Alexander Langer si è dato volontariamente la morte il 3 luglio 1995 a Firenze, al Pian de’ Giullari, impiccandosi ad un albicocco.
L’emozione che colpì il movimento verde ed eco-pacifista, italiano ed internazionale -ma anche moltissimi altri, di ogni orientamento politico, culturale e religioso-, fu allora enorme, al punto che alcuni, inopinatamente, sul primo momento non vollero credere alla tragica realtà del suicidio, ipotizzando che Alex fosse rimasto vittima di chissà quali oscure macchinazioni. Ma, nel giro di poche ore, anche grazie al ritrovamento di tre brevi messaggi da lui lasciati (due in italiano rivolti alla moglie Valeria e uno in tedesco, quest’ultimo con la disperata motivazione della sua scelta), la verità apparve nella sua crudezza, le ombre scomparvero con la stessa rapidità con cui si erano profilate e, paradossalmente, la sua morte gettò una luce abbagliante anche sulla sua vita.
Una vita straordinaria ed inimitabile, quella di Alex: ricca di cultura e di esperienze, di impegno e di riflessione, di militanza e di contemplazione, di laicità e anche di intensa religiosità, di studio e di feconda operatività, di profezia e di realismo, di politica rigorosa ma anche di irriducibile “impoliticità”. Parlare di lui come di un ecologista, di un ambientalista, di un pacifista, corrisponde al vero, ma è anche troppo riduttivo. Alex era molto di più e di diverso di tutto questo: era una sorta di testimone e di profeta del nostro tempo. E, come tutti i profeti, ha indicato la direzione verso il futuro, lo ha addirittura anticipato in molte sue idee e in molte sue scelte, ma ha “dovuto” (e voluto, ahimé) fermarsi sulla sua soglia: senza poter vedere e raggiungere la “terra promessa” (o, per chi crede, l’ha effettivamente raggiunta in un’altra dimensione).
Quando è morto, aveva 49 anni: da dieci era morta sua madre, negli stessi giorni ricorreva l’anniversario della morte del padre, ed era -ed in lui questa soglia aveva assunto un forte valore “psicologico”- a qualche mese dal compimento del suo cinquantesimo anno di età.
In un passato non troppo lontano, le persone morte per suicidio, nella Chiesa, non potevano ricevere un funerale religioso e non potevano essere sepolte all’interno del recinto sacro dei cimiteri. Quando Alex è morto, nella Badia Fiesolana l’omelia di padre Angelo Chiaroni ha ripercorso con delicatezza tutta la sua vita e il suo funerale è stato concelebrato da numerosi sacerdoti, che l’avevano conosciuto, stimato e amato. Nella Badia Fiesolana Alex aveva incontrato e frequentato padre Ernesto Balducci. Quel giorno dell’estremo congedo, la chiesa era gremita fino all’inverosimile da centinaia di persone attonite, stordite dal trauma del distacco improvviso, silenziosamente doloranti e piangenti (chissà cosa è passato per la testa e la coscienza di ciascuno: quanti ricordi, quante emozioni e, chissà, anche quanti sensi di colpa, per aver magari aggravato i pesi, che Alex non aveva più saputo reggere...).
Era giovedì 6 luglio 1995. Il giorno dopo, venerdì 7 luglio, una quantità enorme di persone (in gran parte diverse da quelle del giorno precedente) si ritrovò a ricordarlo in un’altra chiesa, quella dei Francescani, a Bolzano. La celebrazione liturgica, anche lì con la partecipazione di molti sacerdoti, fu presieduta dal vescovo Wilhelm Egger, che, all’omelia, seppe usare parole discrete e commosse di stima, di rimpianto, e anche di monito (“E io vi darò ristoro”, dice il Vangelo) di fronte all’amico Alex suicida. Qualche giorno più tardi, lunedì 10 luglio, dopo la cremazione, le sue ceneri furono infine accolte nella umile chiesetta di Telfes. Una terza celebrazione liturgica, questa volta solo di fronte a Valeria, ai familiari e agli amici più intimi. E il parroco, don Gottfried Gruber, seppe dire, nell’omelia, parole di amicizia, di comprensione (evocò con emozione un altro suicidio, del figlio di una persona a lui cara), di speranza. Alex fu (ed è) sepolto nel piccolo cimitero antistante, nella stessa tomba del padre e della madre, da dove si spalanca una vista incantevole sulla valle, che lui avrà ammirato chissà quante volte, quando rendeva visita ai genitori. E, alla fine, un tuono improvviso suggellò quasi simbolicamente quella mesta, struggente cerimonia degli addii.
Ormai, nell’arco di ...[continua]
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