Peter Mair, Governare il vuoto
La prima bordata di executive orders e lo scontro duro, difficile da accettare, imbarazzante da vedere, con le reti e la stampa di Donald Trump e dei suoi portavoce, subito dopo l’insediamento, ha reso evidente a tutti che le aspettative ottimistiche e le valutazioni concilianti sul nuovo Presidente degli Stati Uniti sono del tutto infondate. In rapida successione sono stati confermati il blocco ai finanziamenti all’Obamacare, la costruzione del muro ai confini con il Messico, il blocco degli arrivi da sette paesi islamici in guerra, il sostegno agli insediamenti illegali di coloni israeliani in Cisgiordania, le tariffe sulle importazioni, gli oleodotti, i vantaggi per chi produce in America, la revoca dei trattati cosiddetti di libero scambio, come promesso in campagna elettorale. E si legge di trattenute sulle rimesse degli immigrati messicani o di una tassa del 20% sulle importazioni per coprire i costi del muro. Non è detto che tutto ciò che è stato firmato sia realizzabile; non è detto che i paesi colpiti, come il Messico, o l’Australia, accettino senza reagire. Almeno i paesi più forti i mezzi li hanno; spazio politico ce n’è. Non è detto che le conseguenze pratiche delle decisioni prese siano quelle previste. Certo le aziende si sono rapidamente allineate -vedi Marchionne, Google- e non c’è una fronda visibile tra i Repubblicani, che del resto, come già ho ricordato, sono cambiati negli anni e hanno rappresentanti anche più intollerabili di Trump (vedi la "London Review of Books” n.15, 2016, Eliot Weinberger sugli undici candidati sconfitti alle primarie).
Lo scontro coi media -non solo la Cnn, ma, indirettamente, anche la Bbc- è in pieno svolgimento. Più delle menzogne di Trump, che confermano i comportamenti della campagna elettorale, è impressionante l’inflessibile, sconvolgente, sostegno dei portavoce, che la Bbc ha messo a confronto diretto, sullo stesso schermo, con in critici e con le foto degli eventi cui si fa riferimento. In Italia abbiamo avuto deformazioni altrettanto gravi, o più gravi, senza la resistenza di giornalisti importanti. Dato l’ampio numero di paesi che hanno sistemi di informazione monopolizzati dai governi, dalla Russia, alla Cina, alla Turchia, alle varie dittature disseminate per il mondo, l’esito del confronto ci riguarda tutti, anche se facciamo bene a non aggrapparci a resistenze altrui. Il first di America first in tedesco si può tradurre über alles.
Gli sviluppi possibili
Più delle parole della propaganda conteranno i fatti, economici, politici e militari; e i concetti, i principi in base ai quali potremo comprendere le tendenze di fondo, distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è, opporci alle scelte insopportabili, cercare e trovare alleati. È possibile che gli schieramenti del recente passato, pro o contro l’euro, pro o contro l’Unione Europea, siano semplicemente cancellati, senza il nostro intervento, come sta avvenendo per i trattati cosiddetti di libero scambio, cioè dominati dalla finanza internazionale. A rompere gli equilibri può essere lo Stato più forte, come sta avvenendo con Trump. A minacciare di uscire dall’euro, o dall’Unione, potrebbero essere la Francia, o la Germania, per uno sconvolgimento elettorale e durante una possibile guerra commerciale. Dovremmo avere proposte più articolate della alternativa tra adesione, entusiasta o critica, all’Europa com’è e il rifiuto totale. Dobbiamo avere una risposta alla degenerazione della democrazia un po’ dovunque ma soprattutto in Ungheria e Polonia e alla possibile crisi ai confini orientali, la cui gestione è stata delegata alla forza militare americana.
Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, per ora, ci sono state le risposte politiche di Sanders e di Corbyn, in un quadro di riflessioni forse più articolate e approfondite che da noi. In Italia, scomparsi Marcello De Ce ...[continua]
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