Durante la pandemia si è tornati a parlare di scuola e uguaglianza anche in riferimento alla cosiddetta Dad. La prima domanda è appunto se la scuola attenui o riproduca le disuguaglianze...
Luciano Benadusi. L’interrogativo se la scuola attenui, riproduca o addirittura aggravi le disuguaglianze è stato a lungo discusso dalle scienze sociali, dai sociologi e dagli economisti.
Horace Mann, agli albori degli Stati Uniti d’America, propose una visione molto ottimistica avendo teorizzato la scuola come “great equalizer” (grande equalizzatore). In realtà, le evidenze empiriche raccolte nel corso del Novecento, soprattutto nella seconda metà, hanno dimostrato come l’istruzione sia riuscita a combattere e superare le disuguaglianze solo in alcuni casi e ad alcune condizioni. Nei decenni a seguire è iniziata infatti una fase di pessimismo, in cui alcuni sociologi, penso in particolare a Bourdieu, sono arrivati a parlare della scuola come un fattore essenzialmente “riproduttivo” delle disuguaglianze. Io credo che la risposta, quella che noi proponiamo nel libro, sia per così dire mediana: da sola la scuola non è in grado di costruire una società giusta; una società giusta ha bisogno di una coalizione, di un’alleanza tra politiche sociali e politiche educative. Soltanto se si rende più giusta, più egualitaria e inclusiva la società, anche la scuola potrà contribuire a ridurre le disuguaglianze, nella scuola come nella vita adulta.
Orazio Giancola. Se guardiamo al caso italiano, il dualismo di cui parlava Luciano, la scuola come riproduttore, e dall’altro lato la scuola come fattore di inclusione sociale, inquadra bene la storia del sistema educativo italiano dal dopoguerra. Possiamo dire che dal 1946 in poi il nostro paese ha assistito a una crescente partecipazione, almeno ai livelli basilari, cioè scuola primaria e secondaria. Tant’è che possiamo legittimamente parlare di scuola di massa; c’è stata anche un’inclusione fortissima delle donne, che prima erano escluse dal sistema educativo. I dati più recenti ci dicono che le donne ai livelli più alti di istruzione non solo sono più degli uomini, ma spesso performano meglio.
Tuttavia, nello stesso tempo, osserviamo quel fenomeno che nella letteratura viene definito “Maximally maintained inequality”, e cioè che le distanze tra i gruppi sociali sono rimaste uguali nel tempo.
Quindi possiamo dire che man mano si è incluso, però l’asticella si è spostata verso l’alto.
Tra l’altro, dobbiamo registrare alcuni fenomeni di arretramento, rispetto agli ultimi decenni. Per esempio la crisi del 2008, che da noi è arrivata nel 2010-2011, si è riverberata in modo consistente dal punto di vista degli abbandoni scolastici. Per abbandono scolastico intendo il non completamento del vero e proprio obbligo (cioè l’evasione scolastica, che in Italia è un reato, ma sussiste), così come l’abbandono scolastico nei primi anni delle scuole superiori. In pratica, si fanno i primi due anni delle scuole superiori, poi -raggiunta l’età dell’obbligo- si esce. Ecco, questo fenomeno dell’abbandono, che era andato riducendosi, all’improvviso è risalito. Ancora non sappiamo cosa succederà in questa fase post-pandemica, non abbiamo dati solidi per poter fare delle osservazioni, però dalle varie ricerche che abbiamo condotto emergono dati preoccupanti. Allora, riprendendo quanto diceva Luciano, la scuola si trova in una sorta di rincorsa disperata ...[continua]
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