La scorsa estate in Israele è esploso il cosiddetto "movimento delle tende”, che lotta per una maggiore giustizia sociale. Può parlarcene?
Questo movimento in qualche modo ci dice che Israele non è in una situazione diversa da quella degli altri paesi occidentali sviluppati dominati dalla ideologia neoliberista. In fondo potresti ugualmente chiedere: perché è scoppiato il movimento Occupy Wall Street? Perché ci sono proteste in Spagna? Ecc.
Ora, in Israele, come in Spagna, come negli Stati Uniti, il punto non è la protesta. Per me, che sono una persona di sinistra, la vera domanda è: quali sono gli elementi cruciali di questa protesta? È un evento molto interessante, ma più appassionante mi sembra quello che c’è dietro. Per 25 anni siamo stati totalmente dominati da quella che io ho definito la "chiesa dei veri credenti nel libero mercato”. Ebbene, in questa Chiesa, come in tutte le altre, la cattolica, l’ebraica e quella islamica, non c’è posto per i dubbi o per le domande.
Dopo l’89 la caduta del muro è stata associata alla fine del socialismo. A quel punto l’unico sistema è diventato quello del libero mercato. Il capitalismo è stato considerato il miglior modello, l’unico funzionante.
Se guardiamo all’Italia si capisce cosa voglio dire: alla fine, se prendiamo le politiche del governo Berlusconi e quelle dell’Unione di Prodi, quali sono state le differenze sul piano socio-economico? Io dico nessuna. Sì, forse c’è stata qualche piccola riforma nelle tasse, ma cose risibili. Guardiamo gli Stati Uniti: dopo Reagan e Bush padre c’è stato Clinton, un uomo simpatico, sorridente, neoliberal; dopo la Thatcher c’è stato Tony Blair, un giovane leader brillante, ma di nuovo, la politica è rimasta la stessa. E il Labour, tradizionale partito di sinistra, si è molto allontanato da questa definizione.
E ora veniamo a Israele. Anche qui negli ultimi 25 anni possiamo dire che non c’è stata differenza tra destra e sinistra nelle politiche socio-economiche. In qualche modo noi occidentali ci siamo tutti spostati un po’ a destra negli ultimi due decenni. Anche se cerchiamo sempre di trovare delle scuse per questi spostamenti.
Alla fine l’unico argomento è: "Sempre meglio che avere Berlusconi” o, per noi: "Sempre meglio che avere Netanyahu”.
Nel 2010 c’è stato il primo crack proprio al cuore di questo sistema, cioè negli Stati Uniti. Dopodiché la gente ha iniziato a percepire che anche in Israele le cose non sono diverse da quello che succede negli Stati Uniti e in altri paesi: i ricchi diventano sempre più ricchi. La concentrazione del potere economico ha raggiunto livelli incredibili. Il libro di David Harvey sulla breve storia del neoliberalismo è molto istruttivo da questo punto di vista. Pur essendo stato scritto nel 2005, leggendolo si capisce molto bene quello che sta succedendo ora.
Allora, per tornare alla domanda, da un lato abbiamo la crisi del pensiero neoliberale dominante; dall’altra parte però non abbiamo sviluppato una vera alternativa.
Anche le esperienze delle tante associazioni, pur positive, alla fine non sono politiche. Politiche nel senso di offrire uno scenario futuro. Cioè la vera domanda -che futuro vogliamo, che società vogliamo- resta inevasa. E comunque nelle prospettive offerte non c’è spazio per la parola socialismo. Appena lo nomini, ti senti rispondere: "Ma guarda all’Unione sovietica... il muro è crollato”.
Insomma non c’è alternativa. Dopo l’89 abbiamo accettato le regole del libero mercato.
Basterebbe guardare ai kibbutzim in Israele: massimo esempio di socialismo applicato eccetera... Una mia assistente, molto brillante, che vive in un kibbutz vicino al college, mi racconta delle cose incredibili. A sentir lei è peggio di quello che succede all’interno di grandi società come la Fiat o di altre di quel calibro. Il punto è che neanche lì c’è più l’idea della solidarietà. In questo paese, anche se ti definisci di sinistra, perché sei moderato, abiti in un kibbutz, sei antirazzista, addirittura stai assieme a una ragazza non ebrea, ecco, cosa significa tutto questo rispetto alla tua attitudine socio-economica? Niente.
Alcuni dei miei migliori amici con cui condivido la partecipazione alle manifestazioni per la pace, quando si entra nel campo socio-economico, sono di destra. Paradossalmente a destra ci sono persone che in campo sociale sono più di si ...[continua]
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