Marcello Orzalesi è primario del reparto di Terapia intensiva neonatale all’Ospedale Bambino Gesù di Roma.

Anche considerando la recente vicenda del bambino anencefalico, che tanto ha fatto discutere, potrebbe fare un quadro delle problematiche, scientifiche ed etiche, che si concentrano attorno alla nascita oggi?
Partendo dall’episodio del bambino anencefalico, si può fare una prima notazione a latere, non sufficientemente considerata: questa mamma sapeva, molto prima che il bambino nascesse, quale fosse il problema. Oggi, sempre più spesso, tramite l’ecografia, la mamma sa se il bambino è sano o se ha delle malformazioni più o meno gravi. E in questo caso la legge le consente, eventualmente, d’interrompere la gravidanza. Nello stesso tempo, però, le nuove possibilità diagnostiche ci permettono non solo di far nascere il bambino con tutti gli strumenti necessari per accudirlo, ma anche di curare alcune patologie gravi. Faccio un esempio: una patologia molto grave che spesso viene diagnosticata prima della nascita è l’ernia diaframmatica, in cui tutti gli organi addominali salgono nel torace al posto del polmone. Oggi, se viene fatto nascere in un posto attrezzato, con dei medici esperti in grado di intervenire chirurgicamente, il bambino può anche guarire completamente. Queste nuove possibilità hanno fatto aumentare, da parte delle donne e delle coppie, l’aspettativa che il bambino nasca sano o, comunque, che abbia la possibilità di guarire.
Teniamo presente che in Italia queste attese si innestano su una situazione di calo delle nascite, dove sempre più la donna sceglie non solo se far nascere un figlio, ma anche quando farlo nascere. La gravidanza viene decisamente posticipata rispetto al passato: adesso le primipare sono più attempate di quanto non lo fossero dieci anni fa; si pensa a fare un figlio nel momento migliore del ciclo vitale, quando c’è un lavoro certo, quando c’è la possibilità di assentarsi per la gravidanza...
Non solo, date le caratteristiche della nostra popolazione, spesso non si mette al mondo più di un solo bambino. Negli ultimi anni l’Italia è sempre stata fra i tre paesi al mondo con la più bassa natalità, talmente bassa da non riuscire a garantire il ricambio rispetto alle morti naturali.

In Italia nascono circa mezzo milione di bambini l’anno, che, rapportati alla popolazione generale, danno un tasso di natalità al di sotto del dieci per mille. Siamo un paese a crescita sotto zero. Tutto ciò si riflette sulla coppia che sente la necessità di fare le cose nel miglior modo possibile, che si aspetta che le cose vadano nel modo previsto e nutre fiducia nel sistema sanitario, nell’organizzazione che la circonda.
Rispetto alla nascita e alla maternità è dunque in atto un profondo cambiamento culturale...
Non c’è dubbio che la nostra società, se non altro per il fatto che le donne ora scelgono di avere un solo figlio, è diventata più puerocentrica, cioè dà più importanza al bambino di quanto non facesse nel passato. Questa attenzione puerocentrata è un fatto abbastanza recente nella cultura dell’uomo.
In precedenza, veniva dato per scontato che si faceva un certo numero di figli e che alcuni vivevano, altri morivano. Era considerato inevitabile. Quali bambini morivano? Quelli che non si potevano curare. Però il concetto di "non curabilità" cambia nel tempo: per esempio, da quando sono comparsi gli antibiotici, le malattie infettive si curano, mentre prima erano letali. Così, nel passato i bambini che nascevano molto prematuri venivano dati per persi. Solo verso la fine dell’Ottocento, un ostetrico pediatra francese, Pierre Budin, cominciò a prestare attenzione a questi bambini prematuri e osservò che, per esempio, non erano capaci di succhiare, ma se si usava il cucchiaino, o un sondino nello stomaco, si poteva alimentarli; osservò, soprattutto, che questi bambini non avevano la capacità di termoregolare, non erano animali omeotermi, come l’uomo adulto o anche il neonato a termine. In presenza di una temperatura ambiente più fredda di quella corporea si raffreddavano e più si raffreddavano, più facilmente morivano. Quindi, si pose il problema di tenerli al caldo e si concepì la prima incubatrice...
Qual è il tasso di mortalità infantile oggi in Italia?
Del mezzo milione di bambini che nascono in Italia ogni anno, circa 6-7 bambini su mille non sopravvivono al periodo infantile, cioè al primo anno di vita.
Circa 4-5 bambini muoiono nel periodo neonatale, ossia ne ...[continua]

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