boutros Ghali denominato "Un’agenda per la pace" in cui il segretario generale delle Nazioni Unite richiama gli stati al loro obbligo giuridico di deferire una volta per tutte all’autorità e al comando Onu una parte dei loro eserciti.
Gli stati sono messi con le spalle al muro da quel documento. Per quanto concerne l’Italia ad esempio il governo ed il parlamento dovrebbero chiedere all’opinione pubblica ed al popolo italiano se la nazione intende mettersi in regola con la carta delle Nazioni Unite e quindi riconoscere definitivamente l’autorità soprannazionale dell’ONU e dunque uscire fuori da operazioni ambigue e pasticciate come questa delle coalizioni multinazionali che hanno operato ad es. nel Golfo, ma anche in Somalia. Boutros Ghali presenta anche una sorta di tipologia delle possibili operazioni di Polizia Internazionale de ...[continua]

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