Giampietro “Nico” Berti insegna Storia dei movimenti e dei partiti politici all’Università di Padova. E’ autore, fra gli altri, di Francesco Saverio Merlino. Dall’anarchismo socialista al socialismo liberale, Franco Angeli 1993, de Il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento, Piero Lacaita editore 1998, e di Errico Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale, Franco Angeli 2003.

In questo anniversario del ’68 si è tornati a parlare di molti avvenimenti di quell’anno, fra questi del Congresso internazionale delle Federazioni anarchiche, tenutosi a Carrara dal 31 agosto al 3 settembre. A quel congresso tu partecipasti a uno scontro sulla questione cubana…
Per capire quello che successe al Congresso bisogna fare un passo indietro ed andare alla fine del ’59, quando Castro sconfigge la dittatura di Fulgencio Batista e prende il potere con una rivoluzione di carattere democratico-sociale a cui partecipano varie forze, non ultime gli anarchici, allora abbastanza presenti soprattutto nei sindacati. Già dai primi mesi del ’60, tuttavia, il potere castrista comincia a mettere sotto controllo un po’ tutto, comincia a mandare in galera, o addirittura a sopprimere, gli oppositori politici, per cui, nel corso dello stesso 1960 e agli inizi del ’61, abbiamo una diaspora di anarchici cubani, che in gran parte scappano in Florida. Contemporaneamente a tutto questo, però, da parte della stampa anarchica internazionale c’è un sostanziale appoggio a Castro, nel senso che la rivoluzione cubana viene vista come una rivoluzione positiva, da difendere anche se, certamente, si riconosce che Castro sta facendo degli eccessi. Nel corso del ’61, quindi, gli anarchici cubani finiti in Florida si trovano di fatto in una situazione di isolamento, soprattutto perché non ricevono, da parte del movimento anarchico internazionale, un ascolto adeguato sulle cose che riportano e sulle critiche che fanno al potere castrista, la qual cosa porta a sua volta alla nascita del Movimento libertario cubano in esilio, che, per l’appunto, non riceve appoggi significativi. Nell’aprile del ’61, nell’ambito della crescente tensione fra Cuba e gli Stati uniti, avviene la questione della Baia dei Porci, cioè il tentativo di sbarcare a Cuba compiuto da alcune migliaia di guerriglieri anticastristi, addestrati dalla Cia ed appoggiati dall’aviazione statunitense. Il tentativo, come noto, fallisce, ma quello che qui importa è che, anche se dati certi non ne esistono, pare che, fra i partecipanti al tentativo di sbarco vi siano stati anche degli anarchici cubani esiliati in Florida. Nasce così il problema che, per certi versi, si era già posto anche nel ’17, cioè durante la rivoluzione russa. Il problema è questo: è avvenuta una rivoluzione anticapitalista e antimperialista, una rivoluzione che ha l’appoggio popolare ma che sta anche compiendo atti di tipo decisamente autoritario, per non dire totalitario, per cui che posizione bisogna prendere nei confronti di questa stessa rivoluzione? In gran parte la stampa anarchica internazionale -come ad esempio “L’adunata dei refrattari”, allora uno dei giornali anarchici più influenti, che si stampava a New York ed era fatto principalmente da anarchici di origine italiana, ma anche gran parte della stampa anarchica sudamericana e europea- prende la posizione per cui questa rivoluzione avrà sicuramente tanti aspetti negativi, però ha anche gli aspetti positivi dell’appoggio popolare e del carattere anticapitalista e antimperialista, per cui va difesa, anche se gli anarchici cubani sono contro questa stessa posizione. Scriveva l’ “L’adunata” nel novembre 1961: “A noi sembra chiaro che vi è stata colà una rivoluzione popolare, culminante nei primi mesi del 1959 con tre avvenimenti di grande importanza: la caduta della dittatura di Batista, una larga trasformazione delle basi economiche del Paese, l’emancipazione economica e politica dal vassallaggio statunitense. Quella fu incontestabilmente una rivoluzione di carattere popolare, necessaria e benefica in se stessa -per quello che ha distrutto di tirannico, di retrogrado e di oppressivo- e meritevole di essere difesa contro chiunque tenti di annullarla perché segna il primo necessario passo ad aprire la via ai futuri progressi del popolo cubano. Identificare quella rivoluzione -che fu opera di tanti fattori concomitanti e dei più vari settori del popolo- con la persona di Fidel Castro e con gli altri dirigenti del suo solo partito, qual ...[continua]

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