Camillo Berneri è uno degli esponenti meno conosciuti della generazione di pensatori-militanti che animarono l’emigrazione antifascista italiana e parteciparono alla Guerra di Spagna. Ne puoi tracciare brevemente il profilo biografico?
Innanzitutto va sottolineata la data di nascita di Berneri, il 1897, perché ci fa immediatamente capire che fu un uomo e un intellettuale del ‘900. Nacque a Lodi, ma il suo impegno politico iniziò a Reggio Emilia, capitale del riformismo e del cooperativismo prampoliniani, alla vigilia della prima guerra mondiale. Militò nella federazione giovanile socialista della città emiliana, dove viveva insieme alla madre, insegnante nella locale scuola normale (l’odierno istituto magistrale). I coniugi Berneri vivevano separati. Il padre di Camillo era un piccolo segretario comunale e lavorava in Lombardia. Nell’autunno del 1915, Berneri uscì dalla federazione socialista e aderì al movimento anarchico, dove si mise presto in luce per la sua intelligenza e preparazione, cominciando a collaborare a tutte le testate anarchiche più importanti. Compì i primi passi nel campo anarchico appena in tempo per essere chiamato alle armi e spedito in zona di guerra, dove continuò imperterrito la propaganda. Nel 1918 scriveva dal fronte: “La società attuale è detestabile; bisogna amare la minoranza, la parte eletta”. E ancora: “Ho il cuore pieno di speranza, la mente gravida di progetti per il dopo-guerra. Vivo nell’attesa febbrile con la calma che mi dà la mia volontà resa forte, temprata dalle lunghe tensioni, dai continui sforzi, dal dominio sul mio io che è il sostegno di ogni giorno”. Varrà la pena tornare su questo punto, ma noto qui a livello preliminare come l’esplicito atteggiamento elitario di Berneri trovasse il proprio fondamento in una forma di individualismo morale.
La città decisiva nella sua formazione culturale e politica fu senz’altro Firenze, dove si stabilì al termine della guerra. Nell’ateneo fiorentino Berneri studiò filosofia, laureandosi nel 1922 sotto la direzione di Gaetano Salvemini, con una tesi di storia della pedagogia. Tra allievo e maestro si stabilì, come vedremo, un intenso rapporto intellettuale, che andò ben al di fuori delle aule universitarie. A Firenze, inoltre, strinse amicizia con Carlo Rosselli, che rimase l’interlocutore di tutta la vita.
Conseguita la laurea, Berneri insegnò in scuole secondarie superiori a Montepulciano, Cortona e Camerino. In questo periodo, e precisamente nel 1923-25, si inserisce la sua collaborazione alla “Rivoluzione liberale” di Piero Gobetti. Nel 1926, con la “fascistizzazione forzata della vita collettiva italiana” (l’espressione è di Silvio Trentin), e in seguito a un’aggressione subita da parte dei fascisti di Camerino, Berneri si sentì completamente isolato e impossibilitato a proseguire con qualche efficacia la sua militanza in Italia. Decise quindi di raggiungere clandestinamente la Francia. Dopo pochi mesi lo seguivano la moglie, Giovanna Caleffi, sua coetanea, originaria della provincia reggiana e diplomata alle magistrali, le due piccole figlie, Maria Luisa e Giliana, e la madre, Adalgisa Fochi.
La famiglia Berneri si stabilì a Parigi, dove Camillo svolse umili lavori manuali (manovale muratore, imbianchino), necessari per integrare il poco denaro che ricavava dalle collaborazioni giornalistiche e da qualche altro -saltuario- lavoro intellettuale, come quello che gli affidò nel 1927 proprio Salvemini, per il quale svolse delle ricerche di argomento storico presso le biblioteche parigine. La precarietà del bilancio famigliare venne alleviata, in un primo tempo, da un prestito dei genitori di Giovanna Caleffi e poi, successivamente al 1933, da un’iniziativa commerciale dei Berneri, che riuscirono ad aprire, nei sobborghi di Parigi, un piccolo negozio di alimentari, mettendo in vendita prodotti italiani. In questo modo, sia Maria Luisa che Giliana poterono completare gli studi liceali e iscriversi alla Sorbona. (Su alcuni aspetti dell’impegno politico di Maria Luisa Berneri, morta a soli 31 anni, è disponibile ora un’antologia curata da Claudia Baldoli per le edizioni Spartaco di Roma).
Al di là di questi calcoli di bilancio -che, comunque, realisticamente vanno fatti- l’esilio di Camillo Berneri fu estremamente duro ...[continua]
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