La storia di Annemarie Wolff-Richter, psicologa infantile, pedagogista, resistente antinazista, che negli anni Venti, nel clima di apertura di Weimar, dirigeva a Berlino un Kinderheim, una casa per bambini sperimentale, basata su un’educazione non costrittiva; un esempio studiato dagli psicologi adleriani tedeschi; una casa che in seguito divenne un riparo per ragazzi “disadattati”, bambini ebrei e figli di comunisti. Di Christiane Hoess e Carla Manzocchi.
"Sono una chioccia con tanti piccoli”: così si definisce Annemarie Wolff-Richter in una delle ultime lettere. Fu psicologa infantile, pedagogista, resistente antinazista, ma l’amore e la dedizione per i bambini rappresentano il vero segno distintivo della sua vita. Per tratteggiarne la figura partiamo da un luogo, via Oranienburger, a Berlino. E da un anno, il 1929.
"Entrai con i miei genitori in una stanza dall’arredo ridotto all’essenziale: era lo studio di Annemarie, una donna giovane, neanche tanto bella, sportiva, un po’ mascolina, aperta agli altri e molto simpatica”: è il primo incontro tra una bambina di sei anni e Annemarie Wolff-Richter, la direttrice del Kinderheim di via Oranienburger 53, a Frohnau, sobborgo a Nord della capitale tedesca, oggi periferia della città. Fu amore a prima vista, scrisse molto tempo dopo quella bambina, Giovanna Strich1. è il ’29, lo dicevamo, anno cruciale nella storia della Germania e dell’Europa. Annamarie ha ventinove anni e collabora con la Società per la psicologia individuale di Berlino, che fa riferimento alla Scuola di Alfred Adler. Ha aperto la sua comunità per bambini da poco più di due anni. "Una casa a due piani, gialla, circondata da un giardino” racconta Giovanna. "Eravamo una felice e allegra compagine di amici che cresceva in libertà sotto l’occhio vigile di Annemarie. In quella casa era come se ci fosse sempre il sole”. Oggi al numero 53 di via Oranienburger una pietra d’inciampo ricorda la vita coraggiosa e altruista di Annemarie Wolff-Richter, finita tragicamente nel campo di concentramento croato di Jasenovac. è una storia poco conosciuta, che viene alla luce nei suoi particolari grazie all’accurato lavoro negli archivi di famiglia della ricercatrice Marina Sindram2.
Annemarie nasce il 27 luglio del 1900 a Breslavia, nella Bassa Slesia, da una famiglia di commercianti di spezie. Dopo il diploma al Kunitz Malberg Lyzeum, nel 1920 si trasferisce a Berlino. La capitale della Repubblica di Weimar attira in quegli anni intellettuali da tutt’Europa, gode di un clima stimolante, creativo, aperto alle idee nuove. La giovane Annemarie vorrebbe iscriversi alla Facoltà di medicina, ma le scarse risorse finanziarie dei genitori non lo permettono. Studia allora come assistente radiologa e contemporaneamente fa un incontro determinante per la sua vita: conosce il neurologo adleriano Fritz Künkel, fondatore della Società per la psicologia individuale, filiale dell’associazione omonima sorta a Vienna una decina di anni prima. Annemarie si avvicina alla nuova psicologia, studia, si appassiona, poi comincia a lavorare occupandosi di nuclei familiari con minori, alcuni dei quali sofferenti per traumi prodotti dalla Grande guerra. L’approccio della studiosa è attento "tanto ai bisogni dei bambini quanto alle esigenze di una società democratica”.
Annemarie ha ventisei anni quando intraprende il suo primo progetto autonomo, il "villaggio per bambini di Hermsdorf”, a Nord di Berlino. Il quotidiano Berliner Börsen-Courier ne parla in questi termini: "Seguaci tedeschi di Freud e Adler hanno creato in mezzo ai boschi una casa per ragazzi e ragazze disadattate. Accoglie bambini che causano difficoltà insormontabili ai genitori e sono in costante conflitto con l’ambiente circostante”3. è l’aprile del 1926. Annemarie, assieme a Fritz Künkel, ha avuto l’idea di far nascere in città una nuova istituzione, non un riformatorio ma un Kinderheim. Annemarie avrebbe diretto la casa e Künkel supervisionato il lavoro. Siamo agli albori della psicologia moderna, e il profondo interesse che circonda l’iniziativa è dimostrato dall’ampiezza dell’articolo, che si conclude con questa osservazione: "La teoria psicanalitica -nessuno che la segue lo nega- presenta ancora delle lacune. Nel Kinderheim troviamo un campo sperimentale, che promette successi futuri”. Pochi mesi dopo l’inaugurazione del villaggio di Hermsdorf, alla fine del ’26, Annemarie si trasferisce con i suoi bambini in un edificio più spazioso, la casa a due piani di Frohnau, una palazzina bifamiliare con giardino. A piedi si raggiungevano i boschi con le dune, paesaggio tipico dei dintorni di Berlino.
La casa di Frohnau accolse fino a quaranta bambini e ragazzini contemporaneamente. Le età andavano dai 5 ai 10 anni, alcuni erano anche più grandicelli. C’è chi restava per anni, chi per mesi. Nel Kinderheim si viveva insieme, senza barriere di alcun tipo, fianco a fianco "fratelli” e "sorelle” di età e car
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