Marianna Giordano, assistente sociale, è tra le fondatrici della cooperativa femminile Orsa Maggiore di Napoli.

Perché avete scelto di operare nel quartiere Traiano e quale tipo di intervento fate?
Traiano è un quartiere popolare, fa parte della circoscrizione di Soccavo. Prima Soccavo era un borgo di campagna della periferia occidentale di Napoli. Negli anni Sessanta vennero costruite case popolari in cui furono alloggiate famiglie provenienti un po’ da tutte le parti.
Oggi è meno periferico perché c’è l’università. La nostra cooperativa si trova lì perché facevamo volontariato con i ragazzi del quartiere: facevamo attività di strada, di sostegno scolastico, ecc. Poi ci siamo rese conto che non bastava questa presenza di volontari, ma era necessario offrire servizi più strutturati al quartiere. Abbiamo così deciso di costituire, nel giugno ’95, una cooperativa per fare un’esperienza più professionale, in cui mettere in gioco anche la nostra possibilità di lavorare. Insomma, donne che lavorano per creare lavoro ad altre donne.
Attualmente, nel nostro progetto sono coinvolte venti donne del quartiere. Inizialmente pensavamo di recuperare un’attività tradizionale, come la cucina, per trasformarla in un’attività produttiva, facendo così scoprire alle famiglie il lavoro nascosto delle donne. Poi, è nata l’idea di costituire, con una dozzina di queste donne, una cooperativa di servizi di ristorazione a domicilio, più compatibile con gli obblighi di casalinghe, madri, ecc.
La riuscita del corso è stata una cosa molto bella, perché ha dimostrato come sia possibile trasformare il piccolo e il poco in qualcosa di professionale, e anche di successo. Pensa che alcuni mariti sono andati dal prete a dire: “A casa nostra è cambiato tutto. Adesso la domenica la tavola viene apparecchiata e mia moglie ci fa sedere tutti quanti in un modo che sembra sempre Natale”. Anche le cose semplici, come il piacere di stare a tavola, diventano belle quando si riconosce il lavoro di una donna. C’è tutto un significato che si può dare al semplice gesto di mettersi a tavola.
Le donne coinvolte nel progetto sono tutte di Traiano?
Sì, sono tutte del quartiere. Le ragazze giovani, quasi tutte, hanno la terza media; spesso hanno fatto pezzi di scuola superiore, qualcuna l’ha conclusa: infatti c’è una ragioniera, un’analista contabile, ecc. Le donne più grandi, per la maggior parte sono arrivate alla terza media. Provengono da famiglie di impiegati, di operai o da famiglie che si arrangiano. Per alcune di queste ragazze è importante sentire di poter essere loro, attraverso un lavoro qualificato, a diventare la fonte di un reddito più sicuro per la famiglia. Se facciamo una cooperativa di ristorazione a domicilio, alcune saranno addette alla cucina, altre al servizio, altre alla gestione della cooperativa, in modo da valorizzare le loro diverse capacità. Chi è ragioniera è chiaro che si sentirebbe bruciata a fare la cuoca, però nella cooperativa potrà occuparsi della contabilità e dell’organizzazione. Se ognuna di loro si dovesse proporre da sola sul mercato del lavoro, sarebbe finita. Alcune sono tentate di dire: “Io ora mi faccio chiamare da sola”. Però io dico: “Ma così diventate solo delle cameriere; di classe, ma delle cameriere o delle cuoche”. Invece, se restano insieme è più faticoso all’inizio, però dopo il risultato economico è più sicuro. Rispetto alle difficoltà, una donna sola si arrende facilmente, mentre un gruppo di donne può resistere meglio. Anche alle pressioni dei mariti o dei padri: “Perché stai tanto tempo fuori casa?”, “I bambini chi li fa studiare?”. Queste donne hanno lavorato molto sulle difficoltà di inserirsi nel mondo del lavoro. Il corso è durato un anno e in alcuni momenti alcune hanno avuto difficoltà per le resistenze che venivano dall’ambiente familiare. Il fatto che le altre le chiamassero le ha fatte restare tutte quante fino alla fine, e questo non è poco. Certo era tre volte alla settimana, per tre-quattro ore al giorno proprio per non rompere gli equilibri familiari. Non avendo una sede nostra a Traiano, abbiamo svolto le attività del corso nei locali di una parrocchia, che ci ha dato la possibilità di usare la cucina. Poiché nel quartiere presto dovrebbero mettere a posto uno spazio attrezzato per farci una buvette, abbiamo pensato di far gestire questo luogo da loro, in modo che persone del quartiere possano lavorare nel quartiere.
L’idea è di fare con loro una cooperativa collegata alla nostra ...[continua]

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