Nel 1989, all’epoca in cui Daniel Cohn-Bendit era assessore, venne istituito l’ufficio per gli affari multiculturali, che lei dirige da allora. Precedentemente si sono avute per vari anni veementi discussioni tra i politici tradizionali, ancora orientati verso una politica di adattamento e di assimilazione alla società e alla cultura tedesca dei residenti stranieri, e la sinistra che mirava ad una società multiculturale.
In fondo la politica tradizionale nei confronti degli immigrati era stata impostata già negli anni 60 ponendo al centro dell’interesse la questione del mercato del lavoro. Accanto esistevano però anche forze progressiste che meditavano sul significato dell’integrazione. Lo posso testimoniare personalmente perché mi sono occupata della questione sin dal 1967. Anche la discussione sulla politica giusta nei confronti degli immigrati è sempre esistita. Questa discussione ha preso una piega interessante verso la fine degli anni 80: fino allora avevamo discusso della questione trattandola come tema isolato, rimanendo a livello di Ong o di chiese; da allora essa è diventata una questione della politica ufficiale.
Ciò era dovuto anche al fatto che avevamo cambiato i metodi operativi: meno azionismo e più impegno nelle istituzioni. Naturalmente il tema era già presente e veniva trattato, benché al margine e senza un rilievo significativo, anche nei dibattiti ufficiali.
Già all’inizio degli anni 80 ci si rese conto che molti immigrati non sarebbero tornati nei loro paesi di origine e ci si chiedeva come regolare la loro presenza nel senso di compatibilità sociale e di ricongiunzione dei familiari.
La politica del governo era però schizofrenica. Nelle circolari e nelle direttive generali il governo ha sempre ammesso -già da 20 anni lo fa- che gli immigrati non intendono rientrare nei propri paesi e che occorre fare qualcosa. I partiti hanno però preferito non affrontare questo tema scomodo nei dibattiti con i cittadini, solo i verdi ci hanno almeno provato, e se lo hanno fatto l’hanno trattato in termini piuttosto populistici.
L’ex cancelliere Kohl ha detto una volta che ci sono gruppi che non vogliono e che non possono essere integrati. C’è da chiedersi cosa intenda un cancelliere per integrazione quando dice una cosa del genere. Gli oppositori più radicali consideravano uscite di questo genere come “razzismo culturale” e parlavano a favore di un’integrazione coniugandola con l’accettazione ed il rispetto della democrazia parlamentare di tipo occidentale, della società civile, della repubblica e dei diritti umani.
Che cosa intende in concreto parlando di politica schizofrenica nei confronti degli immigrati?
La politica tedesca era contraddittoria. Da una parte ha favorito l’integrazione nel senso di assimilazione e adattamento, dall’altro ha puntato sul ritorno nei paesi d’origine. In ogni land della Germania, anche in Baviera, è stata offerta la possibilità di istruzione nella madrelingua, con finanziamento statale. Ciò ovviamente in vista di un futuro ritorno nel paese d’origine. Ciò costituisce d’altro canto un fatto sicuramente positivo e denota il rispetto delle peculiarità culturali degli immigrati. Ci troviamo costantemente di fronte a questa contraddizione: la politica nei confronti degli immigrati parte da un’impostazione decisamente conservatrice, singole applicazioni concrete di questa politica sono però più che accettabili. In questo contesto va visto anche il nostro ufficio. Ma forse è utile spiegare brevemente come in Germania le istanze degli immigrati vengono trattate a livello politico. In ogni città più grande (300 in tutto) esiste un incaricato per gli immigrati. Poi ci sono le consulte degli immigrati. Gli incaricati lavorano nell’amministrazione. Tocca a loro attuare determinate decisioni. Le consulte sono organi politici che possono influenzare la politica comunale. Esiste inoltre un incaricato federale per gli immigrati che attualmente è un verde.
Qui a Francoforte negli anni 70 e 80 non esistevano né un incaricato né una consulta per gli immigrati, e questo nonostante l’alta percentuale di immigrati nella popolazione. In compenso esisteva -e ciò caratterizza la particolare situazione politica di Francoforte- una miriade di iniziative e di associazioni che si occupavano di immigrati. Quando, in seguito alle elezioni comuna ...[continua]
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