Com’è cominciata la tua esperienza nell’editoria?
Sono entrato a far parte di questo gruppo, che allora aveva solo la Longanesi e stava acquisendo la Guanda, nel 1986, e ho iniziato a lavorare all’Ufficio Diritti. Ricordo che quando sono arrivato in ufficio, mio padre mi ha messo nella scrivania accanto a quella di Marco Vigevani, dicendo: "Impara da lui”. Ma lui era lì da appena sei mesi! Marco è mio coetaneo, ma soprattutto quello era il suo primo posto di lavoro. Ecco il modo di fare di mio padre: buttarti in mare e vedere se galleggiavi.
Ho cominciato così. L’Ufficio Diritti è una delle scuole migliori per l’editoria, devi imparare com’è fatto un contratto editoriale e poi hai rapporti con gli autori, con gli agenti; è una delle formazioni più interessanti.
In origine, come dicevo, c’era la Longanesi, che grazie ad alcuni successi, come Il profumo di Patrick Suskind o i libri di Wilbur Smith e Michael Ende, aveva deciso di investire i profitti rilevando la Guanda, che navigava in cattive acque, mantenendo però due case editrici diverse, proprio per non perdere un marchio che nella storia dell’editoria italiana occupava un posto di rilievo. Nel giro di un paio d’anni è stata acquisita anche la Salani e quindi mi è stato dato l’incarico di seguirla, dato che avevo un’autentica passione per la letteratura per ragazzi. Una passione tardiva un po’ curiosa, non avevo letto quei libri da ragazzo e me li sono divorati da adulto. Tra l’altro, avendo studiato in un’università americana e quindi padroneggiando la lingua, potevo leggere autori che in italiano non c’erano o c’erano poco e male. Per esempio Winnie the Pooh, che noi per lo più conosciamo come cartone Disney, invece è un capolavoro della letteratura. Oppure Roald Dahl, che abbiamo cominciato a pubblicare da subito. Sono seguite le acquisizioni di Corbaccio, Ponte alle Grazie ecc.
Di lì a qualche anno, con Stefano Mauri ci siamo trovati in una situazione che di fatto era un gruppo (le case editrici avevano la stessa distribuzione, la stessa direzione centrale, lo stesso Ufficio Diritti, lo stesso Ufficio di produzione) però le varie composizioni societarie erano disomogenee, perché la Salani e Ponte alle Grazie erano per la maggioranza della mia famiglia, mentre la Longanesi e Guanda facevano riferimento a Messaggerie. Per questo abbiamo deciso di semplificare le cose e di fare una holding, che si chiama GeMS, Gruppo Editoriale Mauri Spagnol, che è partecipata dalla mia famiglia, da Messaggerie, quindi dalla famiglia Mauri, e da Andrea Micheli. Tutte le case editrici (Longanesi, Guanda, Salani, Tea, Corbaccio, Garzanti, Nord, Superpocket in joint-venture con Rcs libri, Ponte alle Grazie, Vallardi, Chiarelettere, la spagnola Duomo Ediciones, e infine Coccinella, Bollati Boringhieri e la partecipazione in Fazi) sono dentro questa holding. Insomma, abbiamo reso effettivo quello che era già nella pratica...
Oltre che per preservare marchi di prestigio, avete deciso di mantenere queste divisioni, perché credete nella piccola dimensione della singola casa editrice. Puoi spiegare?
Crediamo nella necessità che ci siano delle persone che seguono da vicino gli scrittori e i loro libri. Ogni tanto sento qualche autore lamentarsi che chi ha scelto di pubblicare il suo libro l’ha seguito fino a un certo punto, per poi, di fatto, abbandonarlo: "Ma sai, il marketing ha deciso di cambiare il titolo” "la distribuzione ha deciso...”. Ecco, noi vorremmo, per quanto possibile, evitare questo scenario. Vorremmo che il libro venisse seguito fino addirittura a dopo che è stato pubblicato. Quindi cerchiamo di trovare un compromesso tra il grande gruppo e la piccola casa artigianale. Crediamo molto nel lavoro artigianale dell’editoria. Certo il mondo del libro è cambiato. Se solo pensi che oggi puoi sapere non in tempo reale, ma quasi, quante copie hai venduto e stai vendendo, di un libro, una cosa impensabile prima... E poi non c’erano i libri nei supermercati, non c’erano i libri digitali, insomma sono cambiate le cose, è cambiato anche il paese. ...[continua]
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