La crisi economica, la perdita del lavoro, l’aumento dei fallimenti, la compressione del potere d’acquisto delle famiglie, la crescita della povertà, sono tristi fenomeni che riempiono le pagine politiche ed economiche dei giornali, occupando uno spazio sempre più ampio nelle cronache. Negli Stati Uniti, nel 2010, più di un milione di famiglie hanno perso la casa ipotecata; in Grecia il crollo del potere d’acquisto del 30% ha determinato violente manifestazioni di piazza; in Spagna è disoccupato un lavoratore su quattro. Ovunque il disagio è sensibilmente cresciuto, le prospettive non sono rosee, e la crisi colpisce oramai da quattro anni. In Europa, un sistema relativamente robusto di protezione sociale ha attenuato le conseguenze avverse della recessione, e in Italia il buon livello di risparmio delle famiglie ha fornito, fino ad oggi, un discreto riparo a molte persone in seria difficoltà. Ma fino a quando resisteranno queste reti già vistosamente smagliate? Qualche settimane fa, il giornale forse più autorevole del mondo occidentale, il New York Times, titolava "Increasingly in Europe, suicides by economic crisis”1, un servizio dalla Grecia, l’Italia e l’Irlanda sulla crescita dei suicidi per motivi economici. Il lato oscuro della crisi, sul quale occorre tenere accese le luci e desta l’attenzione.
Crisi economica, disoccupazione e suicidio prima della crisi attuale
Da tempo è nota l’associazione tra crisi economiche e aumento dei suicidi. Un gruppo di studiosi ha analizzato, con tecniche statistiche multivariate, la relazione tra variazioni del tasso di disoccupazione e variazioni nell’incidenza di alcune cause di morte in 26 paesi dell’Unione Europea, nel periodo 1970- 20072. Nel 2007, beninteso, la crisi economica non si era ancora manifestata in Europa, ma i periodi di difficoltà non sono mancati nel quarantennio osservato, ed i risultati possono essere un’utile guida per interpretare gli sviluppi dell’ultimo quadriennio. Veniamo, appunto ai risultati, dai quali si desume che un aumento dell’1% del tasso di disoccupazione si associa ad un aumento dello 0,79% dei suicidi di persone di età inferiore ai 65 anni. Un analogo aumento si verifica anche per gli omicidi, mentre -sempre per un aumento dell’1% della disoccupazione- si verifica una diminuzione per le morti dovute ad incidenti stradali, in connessione con la diminuzione della circolazione in tempi di recessione. Non c’è associazione, invece, tra disoccupazione e mortalità generale. Un altro interessante risultato è costituito dall’associazione diretta tra disoccupazione e morti legate all’abuso di alcol -sicuramente correlato a sua volta con instabilità e disordini psicologici, fattori importanti del suicidio.
2009: inizia la recessione
Contrariamente ai dati economici, oramai disponibili quasi in tempo reale, per tutti gli altri fenomeni pur fondamentali della società gli uffici di statistica se la prendono comoda nella raccolta, elaborazione e diffusione dei dati. È una patologia comune, in Italia e nel mondo: prendiamone atto. Lo stesso gruppo di studiosi autori dello studio precedentemente citato, hanno raccolto i dati -per alcuni paesi europei- per esaminare gli effetti della crisi nel 2009 (i dati non erano ancora disponibili per gli anni successivi e per tutti i paesi) sull’andamento dei suicidi3. Si tratta di 10 paesi dell’Unione Europea, non dei più grandi salvo il Regno Unito (Regno Unito, Romania, Olanda, Grecia, Ungheria, Repubblica Ceca, Austria, Finlandia, Lituania e Irlanda). Dai dati si desume l’impennata della disoccupazione nel 2009 e l’aumento dei suicidi, con inversione della tendenza alla diminuzione degli anni precedenti. In tutti i paesi considerati, salvo l’Austria (lieve diminuzione) si è verificato, tra il 2007 e il 2009, un aumento dei suicidi di oltre il 5%
2009-2010: effetti non evidenti in Italia
In Italia, l’effetto della crisi -già evidente nel 2010- non sembra aver determinato forti alterazioni nel numero dei suicidi. Questi, nei sei anni 2002-2007 furono mediamente pari a 3032 all’anno, con un’incidenza di 5,16 ogni 100.000 abitanti; sono passati a 2986 nel 2009 e a 3048 nel 2010 (4,95 e 5,03). La serie è, dunque, più o meno stazionaria. Dopo il 2010 non abbiamo dati, ed è sicuramente nell’ultimo anno-anno e mezzo che le conseguenze della crisi hanno cominciato a "mordere” seriamente, sia per l’ulteriore crescita della disoccupazione, sia per l’acuita insicurezza rispetto alla durata dell ...[continua]

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