Gessica Marodin e Vittorio Dall’Acqua, entrambi di 23 anni, vivono rispettivamente a Mason e Breganze, due paesi della provincia vicentina. Frequentano il quinto anno di Ingegneria gestionale a Vicenza.

Gessica. No, non siamo proprio dei militanti della Lega. Abbiamo votato il referendum che hanno fatto, ma è stata più una forma di protesta, perché anche noi alla fin fine non vogliamo la secessione. Si cerca di spingere, perché si diano una mossa in altri sensi, con il federalismo ad esempio.
Vittorio. Siamo dei votanti. Abbiamo votato anche per la secessione. La secessione qualcuno la vuole, indubbiamente, però il ragionamento che tantissimi fanno è: "Se le cose devono continuare ad andare avanti così, ben venga la secessione". E’ una cosa del tipo: a mali estremi, estremi rimedi. Nessuno, o almeno pochissimi, si metteranno a dire: "La secessione è giustissima, bisogna farla, guai a non farla entro l’anno", cose così. Di operativo, voglio dire, non c’è nulla, è una incazzatura invece, una reazione al fatto che non cambia niente. Qua a Breganze ho sentito dire che ha votato un migliaio di persone, tante in un paese come questo; ho sentito anche di gente che è andata a votare fuori paese perché non voleva essere vista.
Gessica. Dove abbiamo votato noi, ad esempio, vicino al gazebo c’erano tre persone di destra che guardavano e praticamente schedavano chi era della Lega.
Vittorio. Sui giornali hanno saputo solo scrivere: "Cosa avete fatto? Una sola persona poteva andare a votare in cinquanta comuni!". Ma le risposte da dare sono altre, non si può smontare in questo modo il malcontento che in realtà esiste, è palpabile, basta venire qua. Una risposta seria alla Lega io non l’ho mai sentita. E poi non è neanche alla Lega che va data, ma al malcontento che c’è, perché qui c’è tanta gente che non vota Lega, ma è incazzata uguale. Possibile che l’unica risposta che riescono a dare è: "l’Italia è un paese unito e indivisibile; ci sono persone che sono morte; Mazzini"? Questo alla fin fine non vuol dire niente, la realtà economica viaggia, la realtà sociale anche, l’Italia da allora è cambiata, e per fortuna. Si potrà affrontare in questo modo il malcontento? Mio nonno è finito in un campo di concentramento, ma penso che se fosse qua adesso non sarebbe contento. Non si può rispondere così, la risposta dev’essere nei fatti, nel mettere in ordine, nel dare trasparenza: questo è entrato, questo è uscito; tempi più brevi; che si abbia una chiara conoscenza delle risorse che ci sono e di come vengono usate. Se alla fine le cose funzionano, noi non diciamo niente: la storia è quella, andrebbe bene così.
Gessica. Dare risposte concrete, non parole che fanno arrabbiare ancor di più e basta. Che sia unita va bene, ma mettiamola a posto. Per farla unita è morta anche gente nostra, però non accettiamo una risposta così: ci vuole una risposta concreta. Vogliamo che sia monitorato un po’ tutto e anche un po’ semplificato. Non dico di tagliare, ma di semplificare per poter vedere il flusso delle decisioni che si prendono, delle risorse che si muovono e anche i risultati, in modo da capire se si sta andando nella direzione giusta.
Gessica. Dell’azione al campanile, subito abbiamo riso.
Vittorio. Mia mamma mi ha svegliato la mattina: "Hanno assaltato il campanile di Venezia". La prima cosa che ho pensato è che era una carnevalata, però ho anche chiesto subito se avevano armi. Nel televideo dicevano di sì, ma a me non tornava, perché una goliardata pensavo pure che potesse succedere, ma altro no. Poi s’è visto infatti che le armi erano arrugginite, non funzionanti. Per dirti, quando il Vicenza ha vinto la Coppa Italia, il fatto è stato visto un po’ come una lotta tra nord e sud, in giro c’erano le bandiere della Padania, ma è stata più una festa che una roba violenta. Lo vedi a ogni iniziativa della Lega: ci sono le famiglie, ci sono tanti operai che partono con le famiglie. Magari ci sarà pure qualcuno che parte col fucile da caccia: ho sentito che a un distributore hanno aperto il vano di un’auto, dove hanno trovato dei fucili da caccia, ma non li usano certo. La sensazione è sempre quella della gita, una cosa fra il cambiare il mondo e una sagra, dove tu vai, sapendo che la tua presenza fa anche da numero, come per dire: "Okay, un altro che non è contento". Però, dopo che è successo il fatto del campanile, ho avuto paura, paura che potesse succedere qualcosa, qualche provocazione, non so. Per esempio, secondo m ...[continua]

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