Volti tesi, sguardi circospetti e molti posti liberi sul volo per Kiev. D’altronde non può che essere così dopo l’abbattimento del Boeing delle aviolinee della Malaysia nei cieli dell’Ucraina orientale avvenuto solo poche ore prima. Per tutto la notte ero rimasto incollato allo schermo della televisione per carpire qualche aggiornamento sugli ultimi sviluppi della situazione, ma solo una telefonata di Kyryl dalla capitale mi aveva indotto a partire infischiandomi delle notizie non certo rassicuranti provenienti dall’ex repubblica sovietica. Hostess fin troppo gentili e sorridenti a bordo con i passeggeri che all’atterraggio, rispolverando antiche abitudini, sfogano la tensione con un lungo e convinto applauso liberatorio. Da quattro mesi l’Ucraina è in guerra ma non vuole ammetterlo. Governo e media parlano di operazioni anti-terrorismo nelle regioni orientali, ma il conto dei morti in continua evoluzione e il crescente numero degli sfollati ribalta la versione ufficiale sul conflitto impantanato nei territori del Donbass. Peraltro, anche il tono delle dichiarazioni ha perso ogni prudenza diplomatica confermando che allo scontro di accuse fra Kiev e Mosca corrisponde, purtroppo, l’incancrenimento dei combattimenti tra le forze governative e le milizie pro-russe. Nella capitale, però, la vita scorre all’apparenza tranquilla anche se il paese è sull’orlo del baratro sia dal punto di vista economico che da quello sociale con una situazione politica all’insegna dell’instabilità cronica.
L’elezione a presidente del magnate del cioccolato Petro Poroshenko a maggio non è stata sufficiente a raddrizzare le sorti di uno stato ancora profondamente lacerato dagli scontri che a inizio anno avevano portato alla caduta del regime di Yanukovic. L’Ucraina ha un bisogno urgente di riforme ma le uniche riforme adottate sono state quelle imposte dal Fondo Monetario Internazionale che per rimettere in sesto le disastrate casse dello stato ha vincolato i prestiti a una rigida disciplina di bilancio. Le forze politiche, intanto, non cessano di rimbeccarsi accentuando la debolezza di un governo che sopravvive solo perché in questo momento il paese non può permettersi di rimanere senza. Dietro le quinte, però, fervono i preparativi per le elezioni anticipate. L’attuale parlamento, infatti, rispecchia ancora in buona parte vecchi equilibri di un quadro politico oggi completamente mutato. E nuove forze politiche si affacciano sulla scena sulla spinta delle richieste di cambiamento radicale e genuino rinnovamento provenienti dalla grande mobilitazione di Piazza Majdan.

Il quartier generale di Volja si trova all’ultimo piano di uno stabile che fronteggia l’edificio a tinte forti che ospita la Banca Centrale di Ucraina. C’è un intenso via vai di giovani che si muovono frenetici tra una stanza e l’altra nella sede di questa nuova formazione politica il cui nome nell’idioma locale vuol dire sia "libertà” che "volontà”. Iegor Soboliev mi accoglie con un caloroso abbraccio mentre ci raggiunge anche Rebecca Harms, l’eurodeputata tedesca che accompagno. Iegor è stato uno degli animatori della prima ora del movimento spontaneo che ha portato all’occupazione del Majdan. Erano studenti, intellettuali, associazioni di cittadini e gente comune senza etichetta quelli che rivendicavano alla fine di novembre dello scorso anno nella grande piazza della capitale un taglio netto con il passato. Poi, in un secondo momento, si sono sovrapposti alla protesta i partiti di opposizione mal sopportati dai primi dimostranti che li consideravano corresponsabili del naufragio del paese. È in questo contesto che nasce Volja, dalla voglia di sbarazzarsi della vecchia politica per dare vita ad un nuovo corso, dal desiderio di imprimere una svolta di democrazia e trasparenza nella gestione corrotta e torbida degli affari dello stato. "Basta con le ideologie, l’Ucraina ha bisogno di una competizione politica fondata sui programmi”, attacca Yuri, membro della segreteria, durante l’incontro che si tiene nella piccola sala riunioni. Continua, quindi, Iegor che illustra i cinque punti della piattaforma del partito "Al primo posto senz’altro la ‘lustrazione’, cioè l’epurazione dall’amministrazione pubblica dei personaggi e dei politici più compromessi del vecchio regime che si sono macchiati di gravi misfatti e poi nell’ordine la liberalizzazione dell’economia, la riforma dell’esercito, nuove leggi di auto-governo e democrazia diretta e la riforma del setto ...[continua]

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