Cosa unisce commercio equo e solidale, consumo critico, finanza etica, turismo responsabile. Sono sintomo di qualcosa che sta cambiando?
Hanno in comune la non accettazione delle cosiddette leggi del mercato, e il desiderio di costruire dal basso delle reti sociali che creano già oggi dei pezzi di mondo meno ingiusto e più vivibile. Insomma, non si rimanda al domani, ma si vede cosa si può fare oggi. Ecco perché trovo che siano molto più positivi dei movimenti degli anni Settanta che erano più entusiasmanti per la carica emotiva e la quantità di giovani coinvolti, ma rimandavano tutto a quella grande Apocalisse del cambiamento. E intanto nella vita quotidiana nulla cambiava. Quando venne il movimento delle donne a chiedere significativi cambiamenti anche nella vita di tutti i giorni saltarono parecchi equilibri, anche familiari. La finanza etica non ti dice solo che il mercato finanziario non funziona -questo lo sappiamo da anni- ma sta proponendo un sistema diverso che nel Sud Italia, ad esempio, sta riscuotendo un successo strepitoso. Sono decine ogni giorno le domande che affluiscono alla Banca etica dal Mezzogiorno, da parte di artigiani, cooperative, associazioni e consorzi di piccoli produttori. D’altra parte nel Sud non c’è più credito, i soldi si prestano solo ai clienti sicuri. I piccoli istituti di credito locale sono spariti tutti, inglobati da grandi gruppi, che si presentano sulle piazze meridionali, rastrellano risparmi e investono altrove. Gli istituti hanno estinto i conti correnti a decine e decine di piccoli imprenditori che non erano neppure indebitati, ma avevano modesti fatturati, per cui per le banche sono solo perdite di tempo. La Banca etica è già caricata di un peso notevole. Non è un ente di beneficenza, la sua forza sono anche i tassi di sofferenza bassissimi, meno dell’1%, contro il 7-8% delle banche del Nord e il 30% al Sud. La banca etica obbliga a moltiplicare quelle reti sociali che poi responsabilizzano gli imprenditori.
Questa crescita dove porterà?
Stiamo assistendo a una crescita, a un moltiplicarsi dei punti vendita delle Botteghe del Mondo; la finanza etica è in un boom pazzesco che non sappiamo ancora bene dove porterà. La spinta dal basso è molto forte, il turismo responsabile ha prodotto alcuni piccoli miracoli come quello di Badolato di cui ha parlato mezza Europa (servizi alle tv tedesche, un’ora sulla tv austriaca). Ma occorre prestare attenzione anche al fatto che questi movimenti vogliono creare nuove regole del gioco, della convivenza, dell’economia e della società. Questo bisogno sarà recepito dal governo mondiale verso il quale mi pare che ci stiamo dirigendo? Intanto il 7 luglio 98 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per punti che impegna la Commissione a far propri i principi del commercio equo e solidale nei rapporti con i Paesi del Sud del mondo. In 32 articoli si elencano queste regole; è un grande successo, non c’è dubbio. Ma allo stesso tempo cosa accade? Che gli accordi precedenti del commercio internazionale, come quelli di Lomè, volti a tutelare i Paesi poveri, sono messi in discussione dagli Stati Uniti con il Wto che gli dà ragione. Ritorno al governo mondiale, che per la prima volta mi sembra ormai prossimo; prima era stato preceduto da due organismi finanziari, come il Fmi e la Banca mondiale, poi è stato creato un ministero degli Interni, con la Nato che opera in questo senso, allora il governo mondiale in fieri, quali regole farà proprie? E’ una domanda alla quale ovviamente non so rispondere ma è la chiave di volta. Il commercio equo e solidale è riuscito a influenzare le istituzioni europee, ma queste appaiono piuttosto deboli sul piano della politica interna e estera. Il problema futuro allora è questo: finora le istituzioni che commercio equo e finanza etica cercavano di condizionare erano prossime, perlopiù quelle nazionali, in futuro saranno più in alto, e non sarà facile. Altra questione: chi controlla le regole del gioco? Perché il punto è che le regole sono necessarie ma non sufficienti. Come la questione del lavoro minorile, che è in buona parte legato alla povertà ma anche alla cultura. In un vecchio studio che feci, scoprii che all’inizio deg ...[continua]
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