Queste solenni parole sono risuonate nella sala, mettendo il sigillo al mio ultimo esame per il conseguimento della laurea magistrale in giurisprudenza all’Università di Catanzaro.
Solo che non mi è stato possibile recarmi all’Ateneo com’è concesso a tutti gli studenti, anche a quelli detenuti e condannati all’ergastolo cosiddetto ostativo. Ai quali, in ogni parte d’Italia, inclusa la vicina Cosenza pochi mesi fa, è stato concesso un permesso di qualche ora per sostenere la seduta di laurea. A me no. Nel mio caso tale possibilità è stata negata dal Giudice della Sorveglianza di Catanzaro, poiché, diversamente da molti suoi colleghi nel resto d’Italia, ritiene concedibile tale permesso solo per "eventi negativi” e non anche per "eventi positivi”. E quindi la laurea è stata celebrata in carcere. Nonostante i ventisette anni di detenzione ininterrotti, dopo il mio arresto all’età di diciannove anni, e un percorso trattamentale riconosciuto da giudici e operatori penitenziari, che farebbe ricredere anche il più scettico dei giustizialisti. Tutto questo nella civilissima Italia, che in campo internazionale si atteggia a paladina dei diritti umani.
E così ancora una volta l’ingiustizia si compie manifesta e la pena si correla non ai principi stabiliti dai codici o dalla Costituzione. Ma dipende dal luogo in cui ti ritrovi a espiare la pena. Il mio caso è emblematico, sono la dimostrazione vivente in cui tutte le antinomie (negate da alcuni) insite nella pena dell’ergastolo deflagrano in tanti irrecuperabili pezzi.
Venerdì 22 aprile 2016, ore 11.00 entro nella sala teatro e con mia grande sorpresa scopro che la dottoressa Paravati, direttrice della Casa Circondariale di Catanzaro, l’ha rivoluzionata per l’occasione. All’interno dell’ampia sala le vele di un ampio gazebo nascondono altre sorprese. Sul palco è stato preparato un lungo tavolo per i nove componenti della Commissione esaminatrice… Scorgo all’entrata della sala i miei familiari. Vederli tutti insieme, per la prima volta dopo ventisette anni, è una sensazione indescrivibile. Poiché anche se ci vediamo ai colloqui mensilmente, questi incontri possono avvenire al massimo tra quattro persone. Invece, oggi ci sono quasi tutti…
Discuto la mia tesi, mi lasciano parlare per tre quarti d’ora. Tema: l’ergastolo ostativo. Le conclusioni a cui giungo sono che l’ergastolo ostativo, essendo il risultato di un imprevedibile mutamento giurisprudenziale sfavorevole dell’art. 4bis.1 op, che si è affermato intorno al 2008-2009, non possa essere applicato retroattivamente, e pertanto dovrebbe essere regolato dal regime precedente. Ossia in caso di concorrenza di delitto ostativo col delitto omicidiario punito con l’ergastolo, previo scorporo della pena espiata relativa al delitto ostativo, si dovrebbe ammettere ai benefici penitenziari per la pena relativa all’ergastolo secondo il regime più favorevole previsto per i delitti di "seconda fascia”, cioè dell’attuale comma 1ter dell’art. 4bis op., che non prevede alcuna condizione collaborativa e per i collegamenti con la criminalità organizzata, pone l’onere della dimostrazione al Pm.
"Professore, vorrei concludere sottolineando che per superare l’ergastolo cosiddetto ostativo, non c’è bisogno di nuove leggi. È sufficiente rispettare le leggi esistenti… affermando l’irretroattività al 2008-09, della nuova interpretazione sfavorevole dell’art. 4bis.1 op...”. "Bene, bene, per noi basta così”. Aspettavo da tanto tempo qualcuno con cui confrontarmi e che comprendesse quello di cui parlo. Durante il discorso ho intravisto più di qualcuno che si commuoveva. Anch’io ho dovuto farmi forza per non cedere.
E sorprese in questo giorno ne ho avute tante… Alla fine, vedo salire sul palco un mio compagno, Francesco, che inizia a leggere una lettera preparata collettivamente. Una lettera molto bella che riporto:
"Congratulazioni, amico mio, e come dici sempre tu ‘l’amicizia risiede dove la comprensione e l’inspiegabile s’incontrano’. Congratulazioni da parte di tutti noi. Hai raggiunto un risultato importante, con abnegazione e sacrificio. Sacrificio se permetti anche nostro, viste le ore a cui di volta in volta hai costretto qualcuno di noi ad ascoltarti ripetere prima degli esami. Conoscendoti, sono sicuro che questo non è un punto di arrivo, ma solo di partenza, verso nuovi trag ...[continua]
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