Michel Riguidel è professore a ParisTech, Scuola di ingegneria informatica della capitale francese. Esperto di sicurezza informatica su Internet, è stato incaricato, per conto dell’Hadopi (l’Autorità sulla protezione della creazione su Internet), di valutare i criteri per classificare i programmi anti-downlaod.

Lei si occupa soprattutto di sicurezza in Internet. Ci può spiegare?
Lavoro sulla sicurezza delle reti di comunicazione e di Internet, e anche sulla sicurezza del cosiddetto "Internet del futuro”. In questo momento ci sono diverse riflessioni negli Stati Uniti, in Europa, ma anche in Asia, su quello che bisognerebbe fare per cambiare l’infrastruttura di Internet. Ovviamente quando si lavora sulla sicurezza "di qualcosa” bisogna anche migliorare "la cosa”, ovvero, in questo caso, la sua infrastruttura, la sua architettura: come in una casa, è soprattutto nella struttura, nella travi che si fonda la sicurezza.
Insomma, se vogliamo migliorare la sicurezza della rete del futuro va rimessa in discussione la struttura stessa, che risale ormai a quarant’anni fa. Oltretutto non amo troppo la parola "Internet” perché ci fa pensare a ciò che conosciamo oggi, quando invece bisognerebbe adottare la prospettiva del XXI secolo, quando il digitale sarà soprattutto legato ai sistemi di geo-navigazione che daranno l’ora al miliardesimo di secondo e la posizione degli oggetti con precisione al centimetro.
Gli americani hanno il Gps e lo stanno migliorando, gli europei sono un po’ in ritardo con Galileo, i russi hanno lanciato il Glonass, i cinesi un sistema analogo, e gli indiani auspicano di mettersi presto al passo.
Conoscere la posizione degli oggetti e dei soggetti e controllare l’ora, su tutti i computer, è assolutamente strategico per una potenza. Se l’Europa vuole essere una potenza indipendente è pertanto di importanza cruciale possedere un sistema di geo-navigazione. Negli smart­phone del futuro, l’ora e la posizione saranno date appunto dai sistemi di geo-navigazione, i dati personali saranno sul cellulare e le applicazioni saranno sul Web. E ci creeremo, virtualmente, la nostra propria applicazione a partire da tutte queste infrastrutture. Anche i nostri oggetti familiari saranno taggati con degli Rfid (Identificazioni a radio frequenza). La borsa, la macchina, gli occhiali... attorno a noi avremo una serie di oggetti "marcati digitalmente”.
Questo apre tutta una serie di problemi legati alla sicurezza e alla privacy. Già c’è una forma di tracciabilità dei soggetti tramite i cellulari, ma nel futuro la localizzazione sarà più complessa e più precisa grazie alla tracciabilità degli oggetti che portiamo con noi. Lasceremo delle tracce digitali: per cui nel momento in cui si cerca una persona (un bambino, una persona rapita, un criminale) si potrà ricostruirne l’itinerario e ritrovarla. Tutto questo pone, evidentemente, una serie di problemi di privacy.
E’ uno scenario un po’ inquietante...
Già oggi viviamo in un mondo nel quale lasciamo delle tracce digitali consistenti. Dico sempre che il mondo digitale è sporco: ogni volta che si "lascia” un posto bisognerebbe pulire per togliere le tracce digitali che lasciamo. E’ quello che fa un terrorista in realtà: cerca di eliminare tutti i segni di passaggio. C’è il telefono cellulare, la carta di credito (che sa a che ora abbiamo acquistato e in che negozio), il computer, che sa che ci siamo connessi e che abbiamo messo certe parole nel motore di ricerca. Le parole che si mettono nel motore di ricerca rappresentano un po’ i nostri pensieri, non dico il nostro inconscio, ma il nostro subconscio sicuramente. Chiaro che attraverso queste parole non si possono conoscere le mie idee, ma quanto meno i miei centri di interesse. Digitalmente stampiamo delle tracce del contenuto dei nostri cervelli. E’ una cosa che può avere enormi sviluppi.
Ci può fare qualche esempio?
Un giorno, durante una conferenza, ho spiegato che con le tracce digitali si potrebbero conoscere la religione e l’opinione politica delle persone. Ovviamente ho esagerato, ma volevo dimostrare fino a che punto si può arrivare. Per esempio: se volessi contare -e identificare- tutti i cattolici praticanti in Francia, basterebbe verificare le persone che spengono il loro cellulare dalle 11 alle 12 di domenica. Questo mi permetterebbe di contare i praticanti, di localizzare le Chiese e, facendolo per tre domeniche di fila, mi darebbe un’idea abbastanza precisa di quanti cattolici van ...[continua]

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