Andrea Ranieri, già segretario regionale della Cgil Liguria, senatore e poi assessore alla cultura del Comune di Genova, membro della direzione nazionale del Partito Democratico fino al 2015, successivamente ha partecipato al processo costituente di Sinistra Italiana.

Ovviamente vogliamo parlare dei risultati elettorali e dello stato della sinistra in Italia…
Allora, secondo me, il risultato di queste elezioni ha segnato la fine della sinistra in Italia come l’abbiamo conosciuta. Sono venuti in evidenza i limiti di una elaborazione politico-culturale del tutto inadatta e incapace di leggere le dinamiche nuove che si stavano aprendo e, in maniera drammatica, l’autoreferenzialità della sinistra, la voglia disperata di riprodurre se stessa, senza fare i conti con il cambiamento. Ma una sinistra che ha come compito di produrre se stessa, è destinata a riprodursi ogni volta sempre più in piccolo fino a sparire. Con la conseguenza, poi, che le spinte più radicali vanno da un’altra parte. Basta pensare al risultato della sinistra a queste elezioni, di Liberi e Uguali e Potere al Popolo (io non considero il Pd più facente parte della sinistra, se vuoi poi ne parliamo). Liberi e Uguali a cosa puntava? Al popolo della Cgil, agli operai contrattualizzati e ai pensionati. Aveva quel target. Potere al Popolo puntava sui disperati, quelli che lavorano coi migranti, quelli delle ditte d’appalto, i marginali della logistica, i manovali del computer. Ebbene, a dicembre ci sono state a Roma due manifestazioni, una della Cgil sulle pensioni e Liberi e Uguali erano tutti lì in corteo con la Cgil, e una, promossa dai migranti con le ditte d’appalto, con i riders, con i lavoratori della logistica, e Potere al popolo era tutto lì.
Tutto lì, salvo che quei due mondi poi hanno votato da un’altra parte, gli operai contrattualizzati che più o meno se la cavano, hanno colto come messaggio fondamentale quello dell’abolizione della Fornero e quello di difendersi da chi sta peggio, e hanno votato in gran parte Lega. I disperati e i marginali, quelli che alla pensione non ci arriveranno mai, hanno votato Movimento 5 stelle. Cioè il mondo del lavoro diviso non va a sinistra, trova altri modi per esprimere se stesso e tutelare i propri interessi.
Ecco, questo dovrebbe essere il primo compito della sinistra: la riunificazione del mondo del lavoro.
Vedi, io ero fra quelli che avevano lanciato l’iniziativa del Brancaccio insieme a Tomaso Montanari, Anna Falcone, eccetera, con l’idea di provare a riunificare quel che era diviso non solo dal punto di vista politico, ma dal punto di vista sociale. L’idea era di fare una sola lista di sinistra che fosse fatta in massima parte non dal ceto politico della sinistra ma dai protagonisti dispersi delle tante battaglie.
L’esperimento è fallito per due motivi: il primo, perché nessun vero progetto può nascere sotto elezioni, il limite del Brancaccio era quello di pensare che le elezioni fossero il terreno per fare questa operazione. Per l’ennesima volta è successo quello con cui ho dovuto fare i conti tante volte: quello elettorale è il momento peggiore, perché scatta inesorabile l’autoreferenzialità e la voglia di riprodurre se stessi. E il secondo motivo era che puntava a mettere insieme, sì, il sociale, la sinistra sociale, ma con la sinistra politica che c’era, quindi facendo leva sui gruppi dirigenti di Sinistra italiana, di Mdp, di Rifondazione. Bisogna prendere atto che la possibilità di ricostruire qualcosa non passa più dalla politica di professione, dalla politica di mestiere. Poi, come dire, la spinta elettorale porta a delle operazioni contro natura, da tutte e due le parti, cioè Sinistra italiana si allea con D’Alema, Mdp, Bersani, e viene fuori una cosa in cui il profilo politico è irriconoscibile. In primo luogo per una ragione storica: la gente che lavora, i pensionati, hanno cominciato a pagare dei prezzi durante il centrosinistra, prima, cioè, di Renzi. Se ci pensiamo, il programma di Bersani alle elezioni del 2013 era più succube dell’austerità e della tecnocrazia europea di quello di Renzi di oggi. Bersani andò in visita dal mitico ministro delle finanze tedesco per spiegargli che la Germania non aveva niente da temere dal nuovo governo, e la Fornero l’hanno votata loro, D’Alema, Bersani, appoggiando il governo Monti. Quindi che la gente potesse rivedere, in una riedizione del centro sinistra, una risposta ai problemi drammatici del presente era improbabile. ...[continua]

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