Giuseppe Antonello è presidente della Clm, cooperativa lavoratori metalmeccanici, che ha sede a Terrossa di Roncà, in provincia di Verona.

Che tipo di cooperativa è la vostra, e cosa produce?
Siamo una cooperativa di produzione che opera nel settore della carpenteria leggera. In pratica, lavoriamo lamiera fine, con spessori massimi fino a 15 decimi: facciamo tutto, dal pezzo di lamiera grezza fino al pezzo verniciato e finito. L’80% della nostra produzione è destinata al riscaldamento: produciamo, infatti, mantellature per caldaie. Facciamo lo stesso prodotto della Gizeta, lo stabilimento proprio qui di fronte al nostro, dove tutti noi, fondatori della cooperativa, lavoravamo negli anni Settanta e da cui siamo stati licenziati alla fine del 1977, costituendo subito dopo la Clm.
Cosa vi spinse ad andare via dalla Gizeta?
Sostanzialmente, il clima che vi si respirava ogni volta che nascevano divergenze sindacali -io ero delegato di fabbrica. Il proprietario, quando c’era qualche richiesta, cambiava completamente strategia nei nostri confronti: minacciava, mandava raccomandate, colpiva i rappresentanti sindacali. Tanto per dirne una, si metteva a controllare se gli operai venivano al lavoro con i calzini, o senza, con la canottiera, o senza... Una volta, addirittura, era il luglio del ’77, un caldo torrido, mi ordinò di verniciare il tetto del capannone. Millecinquecento metri di superficie! Arrivato alle due del pomeriggio, non ce l’ho fatta più, sono sceso e ho detto al proprietario che, in quanto rappresentante sindacale, il mio posto non era sul tetto, ma in reparto, a tranciare lamiera. Allora, il proprietario se n’è andato, è ritornato con 22 pennelli e ha mandato tutti gli operai a verniciare il tetto, lasciandomi da solo giù nel capannone, a lavorare alle macchine. Questo per dare un’idea. D’altra parte, non è che le retribuzioni fossero pessime, alla Gizeta. In seguito alle nostre lotte, avevamo ottenuto la famosa "cogestione" aziendale, per cui l’utile dell’impresa doveva essere diviso tra datore di lavoro e lavoratori per la quota che superava il 5%. Così, gli stipendi in Gizeta erano più alti della media. Quello che spinse me ed altri ad andarsene fu la chiara consapevolezza che in questo modo i lavoratori potevano strappare qualche aumento in busta paga, ma non avrebbero mai avuto la possibilità di gestire autonomamente la fabbrica. La nostra era, a ben vedere, una strategia che poteva apparire campata per aria: fondare una cooperativa per mostrare che anche gli operai potevano mandare avanti da soli un’impresa. Abbiamo dovuto faticare non poco per convincere gli altri lavoratori della Gizeta ad abbandonare retribuzioni così buone per seguirci in un’avventura rischiosa, fondata letteralmente sul nulla. Ma, alla fine, dei 28 che eravamo alla Gizeta, solo sei sono rimasti, in 22 siamo venuti via a fondare la Clm.
Com’è andata all’inizio?
Fino al dicembre ’77 non avevamo prodotto una lira, niente. Nel ’78 abbiamo cominciato ad avere i primi bilanci. I soldi per partire con la cooperativa sono arrivati dalla liquidazione, sei milioni a testa di allora, per il licenziamento dalla Gizeta. Con quelli abbiamo pagato la prima fornitura di guanti, il primo affitto, l’anticipo della partita Iva, l’anticipo sulle macchine utensili, tutte cose indispensabili per poter partire come Clm. Pensavamo di poter soffiare gran parte dei clienti alla Gizeta, invece niente. Solo una ditta di Padova ci ha aiutato, fornendoci l’impianto di verniciatura in cambio delle nostre mantellature per caldaie. Abbiamo dovuto cercarci da soli i clienti, il mercato, la rete di distribuzione. Abbiamo dovuto inventarci tutto da soli, insomma. I primi anni sono stati molto duri: avevamo mani e testa, e nient’altro.
Quando sono migliorate le cose?
A partire dal 1982. Fino a quell’anno, infatti, avevamo mantenuto tutti i privilegi retributivi che avevamo alla Gizeta: premio preferiale, quinto livello per tutti, ecc. Ma erano tutti privilegi che la cooperativa non poteva più sostenere perché, fino al 1981, aveva prodotto costantemente perdite, per cui non riuscivamo a portare i bilanci in pareggio. Così ci siamo sdebitati, in un colpo solo, del residuo dei crediti che i soci avevano nei confronti della cooperativa, parlo di 70-80 milioni di allora. Abbiamo tolto la quattordicesima mensilità, ridimensionato i premi di produzione e il resto... In quel momento, eravamo molto indebitati rispetto al fatturato, dovevamo portar ...[continua]

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