In poco più di novanta minuti di navigazione fra isole, file di cargo in attesa di caricare e boe provviste di ripetitore per i cellulari, arrivi al porto di Shenzen, nella “mainland”.
Da un anno, non è più necessario fermarsi almeno un giorno ad Hong Kong per ottenere il visto nella caotica e costosa città passata alla Cina nel ’98, ora le formalità vengono rapidamente sbrigate allo sbarco. Bastano 30 euro ed una fotografia e l’efficiente doganiera ti infila con un sorriso il visto nel passaporto. “Welcome in China”, sussurra.
I passeggeri sono di due tipologie: uomini d’affari di ogni nazionalità, con computer portatile e telefonino sempre in funzione, o quadri cinesi mandati in vacanza-premio per fare shopping nella scintillante metropoli di Hong Kong, carichi di valige; anche questi urlano eccitati al cellulare.
La nostra meta non è Shenzen, la prima, e più conosciuta, zona economica speciale, da dove è partito il formidabile balzo economico della Cina, è invece Dongguan una città un centinaio di km più a nord. Con Guangzhou, più conosciuta come Canton, costituisce il triangolo industriale dove la produzione di ogni tipo di bene di consumo sta facendo tremare gli operatori economici occidentali, perlomeno quelli che non hanno ancora investito qui.
Sul piazzale della terra ferma l’aria calda e umida ti investe, appannando gli occhiali e appiccicandoti la camicia sulla pelle. Un viale di palme porta rapidamente verso l’autostrada, sorvolata costantemente da aerei che volano bassi dirigendosi verso il vicino aeroporto. Il traffico, intenso e apparentemente senza regole, è formato da auto, Tir carichi di merci, camion con squadre di operai seduti sul cassone, moto, ciclisti con moglie sul portapacchi, pedoni che attraversano serafici al centro dei rondò trascinando per mano i loro bambini. Tutti si immettono senza fermarsi e spetta a chi sopraggiunge il dovere di evitarli, con sterzate, rallentamenti, salti di corsia e strepiti di clacson. Anche il più smaliziato automobilista napoletano sarebbe in seria difficoltà, guidando su queste strade. Il nostro accompagnatore, un giovane manager di un’impresa italiana, che ci ha invitati a conoscere questo lato poco conosciuto della Cina, racconta divertito che firmando il suo contratto di lavoro gli è stato esplicitamente detto che l’assicurazione sulla vita sarebbe stata annullata nel caso in cui avessero scoperto che usava l’auto personalmente. Così viaggia in taxi o con il mezzo della ditta, provvisto di autista.
I cento chilometri di autostrada che congiungono Shenzen a Dongguan si srotolano lungo un’unica e ininterrotta teoria di capannoni industriali, molti in costruzione, attorniati da dormitori. Bulldozer scavano la terra rossa preparando le fondamenta di un nuovo insediamento mentre file di carpentieri si arrampicano su impalcature di bambù per ultimare l’impianto vicino. Tutto sembra molto nuovo e ordinato e, mentre la vista scorre su cartelloni pubblicitari con tutti i marchi conosciuti nel mondo -e qualcuno in più- capisci al volo, perché ci sei dentro fisicamente, che il futuro dell’economia è qui. Osservi da un’ora le fabbriche immense che si perdono quasi all’infinito, fin dove la vista arriva, e ti domandi per quanto tempo potrà resistere ancora l’industria da noi. E ti pare proprio che la partita sia persa…
Ogni tanto gli impianti industriali vengono interrotti da nuovi e lussuosi insediamenti residenziali. Li trovi quasi fuori posto, veri e propri villaggi chiusi, con una architettura sincretica, tutt’altro che sgradevole, che fonde stili coloniali, temi orientali della pagoda, con linee urbane molto occidentali. Hanno piscine, laghetti artificiali, impianti sportivi e parcheggi colmi di Bmw, Mercedes, Volkswagen Santana e Buick. Sono le abitazioni dei nuovi ricchi cinesi, della classe dirigente esplosa in questi anni, dei manager e imprenditori stranieri che vogliono anche il campo da golf a 18 buche: ne vedi più di uno, inaspettati.
Arriviamo al SamSaKai (Giardino del Nuovo Mondo), un complesso residenziale dove ...[continua]
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