Cos’è "Monachers”? Come e quando è nato?
Marcello. "Monachers” è il nome che abbiamo dato a un gruppo nato nell’ottobre 2014 durante la code-week europea. Eravamo tre amici che facevano altre cose insieme; da qualche anno io collaboravo con Giuseppe Sacco nell’associazione di divulgazione di cultura scientifica da lui presieduta, Minerva scienza, realizzando varie iniziative: i caffè-scienza, incontri di divulgazione aperti al pubblico, altre iniziative "spot”, come un sistema di luci natalizie accese da biciclette, e progetti nelle scuole dedicate al riciclo. Giuseppe Camerlingo, invece, l’avevamo conosciuto in un gruppo di utenti di Linux nato l’aprile precedente. Insomma, ci siamo trovati di fronte all’ingresso della fondazione Monacelle e ci siamo detti: perché non metter su una realtà strutturata? Poi proprio questa Fondazione ci ha fornito un aiuto importante ospitandoci, offrendoci la corrente elettrica e la linea internet.
Giuseppe C. Tutti e tre volevamo metterci subito alla prova, così abbiamo organizzato un Linux day di lì a poco, per il 25 ottobre. In dieci giorni abbiamo richiamato le varie realtà che potevano essere interessate. Sempre quell’ottobre abbiamo incontrato alcuni professori di un istituto che avevano sentito parlare della proposta di legge per l’introduzione dell’informatica in modo più strutturato all’interno delle scuole; erano interessati a darsi da fare, ma non sapevano bene come procedere. L’entusiasmo, da parte loro, è stato immediato, il che ci ha permesso a novembre di partecipare alla visita del ministro Giannini, in cui abbiamo avuto modo di spiegare quello che avremmo voluto offrire alla comunità locale.
Giuseppe S. Tutte cose che non sono nate dal nulla. Il Linux day ha avuto successo perché sono 10 anni che si faceva a Matera, anche se ha sempre avuto un’affluenza molto scarsa. L’edizione del 2014 invece ha funzionato. E di lì anche in Comune hanno cominciato ad ascoltare le voci che prima non prendevano in considerazione. Eravamo a una riunione aperta in Comune sull’organizzazione della scuola, ci siamo alzati e abbiamo detto: "Perché acquistare delle licenze e l’hardware nuovo? Perché impiegare software non copiabile? C’è la possibilità di copiare, se il codice è aperto, e di leggere come con un libro aperto”. Ci hanno ascoltato! E pensare che una delle associazioni che fa parte dei Monachers lo proponeva dal 2003.
Giuseppe C. Quando siamo partiti col progetto nelle scuole, la prima cosa è stata valutare le strutture e le attrezzature già presenti, per poter mettere tutti i ragazzi nella condizione di poterne usufruire. In questo modo abbiamo, da un lato, potuto "resuscitare” una tecnologia cosiddetta "obsoleta” senza incidere sui costi della scuola e, dall’altro, far partire classi sperimentali per adoperarle. Grazie a una delibera comunale, siamo riusciti a ottenere 9.000 euro, cifra con cui abbiamo riattrezzato sei aule computer.
Marcello. Spesso le scuole hanno migliaia di euro di attrezzature parcheggiate perché non funzionano, anche solo perché si è staccato un bottone, è saltato un collegamento elettrico o c’è un sistema operativo "impallato”. In questi casi, la scuola sta con le mani in mano, nell’attesa che arrivi un tecnico informatico. Siamo anche genitori, quindi ci tenevamo a offrire una soluzione alternativa. In qualche modo il messaggio è passato: ci è stata data la possibilità di entrare in un’istituzione pubblica e di modificarla da dentro. Ci siamo riusciti, credo, perché abbiamo fatto capire l’utilità dell’open source ai dirigenti, all’amministrazione, agli insegnanti e anche ai bambini. Con questi ultimi è stato più facile. Ci è bastato spiegare che con appena 150 euro di alimentatori per computer si poteva rimettere in piedi un’aula di informatica che era ferma solo perché erano stati comprati gli alimentatori sbagliati.
Giuseppe S. Installiamo sistemi operativi open semplici, che per quello che si deve fare a scuola sono più che sufficienti. Togliamo le cose che non servono. Perché devi avere una scheda grafica avanzatissima, se poi usi solo poche applicazioni? Se scuole e amministrazioni mirano ad andare sempre dietro ...[continua]
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