Una Città275 / 2021
maggio


«Lo scopo a cui miriamo colla costituzione della Regione... è la valorizzazione delle forze locali e quindi regionali attraverso una nuova sintesi e un loro nuovo rapporto con lo Stato, inteso lo Stato come unità nazionale. Non ci basta che si formi un nuovo Ente chiamato Regione: vogliamo dargli anima e vitalità: farne un elemento di lavoro e sviluppo nella vita nazionale. La Regione deve assorbire molte funzioni del centro, e non semplicemente spostarle. In altri termini, deve servire a che passino al cittadino attività e competenze che oggi sono lasciate o affidate quasi esclusivamente al burocrate. Ciò risponde ad un bisogno da tempo sentito e divenuto particolarmente vivo dopo le distruzioni provocate dalla guerra e dopo un periodo lungo e disastroso di uniformità e di annullamento di ogni attività libera e spontanea: si tratta del bisogno di attivare le volontà, le capacità e le iniziative, tutte le iniziative».
Oliviero Zuccarini
tratto da La regione nell’ordinamento dello Stato: due concezioni, due soluzioni, Edizioni di Critica politica, 1945
 
maggio 2021

Un programma minimo e i panni degli altri
di Wlodek Goldkorn

Not in our names
Appello di un gruppo di giovani ebree
ed ebrei italiani

La vendetta è mia...
Stephen Eric Bronner

Il fattore limitante
Sul futuro dell’ambiente e nostro
Intervista a Giovanni Damiani

Il centro e la periferia
Sul rapporto Stato-Regioni
Intervista a Marco Cammelli

Salus space
Una buona pratica di costruzione di una comunità
Intervista a Inti Bertocchi

Qui non si tratta di aborto o non aborto
Sulla legge 194, l’aborto e l’obiezione di coscienza
intervista a Giuseppe Tadolini

Poi dopo, verso i sette-otto anni...
Una storia transgender
Intervista a Greta Berardi e Cinzia Messina

Gaza, maggio 2021
servizio fotografico di Shareef Sarhan

Identità di genere frutto di volontà?
Un forum sul ddl Zan
Stefano Ciccone, Alberto Leiss, Porpora Marcasciano e Maria Paola Patuelli

Il processo Pfas di Vicenza
Massimo Tirelli

La rotta balcanica
Intervista a Fabrizio Tonello

Quel congresso
Sul Congresso per la libertà della cultura
Intervista a Roselyne Chenu

Caro Ignazio...
Una lettera di Nicola Chiaromonte

Poeti intelligenti
Alfonso Berardinelli

Ombre rosse e coscienza storica
Michele Battini

La crisi di Sebta
Emanuele Maspoli

Loi e Pasolini
Matteo Lo Presti

Uno due tre: la politica demografica cinese
Patrizia Farina

La visita è alla tomba di Giacomo Matteotti
 
Dedichiamo la copertina a Saman Abbas. Però la foto ritrae un uomo, “l’uomo con il badile”, un parente che ha compiuto il suo dovere, un “lavoro ben fatto”. Vogliamo sperare che tenga la testa bassa per un fondo, in cuor suo, di tristezza e vergogna, ma chissà. Vien da chiedersi invece quale mentalità, quale “cultura” può averlo spinto a fare quel che ha fatto. Certamente secoli e secoli di predominio e di prepotenza degli uomini sulle donne, un predominio fondato sulla forza fisica e cementato da regole familiari, religiose, giuridiche e politiche per cui la donna è una “minore” sottomessa ai capifamiglia maschi. Dall’inizio del secolo scorso, però, dapprima a fatica e poi con sempre più forza, s’è fatta avanti la rivoluzione femminista, la più grande della storia dell’umanità, una rivoluzione ormai inesorabile, sostenuta dai grandi movimenti di donne, ma anche, e forse soprattutto, dalla ribellione individuale, faticosa, dolorosa di tante giovani che vogliono essere libere. La resistenza all’avanzata di questa rivoluzione è universale, ma sarebbe far torto alla verità non riconoscere che ha le sue roccaforti nelle correnti oscurantiste dell’Islam, oggi maggioritarie, e al potere, in molti paesi. La titubanza, la riluttanza, a riconoscerlo, in particolare da parte delle sinistre, è un tradimento di tutti i loro principi universalistici. Il volto di Saman resterà nella memoria delle generazioni come quello di una martire di quella rivoluzione, di una ragazza che non si è piegata e a cui, prima di morire, è toccato di ascoltare, di nascosto, una madre dire che l’omicidio della figlia era l’unica soluzione.

Apriamo con la “lettera” dell’amico Wlodek Goldkorn, sul nuovo governo di Israele. Diciamolo, non ci si può credere. Che un governo che tiene insieme una destra destra e la sinistra radicale, il rappresentante dei coloni e un ministro palestinese nonché un partito di “fratelli musulmani”, possa produrre una crepa nella cappa di piombo che dall’omicidio di Rabin e dall’11 settembre, col dilagare dell’integralismo islamista e della destra colonialista israeliana, era calata su quella terra, non lo si può credere. Ma...

Sull’ambiente le brutte notizie si susseguono. Giovanni Damiani ci spiega  come il fosforo, uno dei componenti essenziali dei viventi, che oggi viene estratto quasi solamente dalle miniere del Marocco, finirà entro il secolo. Che fare? Non resta che tornare a prenderlo da dove per millenni l’abbiamo preso: dalle feci nostre e degli animali, che oggi vengono riversate nei mari; sapremo tornare, con le parole di Zanzotto, al detto “magna fa caca, caca fa magna”? E la scienza ci aiuterà a “tornare indietro”?

Il regionalismo, tanto caro ai padri costituenti, dopo aver aspettato vent’anni per essere realizzato quasi da subito è stato boicottato da un centro geloso delle sue prerogative; anche la sua stagione d’oro, con le riforme Bassanini, ha avuto vita breve e ora, quando la tendenza a centralizzare si sta rafforzando in tutto il mondo, ci si chiede cosa resterà delle regioni; ebbene forse proprio ora diventa più che mai importante avere sul territorio chi sa adattare, adeguare, differenziare e, innanzitutto, comunicare e dialogare con un centro “privo di realtà”. A spiegarci il tutto Marco Cammelli.

Continuiamo la discussione sulla ddl Zan con un dibattito organizzato dalle associazioni Femminile Maschile Plurale e Maschile Plurale, fra Porpora Marcasciano, Alberto Leiss, Stefano Ciccone, Paola Patuelli.

Poi Alfonso Berardinelli ci parla di Machado, Michele Battini della memoria, Matteo Lo Presti di Loi e Pasolini, Patrizia Farina, di Neodemos, della demografia in Cina ed Emanuele Maspoli della crisi di Ceuta.