Colpisce anche la povertà dei mezzi usati. L’affitto del furgoncino per un giorno sarà costato qualche decina di euro. I coltelli non sono una rarità. Avevano cinture esplosive finte. Non avevano armi da fuoco. Gli oggetti più pericolosi che avessero, oltre a ciò di cui quasi tutti dispongono -un’automobile- erano le bombole di gas, che non hanno maneggiato con prudenza, tanto da farle esplodere mentre le preparavano. Non si proponevano di morire in ogni caso, non cercavano la bella morte, perché l’attentatore superstite del giorno dell’attentato, e anche maggiore omicida, Younes Abouyaaqoub, il pilota di Barcellona, ha cercato di fuggire. Hanno mostrato grande ferocia e disprezzo per la vita altrui. Forse per loro portano il lutto solo le loro famiglie, che non li approvavano. Ma sono stati ammazzati in cinque da un solo poliziotto perché, in un conflitto a fuoco, non avevano armi adeguate. Come non le aveva il fuggiasco Younes.
Stando a ciò che sappiamo ora, tranquilli a casa nostra, si potrebbe dire che i poliziotti li hanno condannati a morte senza processo; e senza sapere di farlo. Il comportamento degli agenti è del tutto comprensibile, ma forse non inevitabile. Il poliziotto finlandese ha sparato alle gambe all’attentatore di Turku, che era solo e armato di coltello.
I genitori di cui i giornali hanno parlato hanno cercato di trattenere i figli prima, di invitarli alla resa poi. Sembra di trovarsi davanti a giovani che vivono in famiglia ma non comunicano con i genitori. Comunicano e si riconoscono in un gruppo di pari di cui condividono le idee e i programmi. Negli anni Settanta avremmo detto che non sono "entrati in clandestinità”. Sono giovani appena usciti dall’adolescenza, senza prospettive, in un mondo pieno di guerre e di incitamenti alla guerra, senza particolare formazione religiosa. Alcuni loro coetanei, italiani di cittadinanza e di origine, anche loro senza prospettive, ma senza modelli e ideologie violente, si limitano a sbronzarsi. Ma qualche volta ammazzano la fidanzata, o il barbone, l’invalido, lo straniero.
Anche altri attentatori -in Francia, in Inghilterra - hanno usato mezzi poveri. Qualche volta hanno colpito solo militari. Quasi sempre hanno mostrato una singolare inefficienza. Niente di paragonabile alla competenza, alla perfezione organizzativa, dei piloti dell’undici settembre di 16 anni fa. Non si capisce perché un assassino che non si proponga di suicidarsi ma solo di uccidere non lasci appena può l’auto, danneggiata e riconoscibile, con cui ha investito dei militari; e non se ne vada, magari a piedi, o in bicicletta.
A me sembra importante capire cosa muove questi giovani nostri vicini, spesso nostri concittadini europei, perché capirli è l’unico modo per cercare di indurli a scegliere modi diversi dall’assassinio per esprimere il proprio disagio, le proprie rivendicazioni, magari per cambiare il mondo insieme. O per sconfiggerli, se la comunicazione con loro e la pace risultassero impossibili.
Qualche mutamento evidente
Anche tra gli assassini del Charlie Hebdo c’erano due fratelli, i Kouachi, ma erano adulti; avevano 35 e 33 anni. Ed erano molto più organizzati. La tendenza ad attaccare militari armati senza armi da fuoco e l’età molto giovane sono due novità. Come lo è quella che sembra scarsa esperienza nel maneggio degli esplosivi. Anche gli attentatori di questo 15 settembre della metropolitana di Londra, per fortuna, non sono stati efficienti.
Non è stata imitata l’uccisione di padre Jacques Amel, il vecchio frate di 86 anni, ucciso nella sua chiesa, vicino a Rouen, il 26 luglio dell’anno scorso. Si può pensare che un giovane ribelle, che vuol fare la guerra a quelli insieme a cui vive, non si esalti all’idea di ammazzare un vecchio prete, pacifico e inerme, anche se di una religione diversa dalla sua. Ma che invece trovi esaltante l’essere Davide che affronta Golia; la fionda contro la forza soverchiante e la spada; il coltello contro i mitra e le pistole. Si può pensare a una mobilitazione basata sulle idee e su esempi violenti, a partire dal disagio, dall ...[continua]
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