Come nasce l’esperienza di Ristretti Orizzonti?
Marino. E’ una storia partita nel ’97. Io la conosco per sentito dire perché sono qui da meno di tre anni, però so che tutto è nato da un’attività di rassegna stampa, che continua tuttora. Un gruppo di ragazzi, settimanalmente, passa infatti in rassegna i principali quotidiani e settimanali e raccoglie tutte le notizie di attualità e, in particolare, quelle sul carcere. Col tempo, leggendo gli articoli, ci si è resi conto che l’immagine che del carcere davano i mezzi di comunicazione era molto distante dalla realtà. L’informazione non ci rispecchiava, le notizie di solito erano distorte o sensazionalistiche, da ciò l’esigenza di creare una fonte alternativa alle notizie ufficiali.
Nicola. Siamo riusciti a recuperare qualche computer usato, dei 386 dell’80 forniti da qualche ente, e siamo partiti, in una stanzetta -un buco più che altro- con qualche matita, qualche penna e poco altro. Ornella batteva e correggeva tutti i testi che noi scrivevamo a mano. Noi non sapevamo nemmeno che esistesse un programma per l’impaginazione, abbiamo imparato tutto qua. Poi pian piano abbiamo cominciato a chiedere dei finanziamenti, soprattutto grazie a un progetto regionale, il “Progetto Marco Polo”, che ci ha permesso di acquistare qualche computer e qualche programma e ci ha dato la spinta per andare avanti.
Ricordo che all’inizio non avevamo nemmeno i soldi per spedirlo, e in più non conoscevamo nemmeno le modalità di spedizione di un giornale, per cui, proprio da “gagi”, da scemi, lo spedivamo col francobollo normale, che mettevamo di tasca nostra. Io avevo pochi soldi e usavo i francobolli “taroccati”, riciclati cioè. E’ un reato, ma forse è caduto in prescrizione… E non siamo mai stati scoperti. Lo mandammo anche al papa col francobollo taroccato. E alla senatrice Ersilia Salvato, che ci diede pure mezzo milione, il primo finanziamento grosso che abbiamo ricevuto. Io le avevo scritto personalmente: “Cara signora Salvato…”. E lei rispose: “E’ vero che lì c’è un certo Sansonna Nicola…?”. Ed è rimasta una nostra abbonata per un bel po’ di tempo. Praticamente tempestammo mezza Italia col nostro giornale, a cui avevamo allegato una lettera di presentazione (tutti francobolli taroccati, e le buste le facevamo con la carta riciclata e la colla…).
Questo fu l’inizio, un po’ pioneristico. Anche la reazione dei nostri compagni di sezione fu molto bella: per il secondo numero chiedemmo loro di abbonarsi, e raccogliemmo parecchio. Chi dava cinquantamila, chi centomila, ma anche solo mille lire, a seconda delle disponibilità. Sentivamo che accettavano e condividevano il nostro progetto. E la cosa dura ancora. Ora, comunque alla maggior parte dei detenuti lo regaliamo.
Ornella. Le prime forme di finanziamento sono state, per così dire, artigianali. Abbiamo fatto delle cene di finanziamento a base di paella, organizzate da un detenuto spagnolo, cuoco di professione, che poteva uscire in permesso. Poi abbiamo coinvolto una scuola di grafici perché ce lo impaginasse gratis e il primo numero è uscito così. Questo soprattutto perché, avendo fatto fin dall’inizio la scelta di fare un giornale possibilmente bello, non un giornalino di tipo scolastico, volevamo andare in giro a chiedere aiuti economici già con un numero zero in mano. Infatti, poi, quando tutti hanno visto che il prodotto era buono, abbiamo ottenuto dei finanziamenti e ci siamo potuti allargare. Così abbiamo potuto fare un po’ di formazione sul campo, e oggi l’impaginazione, la grafica, le pagine web, il sito (pur non potendo usare internet), vengono fatti tutti dentro il carcere. Ad esempio Francesco, che da fuori si occupa del sito -insieme a Sandro, da dentro- non aveva mai visto internet prima d’allora ma ha cominciato a studiarsi i manuali ed è riuscito ad impostare un sito che ora ha più di settemila pagine.
Andrea. Abbiamo cominciato a impaginarla noi a partire dal quarto o quinto numero. Dopo l’impaginazione viene mandata in tipografia, dopodiché torna dentro per essere imbustata e spedita. Nella rivista ognuno ha i suoi compiti, che comunque non sono mai troppo settoriali; anche chi si occupa degli abbonamenti può trovarsi a scrivere un articolo o a ...[continua]
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