La guerra preventiva condotta dagli Stati Uniti contro ciò che restava del governo dittatoriale di Saddam Hussein nell’Iraq centrale, scavalcando le Nazioni Unite e ogni altra istituzione internazionale, è uno degli atti più gravi contro la democrazia, dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Non si tratta infatti di un atto singolo ma di un insieme di atti compiuti in applicazione di una ideologia enunciata da tempo da singoli autori, oggi al governo, confermata negli anni, coerentemente applicata in tutti i campi, non solo in quello strettamente militare.
Si tratta del rifiuto dei principi della Carta dell’Onu, non solo del Consiglio di sicurezza, del rifiuto dei tribunali internazionali, delle leggi di tutti gli Stati in cui operano soldati americani, se si tratti di azioni da loro compiute, della violazione permanente della Convenzione di Ginevra e delle leggi stesse degli Stati Uniti sul trattamento dei prigionieri di guerra.
Questi comportamenti non riguardano solo il governo Bush. Si sono accumulati nel tempo, invertendo una tendenza affermatasi dopo la conclusione della guerra del Vietnam ad un maggior rispetto delle norme e dei poteri altrui oltre che delle leggi proprie. Oggi si sommano e si dispiegano totalmente.
Non solo gli Stati Uniti votano contro il potere di ispezione della Commissione dell’Onu contro la tortura -in questo purtroppo, pur essendo in compagnia di un numero piccolo di stati, sono però insieme alla Cina e all’India, cioè a Stati le cui popolazioni rappresentano poco meno della metà del genere umano- ma mantengono i prigionieri di guerra in aree fuori da ogni giurisdizione, inclusa quella dei tribunali americani; come attribuiscono poteri eccezionali e fuori da ogni controllo della legge al governo nei casi di sospette attività terroristiche.
E’ come se ci fosse un solo governo legittimo al mondo che può violare la sovranità di ogni altro stato, infrangere ogni norma del diritto internazionale, agire fuori dal controllo di ogni tribunale, in quanto ha la forza militare per farlo. E per giunta quel governo tende a scavalcare o evitare la judicial review; qualche volta, per convergenze di interessi e peso economico dei militari e delle aziende connesse con l’esercito, fa persino dubitare della civilian supremacy.
Il sistema economico globalizzato è pervasivo ma, alla sua imperfetta maniera, è, alla fine, policentrico. Il mercato globale, enormemente imperfetto, non privo di ricorsi unilaterali alla forza da parte di aziende che corrompono governi ed usano eserciti privati, come in molti stati africani, è alla fine sottoposto alla Lex mercatoria, all’accettazione dell’arbitrato, alla sanzione della esclusione dal gruppo dei pari. Qui però si sta affermando il dominio di un solo esercito che decide i casi in cui l’accordo economico non funziona; e lo fa in un settore non proprio secondario, come quello dell’energia.

Le necessità sistemiche della democrazia
Democrazia, nel senso che è diventato prevalente in buona parte del mondo dopo la seconda guerra mondiale e in una parte ancora maggiore dopo la caduta del muro, non è solo l’elezione del presidente del consiglio invece della presa del potere con la forza o il governo di un re per diritto divino o di una aristocrazia o di un clero o di alcuni generali. Democrazia non è solo l’assenza di un tiranno che governi con l’uso quotidiano della forza e il terrore.
La democrazia richiede lo stato di diritto, la separazione dei poteri, un sistema regolato di rapporti internazionali e di tribunali internazionali.
In un sistema economico dominato da aziende multinazionali con un fatturato che è il multiplo del prodotto interno lordo di molti stati, dominato dallo scambio, dalla interdipendenza, dalla divisione internazionale del lavoro, è importantissimo che le unità politiche, in cui si vota sulla politica estera e su quella economica, abbiano grandi dimensioni. E ci vogliono, a difesa delle unità politiche minori, regole internazionali e garanzie di difesa dalla forza altrui fondate sul diritto. Altrimenti il voto diventa totalmente insignificante.
Come diventa insignificante senza diritti del lavoro e diritti sociali.
In un mondo globalizzato si può vivere benissimo in democrazia e in pace senza un governo mondiale e senza un monopolio mondiale della forza; non si può vivere senza leggi e tribunali mondiali, senza la Carta dell’Onu e le Convenzioni che la applicano e definiscono, sottoscritte e applicate dagli sta ...[continua]

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