Olimpia. Avevo 13 anni, quando ho conosciuto la professoressa Carla. Frequentavo una scuola media normale e un anno non ci sono andata. Io avevo dei problemi in famiglia che tu non hai idea. L’anno che dovevo fare la terza media, non ce l’ho fatta più. Era il periodo in cui mio nonno era in ospedale e io lo assistevo, stavo tutto il giorno vicino a lui. Lei un giorno venne e mi portò cinquanta euro, aveva pure comprato un pigiama a mio nonno. Mi disse: "Non preoccuparti, comprati qualcosa da mangiare”, perché io non lavoravo e insomma non avevo niente. Lei ha fatto di tutto per farmi prendere la terza media. Di tutto.
A un certo punto si è proprio imposta: "Mettiamo qualcuno vicino al nonno, però tu devi venire a scuola, che tu sei intelligente”. Dopodiché, ci hanno iscritto, a me e Valerio, all’Aciief a Sant’Anastasia, una scuola di formazione per diventare operatori alimentari e della ristorazione. Abbiamo fatto due anni. La professoressa Carla ci veniva a prendere la mattina e ci portava fino a Sant’Anastasia. Sennò noi non andavamo. Quello che lei voleva da noi era che le dessimo soddisfazione ncopp’â studio, che facessimo come si deve.
Dopo averla conosciuta sono come rinata. Ci portava anche fuori, mangiavamo la pizza insieme; a volte veniva pure Valerio.
Ricordo che in macchina cantava le canzoni napoletane antiche, "O’ Saracino”… Le piacevano molto. Però non sapeva parlare napoletano. Infatti ne ridevamo: "Professoressa, voi nun sapete parlare napoletano e io non saccio parlare italiano, come faccimmo?”, "Non fa niente, mangiati la pizza”.
Una volta finita la scuola abbiamo continuato a sentirci e vederci, io la chiamavo per sapere come stava e lei mi invitava fuori.
M’ha aiutato anche economicamente, che io non avevo i soldi, non tenevo niente, mi portava la spesa fino a casa. M’ha fatto di tutto, ma di tutto veramente. Era ’na femmina… nun saccio, nun saccio descrivere. Quello che ha fatto lei per me non l’ha fatto neanche mia mamma. Mia mamma era malata, aveva un tumore alle corde vocali, per cui non pensava troppo a noi. La professoressa Carla m’ha fatto peggio di una mamma, ma peggio.
Io mi sentivo come una figlia. Il 17 dicembre, e poi il 23 gennaio, era sempre lei la prima che mi tefonava e mi faceva gli auguri per l’onomastico e il compleanno. Questo è stato il primo anno in cui non mi ha fatto gli auguri il 17. Lei non si scordava mai. Questa malattia non se la meritava, quando le telefonavo proprio non sopportavo che tenesse una malattia. Anche mentre era in ospedale mi aveva detto: "Adesso non ti preoccupare, ti aiuto io a trovare un lavoro, andiamo assieme…”. Poi purtroppo…
Ma l’affetto che m’ha dato… e poi i problemi suoi non ce li ha mai trasmessi a noi. C’ha sempre sorriso. C’ha fatto di tutto. E’ stata una mamma. L’ho già detto, quello che mancava era solo il sangue. E poi niente cchiù.
Salvatore. Ho conosciuto la professoressa Carla il mio primo anno di superiori. A scuola non avevo difficoltà nello studio, ma nell’approccio con gli insegnanti: molto spesso non mi sentivo capito, anche se comunque i risultati riuscivo ad ottenerli, però questa sensazione di esclusione, di non essere capito, mi pesava tanto. Non riuscivo a dare il 100% di quello che almeno credevo di poter dare.
L’incontro con la professoressa Carla è stata la svolta della mia vita. L’ho conosciuta tramite Benito, un amico. Anche lui aveva avuto delle difficoltà, anche se di tipo diverso e allora mi aveva parlato della professoressa.
Io allora frequentavo un istituto alberghiero. Io amo studiare e avevo anche dei buoni risultati, però c’è stato un periodo in cui non sono stato bene. Purtroppo quando sono tornato non hanno voluto aiutarmi, nel senso di darmi il tempo di mettermi in pari e lì sono nati i problemi. E’ stata dura. Per me la scuola non era solo un obbligo da assolvere, ma un’occasione per crescere, capire, approfondire… In quella scuola non avevo trovato nulla di tutto questo.
Grazie alla professoressa Carla ho potuto accedere all’Ofis, Offerta Formativa Integrata Sperimentale, in pratica ero sempre in una scuola superiore in cui però i metodi di studio erano completamente diversi. Lì le persone volevano solo che io capissi delle cose e che dessi il massimo. E così è stato. Tant’è che ho concluso i tre anni di Ofis e poi ho continuato in un istituto normale di ...[continua]
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