In Lombardia il dibattito pubblico-privato è costantemente all’ordine del giorno. Da un osservatorio privilegiato come quello del sindacato cosa state registrando?
Negli ultimi mesi abbiamo avviato una discussione inerente il problema del riordino del servizio sanitario regionale. Il processo di "innovazione" nasce da proposte del precedente governo di centro-destra. In Lombardia il sindacato si sta muovendo su questo terreno, perché da qui provengono sollecitazioni ineludibili. Se vogliamo partire dalla questione sanità, è evidente che ci troviamo di fronte al tentativo di avviare un processo di totale privatizzazione. La Regione vuole infatti definire un riordino con una legge regionale che liberalizza la spesa sanitaria senza più vincoli nel rapporto tra strutture pubbliche e private. Questo naturalmente implica una crescita di offerte di prestazioni da parte del settore privato. E nella generalità dei casi stiamo parlando di un privato profit, cioè un privato che si organizza come impresa agendo con la stessa logica dell’imprenditore che produce merci per realizzare del profitto. Anzi, a dire il vero, non siamo nemmeno di fronte a un vero privato. Il vero privato rischia i propri soldi in un’impresa, mettendosi sul mercato. In questo caso invece c’è un’impresa che vende delle prestazioni con la garanzia che tali prestazioni verranno remunerate da un terzo soggetto che è lo Stato. In definitiva, non c’è nessun rischio d’impresa. La proposta infatti è di liberalizzare la spesa attraverso l’utilizzo di una formula che si chiama "accreditamento", che consiste nella possibilità per tutte le strutture private che ne fanno richiesta, di poter effettuare prestazioni che vanno direttamente a carico del servizio sanitario nazionale senza vincoli di spesa. Significa insomma spingere queste strutture a massimizzare la loro attività, spostando di fatto fette di risorse dal settore pubblico a quello privato.
Tale operazione risulta problematica soprattutto perché stiamo parlando della salute e quindi di un diritto tutelato dalla Costituzione. Questa è anche la ragione per cui storicamente il ruolo del privato nel settore della sanità è stato fondamentalmente integrativo, complementare, mai primario: è lo Stato che deve garantire questo diritto. Va anche detto che non si tratta di una logica di gestione privata, sotto un forte controllo di indirizzo e di programmazione da parte dell’istituzione pubblica. Se fosse così non sarebbe neanche uno scandalo, perché tutto sommato in definitiva il problema non è chi gestisce, ma la natura del servizio. E’ questo il vero nodo della questione. Garantire la natura pubblica del servizio sanitario significa individuare le forme di democrazia da esercitare, perché il processo sia controllato poi direttamente dai cittadini. Con questo tipo di privatizzazione invece l’elemento regolatore non è la partecipazione dei cittadini a un sistema di regole, bensì il mercato. Nel senso che i produttori di servizi sanitari si mettono sul mercato.
A questo punto attraverso un sistema di libera scelta da parte del cittadino, il mercato dovrebbe autoregolarsi. Purtroppo le cose non stanno così.
Si tratta infatti di una falsa libera scelta, non solo perché una persona in uno stato di bisogno non è nelle migliori condizioni di scegliere, ma soprattutto perché le scelte del cittadino malato sono orientate dal suo medico, che tende ad indirizzare l’ammalato verso particolari strutture con le quali probabilmente è legato anche per interessi professionali. La libera scelta dunque è una finzione. E’ un po’ l’esca per un cittadino, sempre più preda di un sistema sanitario molto aggressivo sul piano della prestazione. Di questo passo la medicina preventiva rischia di essere assolutamente spazzata via. Si investe ormai quasi esclusivamente sulla prestazione come elemento risolutivo. Il sistema entra in azione solo nella fase in cui la malattia si manifesta.
Diventa allora inevitabile che le strutture sanitarie si organizzino per produrre e offrire più prestazioni possibili, anche quando l’utilità e l’efficacia di tali prestazioni resta dubbia.
Gli ultimi incidenti in Lombardia sono segnali di questo?
Si sono verificati almeno due episodi tragicamente emblematici di quanto vado dicendo. Il primo è la vicenda Longostrevi, nella cui clinica veniva organizzata una vera e propria truffa a danno del servizio sanit ...[continua]
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