Romina Scaloni nel 2017 ha incontrato un uomo che aveva contratto il virus dell’Hiv nel 2007, ma non l’aveva detto. L’uomo nel 2019 è condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione per aver contagiato la ex fidanzata e la compagna precedente, poi morta per una patologia riconducibile all’Hiv.

Romina, come inizia la tua storia?
L’ho incontrato sette mesi dopo il funerale della compagna, di vista ci conoscevamo da sempre perché io e Giovanna eravamo conoscenti, in paese ci si conosce tutti. Io venivo da una convivenza di tre anni finita male e quando abbiamo iniziato a frequentarci ho ricominciato a vivere, ho provato in tre mesi quello che non avevo provato in tre anni. Non vivevamo insieme, ma ci vedevamo tutti i giorni. Lui era quel tipo d’uomo che non ti fa mancare niente, proprio perché conosce molto bene i punti deboli delle donne. Io volevo essere amata. Noi donne siamo forti, non abbiamo bisogno di nulla, ma nella figura maschile cerchiamo amore e protezione. Lo vogliamo tutte. All’inizio non era morboso. Mi voleva. Mi dava tutto quello che avevo sempre desiderato, ma non riuscivo a fidarmi, sentivo in lui un lato oscuro che non riuscivo a capire.
E come mai?
Lui e Giovanna erano conosciuti da tutti in paese. La compagna è morta per un attacco cardiocircolatorio, conseguenza di un tumore al cervello e uno all’inguine causati dal virus Hiv non curato, degenerato poi in Aids. Lei ha saputo di essere infetta quando è rimasta incinta e si è curata per proteggere il feto della bambina, che è sana. Dopo il parto però ha interrotto le cure. In paese girava la voce che lui non voleva si curasse neanche per il tumore.
Come hai saputo di esserti ammalata?
Ho iniziato a sentirmi male già dopo due mesi. Ho avuto febbre molto alta per cinque giorni con numerose afte alla gola. Ma non stavo meglio neanche con gli antibiotici. Sono stata da un otorino a pagamento, ma nessuno mi ha mai detto di fare il test dell’Hiv. Anche perché il virus è asintomatico, si può manifestare dopo due-quattro settimane dal contagio e presenta sintomi molto simili a quelli di una influenza anomala. Dopo venti giorni stavo ancora male e la cognata di Claudio, tramite chat, mi ha detto di essere preoccupata, viste le mie condizioni. Da lì ho capito tutto. E lei ha confessato. Claudio era sieropositivo, anche se si è mostrato resistente al virus. Molte delle persone vicine a lui, come la cognata, sapevano, ma non mi hanno detto niente. Hanno lasciato che la nostra relazione sentimentale iniziasse indisturbata. Senza immaginare l’uragano che si sarebbe scaraventato su di lui e la sua famiglia. Di questo non li perdonerò mai. Sapevano e non hanno detto niente.
Nella disgrazia, l’averlo scoperto subito è stata la tua salvezza.
Sì, per fortuna bisogna vedere il bicchiere sempre mezzo pieno. Infatti, pur avendo passato la prima sintomatologia, non avevo collegato il mio malessere al contagio dal virus. Ho scoperto di essere sieropositiva il 4 maggio 2017. Non lo scorderò mai. Ero fuori di me.
L’unico vantaggio è stato scoprirlo subito per iniziare a curarmi. La mia malattia mi ha colpito in una forma rara. L’infezione aveva intaccato il rene e ho iniziato a gonfiarmi. Ho passato venti giorni nel reparto di malattie infettive, poi i valori sono rientrati nella norma. Se lo avessi scoperto dopo un anno, avrei potuto avere danni irreparabili al rene e non solo.
Hai avuto coraggio per aver preso di petto la malattia, ma anche per denunciare e iniziare una battaglia.
Ho denunciato per tradimento e violenza. Mi ha inflitto un virus mortale. Mi sono sentita vittima incolpevole di qualcuno che aveva deciso di colpire me per iniettarmi il seme del male. Ho denunciato per tutto questo. Purtroppo molti non lo fanno per paura e vergogna. Vergogna perché per convenzione sociale è meglio nascondere di aver avuto rapporti occasionali non protetti. Molta gente ha ancora in testa gli slogan pubblicitari con cui ci hanno bombardato negli anni Novanta, “Se lo conosci lo eviti”, come a dire, è colpa tua, potevi evitarlo. Molti si vergognano e si nascondono. Sono stata contattata da tanti sieropositivi per il coraggio che ho avuto. Da tutta Italia, da nord a sud. Questo mi ha dato tanta forza. Ma purtroppo nessuna delle persone coinvolte, né i familiari, né i contagiati, hanno avuto il coraggio di contattarmi. Nessuna. Perché? Perché hanno paura. Si sentono sotto pressione.
è solo un problema culturale, legato ai pregiudizi, alle convenzioni soc ...[continua]

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