Il giudice della revisione dovrà rivalutare tutti i cd. riscontri esterni della confessione di Marino. L’appello 1995 che costituisce la struttura portante del giudicato di condanna stante l’itinerario processuale della vicenda, ne enumera ben 16. Ci limitiamo in questa sede a ripercorrerli sinteticamente e in modo da evidenziare fin d’ora la fragilità, la contraddittorietà e la illogicità dell’intero impianto concettuale su cui si fonda il giudicato di condanna.

I primi tre riscontri riguardano 1) l’esistenza dell’esecutivo nazionale di L.C.; 2) la commissione di rapine come dato accertato; 3) l’esistenza di strutture illegali organizzate in varie sedi. Come in premessa a questa parte accennato, non entriamo nel merito di questa ricostruzione storica degli avvenimenti, non già perché condividiamo l’assunto della sentenza, ma perché ci riserviamo in seguito di effettuare significativi rilievi critici. E’ ovvio che si tratti comunque di riscontri non concludenti come tali in ordine alla responsabilità per l’omicidio di Luigi Calabresi.

I secondi tre riscontri riguardano 4) il viaggio a Reggio Calabria di Marino con Sofri; 5) i rapporti di Sofri all’epoca con detenuti comuni; 6) le dichiarazioni di pentiti appartenenti ad organizzazioni terroristiche, i quali hanno riferito in ordine a voci recepite circa l’attribuibilità dell’omicidio al servizio d’ordine di Lotta Continua.
A prescindere dal riscontro n. 6 che la stessa sentenza, in ossequio a quanto stabilito dalle Sezioni Unite considera non valido, trattandosi di materiale inutilizzabile assimilabile alle cd. ’voci correnti nel pubblico’, del tutto inconferenti sono il riscontro n. 4 e il riscontro n. 5 che costituiscono fatti non contestati, ma in nessuna plausibile relazione con l’omicidio Calabresi. L’appello 1995 ne fa un uso puramente strumentale riuscendo, tra l’altro, anche in questo caso, come vedremo, a distorcere il contenuto degli atti.

Il riscontro n. 7 è costituito dal "movente dell’omicidio", dimostrato a dire dell’appello 1995, dalla campagna di stampa di Lotta Continua contro il commissario Calabresi dopo la morte di Giuseppe Pinelli. Ritorneremo su questo argomento, ma fin d’ora diciamo che non prova nulla ed anzi si potrebbe ritenere il contrario come è stato, in una recente pubblicazione dimostrato, con dovizia di argomenti logici e storici. Va ricordato tra l’altro, che la campagna contro il commissario Calabresi era esplicitamente strumentale a fare aprire una inchiesta giudiziaria sulla morte di Giuseppe Pinelli: inchiesta che in effetti si riaprì, proprio a partire dal procedimento per diffamazione intentato nei confronti dell’allora direttore responsabile del giornale Lotta Continua. Va rilevato ancora che, all’epoca, il giornale Lotta Continua condusse, tra l’altro, una campagna molto feroce anche contro un ufficiale dei carabinieri che assumeva coinvolto nella ’strage di Peteano’ (cosa che in effetti è successivamente risultata giudizialmente accertata), senza che il medesimo ufficiale sia stato vittima di alcun attentato. Va ricordato che anche di quella strage, proprio a ridosso dell’omicidio Calabresi, si tentò di attribuire la responsabilità a Lotta Continua.

Il riscontro n. 8 è evidentemente rimasto nella mente dell’estensore dell’appello 1995, perché non ve ne è traccia.
Il riscontro n. 9 sarebbe costituito dal "riconoscimento da parte di Marino della base milanese presso la quale si era appoggiato".
Abbiamo già rilevato al punto 4.7. della presente istanza, come questo aspetto della deposizione di Marino, lungi dal rappresentare un riscontro valido, sia indicativo del vischioso rapporto instaurato con i carabinieri di Milano. Il riconoscimento ’centimetrico’ del bagno del Luigi frequentato pochi minuti, sedici anni prima, la dice lunga su come questo elemento lungi dal riscontrare Marino, debba venir utilizzato, come visto, per vagliare criticamente la gestione del collaborante.

Il riscontro n. 10 sarebbe costituito dalle "modalità del furto della Fiat 125". L’appello 1995 dimentica che Marino viene contraddetto dai proprietari della Fiat 125 blu in ordine al luogo esatto e alla posizione in cui era posteggiata l’auto; dimentica che il particolare dell’assenza di bloccasterzo era comunque facilmente ricostruibile sulla base della fotografia esistente nel fascicolo delle indagini della polizia scientifica, che era stata pubblicata dal settimanale Panorama dell’1 giugno 1972, stravolg ...[continua]

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