Margherita Zoebeli, pur avendo dato vita a una delle esperienze pedagogiche più significative in Italia, è una figura sconosciuta ai più. Puoi parlarcene?
Io stesso solo nel 2005 ho sentito per la prima volta questo nome. Il primo a parlarmene è stato Goffredo Fofi, che mi disse: "Una figura che tu devi studiare è Margherita Zoebeli, vai a Rimini, vai a vedere”. Il Centro educativo italo-svizzero, fondato dalla Zoebeli nel 1946, rientrava in quella rete, molto vivace negli anni 40 e 50, di minoranze etiche, attive in campo educativo e sociale, nel lavoro di comunità. L’altra persona che a distanza di poche settimane mi parlò di Margherita è stata Patrizia Dogliani, che si era avvicinata alla Zoebeli studiando le migrazioni forzate, gli esodi, le deportazioni di massa negli anni tra le due guerre mondiali e dopo la seconda guerra mondiale; l’impatto, cioè, della guerra sulle popolazioni civili e quindi sull’infanzia, che è la parte della popolazione più esposta. Ed è qui, in effetti, che Margherita Zoebeli e il suo centro educativo hanno avuto un’importanza fondamentale. Tutto è nato dal soccorso verso l’infanzia traumatizzata dalla guerra; da lì sono sorti e si sono consolidati nel tempo un asilo e una scuola elementare modello.
Ma questo suo impegno sociale lo intendeva come militanza politica?
Certo, un impegno politico al femminile. Il lavoro pedagogico e sociale di Margherita Zoebeli nasce, per sua stessa ammissione, dall’impegno politico. Lei, prima di tutto, è una militante politica. Anche questo aspetto della sua biografia va inquadrato in un fenomeno più generale, italiano ed europeo. Mi riferisco al fatto che le donne cominciano ad affacciarsi, in numero consistente, alla militanza politica nei decenni tra le due guerre mondiali. Prima tu trovi alcuni casi eccezionali: trovi Anna Kuliscioff, parlando della generazione di Andrea Costa e di Filippo Turati (cioè della prima generazione del socialismo italiano ed europeo); più tardi trovi Angelica Balabanoff, parlando della seconda generazione, quella di Alessandro Schiavi e dei nati negli anni 70 dell’Ottocento. Però una dimensione di massa di impegno femminile comincia nei decenni tra le due guerre mondiali, quando "la grande storia” entra nella vita delle persone in maniera prima impensabile. Di fronte alle difficoltà enormi che devono affrontare intere famiglie di esuli e profughi costrette ad abbandonare i propri Paesi di origine, ecco allora che le donne, le mogli, cominciano ad assumere dei ruoli anche pubblici, prima appannaggio dei loro compagni.
Questo è evidentissimo in molte biografie e storie familiari dell’esilio antifascista. Io cito il caso che conosco meglio, quello di Giovanna Caleffi Berneri, e non la cito a caso perché, poi, diventerà amica di Margherita Zoebeli negli anni 50. Ebbene, Giovanna, pur essendo cresciuta nella Reggio Emilia di Camillo Prampolini e avendo quindi assorbito fin dalla giovinezza alcuni elementi della cultura politica democratica e socialista, non si impegnò attivamente in politica che dopo la morte del marito. Fu di fronte alla disgregazione del suo nucleo familiare e alla necessità di difenderne e proseguirne la tradizione politica, che lei iniziò la sua attività militante nel campo anarchico. Ma questo succede per tante altre donne vicine agli ambienti antifascisti, come hanno dimostrato le ricerche sulle famiglie italiane in esilio. Penso agli studi di Patrizia Gabrielli, che è forse la principale esperta di questi temi.
L’impegno al femminile si orienta il più delle volte proprio nell’ambito dell’intervento sociale ed educativo. Di fronte alle pedagogie totalitarie, fasciste e sovietiche, Margherita Zoebeli, Giovanna Caleffi e tante altre lavorano per un’educazione all’autonomia, nel solco, in fondo, di quella tradizione ottocentesca socialista e libertaria da sempre molto interessata all’educazione popolare. Nel dopoguerra sarà, poi, molto viva e partecipata la speranza di stimolare un vero e proprio processo di alfabetizzazione democratica dei cittadini.
Qual è allora la sua storia?
Margherita nasce a Zurigo nel 1912, in una famiglia di socialisti: il ...[continua]
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