Elisabetta Visalberghi, ex-dirigente di ricerca dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr a Roma, ex-Segretaria generale dell’International Primatological Society ed ex-Presidente della Società Italiana di Etologia, studia la biologia, il comportamento e le capacità cognitive dei cebi a Roma e in Brasile.

Tu hai iniziato a studiare il comportamento animale quando l’etologia era agli albori. Puoi raccontare?
Quando ho cominciato i miei studi, la primatologia, cioè lo studio del comportamento dei primati, in Italia non esisteva. Nel ‘75 si tenne un primo congresso internazionale di etologia a Parma e nello stesso anno ci fu la prima scuola di etologia, a Erice, organizzata da Danilo Mainardi, che è stato in qualche modo il padre dell’etologia in Italia, soprattutto sul piano della divulgazione.
Poco prima, nel 1973, a Pisa, Leo Pardi, Floriano Papi e sempre Mainardi, affiancati dai loro allievi e da altri studiosi del comportamento animale quali Mario Zanforlin, Daniel Bovet e Alberto Oliverio, avevano fondato la Società italiana di etologia.
In quegli anni io frequentavo l’Università a Roma. Mi sono laureata in etologia con un professore che in realtà faceva il genetista e che disprezzava questa disciplina. Però mi permise di fare una tesi sugli insetti. Io avrei voluto occuparmi di mammiferi, però studiare il mimetismo e le colorazioni degli insetti, facendo un semplice esperimento sul campo, mi permise di imparare molte cose. Una volta laureata, grazie a una borsa di perfezionamento alla Scuola Normale di Pisa, mi sono occupata di orientamento dei colombi viaggiatori.
Puoi spiegare come "funzionano” i colombi viaggiatori?
Il viaggio avviene solo in un senso: il colombo non va avanti e indietro, ritorna solo a casa perché è affezionato al posto dove ha nidificato e dove ha cresciuto i piccoli. I colombi sono monogami: padre e madre si alternano nella cura della prole, pertanto entrambi hanno questa forte motivazione di ritornare al nido e al compagno. Questo significa che se voglio che tu da Bruxelles mi mandi notizie di come stai devo darti uno dei miei colombi, tu lo tieni sino a quando hai pronto un messaggio e poi mi liberi il colombo che torna da me. Tutto si basa su questo, ed è un sistema estremamente potente perché i colombi possono andare da Roma a Pechino, se adeguatamente addestrati.
Le grandi gare, in Italia, vengono fatte fra il Nord (Bologna, Parma, ecc.) e la Calabria o la Sicilia, si tratta di distanze attorno agli 800 km. Esistono ancora tanti colombofili. In Italia i colombi viaggiatori erano di proprietà del Ministero della difesa, perché erano adoperati in guerra per inviare messaggi. I colombi vengono usati da migliaia di anni, li usavano i greci, poi i romani; durante la Comune di Parigi rappresentarono l’unico modo con cui gli assediati potevano comunicare con l’esterno. Durante la Prima guerra mondiale hanno anche ricevuto medaglie al valor militare.
Parliamo delle scimmie. Come hai cominciato ad occupartene?
Dopo Pisa sono venuta a Roma, all’Istituto di psicologia del Cnr, per seguire un progetto molto interessante su come debellare in maniera "amichevole” le grandi popolazioni di ratti che vivono in città. L’obiettivo era studiare come ridurne il numero senza usare il veleno. Se li stermini con il veleno, ma lasci lo stesso numero di tane e di sorgenti alimentari la popolazione di ratti riesplode dopo poco. Quindi servivano strategie più intelligenti, basate sulla ricerca etologica.
Ho lavorato per un anno a questo progetto. Ero addirittura pronta per andare in Australia a studiare i ratti selvatici. Sennonché, a un certo punto, scoppiarono dei dissidi fra i vari soggetti coinvolti e da un giorno all’altro ci comunicarono che il progetto finiva lì.
A quel punto venni mandata a studiare il  comportamento delle scimmie. Al giardino zoologico di Roma, oggi Bioparco, c’era un gruppo di macachi donati dal Giappone. Così, assieme a una collega, cominciammo a osservare queste scimmie, guardando chi stava vicino a chi e come socializzavano: la distanza di un animale dall’altro è un indice di amicizia, quindi calcolando le distanze medie tra gli individui e vedendo come sono organizzati nello spazio si può capire la loro struttura sociale.
Poi però capitò che una mamma di macaco abbandonò alla nascita il suo piccolo. Lo zoo, sapendo che noi osservavamo queste scimmie ci disse: "I guardiani non hanno tempo, perché non lo allevate ...[continua]

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