Valentina Barucci è stata professoressa ordinaria di Algebra presso il Dipartimento di matematica dell’Università Sapienza di Roma. Ha insegnato in varie facoltà. Da quando è stato attivato il Corso di laurea in Scienze della formazione primaria, tiene un insegnamento di matematica di base sempre presso La Sapienza.

Ti sei sempre occupata di matematica pura. Come è nato l’interesse per la didattica di questa materia?
L’interesse per la matematica insegnata ai bambini mi accompagna da tempo, anche perché l’esperienza prima di mamma e poi di nonna mi ha messa a contatto con un insegnamento della matematica alla scuola primaria piuttosto deludente e sicuramente noioso.
Così, quando l’Università la Sapienza alcuni anni fa ha aperto un corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria, mi sono offerta per tenere un corso di matematica di base per i futuri insegnanti di scuola primaria. Devo dire che ho trovato un pubblico molto diverso da quello a cui ero abituata. Gli studenti di matematica hanno in generale un interesse specifico per la materia, si può partire da nozioni di un buon liceo scientifico, dando per scontate una serie di cose. Invece il pubblico costituito da questi studenti, ma soprattutto studentesse, in generale ha un rapporto critico con la matematica; una difficoltà di approccio molto legata agli insegnanti che hanno avuto: racconti di insegnanti brave, pazienti, o al contrario di periodi tremendi, in cui non si capiva niente. Questo, che è abbastanza intuibile, ragionevole, ha rafforzato la mia voglia di far qualcosa.
La formazione degli insegnanti, soprattutto per la scuola primaria, è un compito importante e il mio contributo è volto innanzitutto a far cambiare atteggiamento alle persone che andranno a insegnare matematica.
La richiesta tipica infatti è quella di poter trasmettere “regole precise”, un atteggiamento pessimo. C’è purtroppo questo luogo comune per cui la matematica sarebbe un insieme di regole e procedure tendenzialmente da imparare a memoria; i vari meccanismi vengono insegnati e appresi con scarsissimo senso critico, per cui la cosa diventa noiosa, e anche poco formativa.
Tra chi si occupa di didattica della matematica, è ormai abbastanza dominante l’idea che bisogna invece favorire non il prodotto, ma il processo. Non si tratta cioè tanto di guardare alla risposta giusta, ma a come ci si è arrivati; bisogna spingere i ragazzi all’argomentazione, all’esplicitare qual è il processo attraverso il quale affrontano un problema di matematica; significa ragionare per problemi e non per nozioni… Queste sono cose abbastanza assodate ma purtroppo sono ancora poco messe in pratica, anche perché il corpo insegnante necessita a sua volta di formazione e aggiornamento.
Qui c’è anche un problema culturale. Nel nostro paese chiunque può dire con grande disinvoltura che di matematica non ha mai capito niente; essere ignoranti in matematica è legittimo. Questo non vale per altre discipline.
Comunque quello di Formazione Primaria è un corso di cinque anni, dunque abbastanza impegnativo. Ma è giusto così! Perché poi i danni si fanno più ai bambini piccoli che ai grandi, quindi è importante che gli insegnanti siano preparati…
Dicevi che la parte più appassionante è quella della sperimentazione. Puoi raccontare?
Grazie a una maestra molto attiva e vogliosa di provare cose nuove, Antonella Marconi di Grottaferrata, per alcuni anni ho avuto anch’io la possibilità di lavorare direttamente con i bambini. Per me l’obiettivo, più che di trasmettere nozioni, era di proporre un lavoro incentrato sull’esperienza concreta, il movimento corporeo e il gioco. Un anno, per esempio, abbiamo sperimentato un gioco su una struttura matematica ben nota ai matematici, un gruppo non commutativo. Questo gruppo simmetrico, “S_3” lo chiamano i matematici, è in realtà un concetto abbastanza semplice che io ho voluto mettere in pratica facendo il “gioco delle tre case”, che ho descritto nel dettaglio in un mio libro (Matematica per la scuola primaria, Libreriauniversitaria 2019). Qui vorrei ricordarne sommariamente le caratteristiche.
Il gruppo consiste nelle sei permutazioni su tre elementi. Queste sei permutazioni sono state realizzate concretamente con i sei possibili scambi di collocazione degli abitanti (diciamo: Ada, Bianca e Carlo) nelle tre case di cartone (A, B e C) costruite dai ragazzi e disposte in tre angoli del cortile della scuola. I sei movimenti possibili sono stati associati cia ...[continua]

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