Quel mercoledì dell’appuntamento sto tornando dal bar nel primo pomeriggio, e vedo malamente parcheggiato sul marciapiede il bel furgone fiammante di una nota impresa di trasporti che spesso ci porta pacchi o consegne. In studio la persona che ha chiesto l’appuntamento è già arrivata, il furgone fuori dello studio è il suo: è una donna rumena di circa trent’anni, con il suo bambino di alcuni mesi (si giustificherà subito dicendo che non ha modo altrimenti di avere aiuto, il marito connazionale è suo dipendente ed è in giro con un altro camioncino), e mi mostra subito la lettera che ha ricevuto. La lettera è di uno studio legale in cui un collega rivendica a nome di un lavoratore il pagamento "brevi manu” di differenze retributive a titolo di straordinari non pagati, compensi non corrisposti, quota Tfr per… 3.000 euro. Rimango un poco stupito dal fatto che venga chiesta una somma così "netta”, quando di solito quantomeno i conteggi sono sempre analitici e pieni di virgole, ma un poco sospettoso chiedo se quel lavoratore indicato nella lettera fosse regolarmente assunto. Certo, mi dice la signora Tania, e mi mostra un regolare contratto a tempo indeterminato per 40 ore mensili quale autista, e la lettera di dimissioni del lavoratore per giusta causa perché… voleva le differenze retributive pari a 2.000 euro (ancora una strana cifra tonda tonda!). Sempre più stupito, chiedo di vedere le buste paga del lavoratore, e mi accorgo che mediamente questi risultava lavorare non più di due, qualche volta tre giorni la settimana e per non più di quattro-cinque ore al giorno, con una forte incidenza sulla busta stessa della voce "Trasferta Italia” (che com’è noto è una voce che viene a volte inserita e "ingrassata” per non pagarci contributi). La busta paga di conseguenza non risultava mai "piena” rispetto al contratto di lavoro (40 ore settimanali come da pattuizione) ma ridotta rispetto all’effettiva (?) prestazione. Il lavoratore avrebbe potuto di conseguenza chiedere l’intera retribuzione (per le 40 ore) ma non l’aveva mai fatto… pagato forse in nero? Quindi, chiedo alla Signora Tania ulteriori delucidazioni.
La Signora Tania mi racconta che lavora in subappalto per l’impresa di cui ho ammirato il logo (una delle maggiori italiane) sul grosso furgone parcheggiato fuori dallo studio (che lei evidentemente guida con il bambino di pochi mesi al fianco); mi mostra un contratto con questa ditta che contiene le seguenti clausole: a) per ogni giornata di trasporti da questa ditta riceve un compenso di 150 euro lordi; b) non le viene garantita la sicurezza di lavorare tutti i giorni, ma ha l’obbligo di essere sempre disponibile nei confronti di questo committente; c) il contratto contiene altresì l’obbligo di assumere a tempo indeterminato e regolarmente eventuali lavoratori dipendenti, impegnandosi a versare i relativi contributi previdenziali. Mi racconta che per far quadrare i conti lei, in accordo con il marito, ha costituito una Snc di cui Tania risulta titolare, ha comprato in leasing (agevolato… da chi?) tre furgoni, uno lo guida lei, uno il marito e uno un altro autista, ambedue "dipendenti”, ma che anche così, con tre furgoni disponibili, fa fatica a far quadrare i conti alla fine di ogni mese. Mi dice anche che alcuni commercialisti (non meglio identificati… consigliati dal committente?) le hanno assicurato che è tutto in regola e che fare buste paga siffatte va bene.
Per meglio chiarirle e chiarirci le idee vediamo che cosa si intende dal punto di vista normativo per "attività di autotrasporto”: questa è definita come la prestazione di un servizio, eseguita in modo professionale e non strumentale ad altre attività, consistente nel trasferimento di cose di terzi su strada mediante autoveicoli, dietro il pagamento di un corrispettivo. Per "vettore”, invece, si intende l’impresa di autotrasporto iscritta all’albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto di terzi, o l’impresa non stabilita in Italia abilitata a eseguire attività di autotrasporto internazionale o di cabotaggio stradale ...[continua]
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