Si ritorna sempre a parlare di anni ’80 e delle trasformazioni sociali e politiche avvenute allora. Tu come la vedi?
Non è vero che Forza Italia è stata fatta in tre mesi.
E’ stata fatta in tre mesi dal punto di vista organizzativo, ma alle spalle ha un’incubazione che è totalmente dentro gli anni ’80
Il giudizio sugli anni ’80 mi sembra che ritorni un po’ come un elemento ricorrente all’interno delle tematiche della vostra rivista. Ed è evidente che dopo la fibrillazione, dopo la febbre politica degli anni ’70, dopo quei grandi progetti di trasformazione, ci dovesse essere una pausa, un qualche modo di tirare il fiato. Ma pure l’Italia che il 18 aprile 1948 votò la democrazia cristiana non era soltanto anticomunista, filofascista, voleva anche tirare il fiato dopo la guerra, la resistenza. Il corpo sociale ha una sua fisiologia, tu non puoi pretendere da un popolo di restare sempre al di sopra degli eventi. In fondo negli anni ’70 si pensava che nel conflitto la persona dava il meglio di se stessa, è nel conflitto che si attinge alle energie migliori, alle più riposte, alle più profonde, dove si è in grado di formare un’identità non di compromesso, di appiattimento, di tirare a campare. Ci sono fasi in cui tu puoi chiedere alla gente di essere così e quindi di riconoscersi in una sorta di minoranza eroica, ci sono delle altre fasi in cui questo non è possibile, in cui, quella che è l’Italia profonda riemerge.
Gli anni ’80 hanno sicuramente questo aspetto fisiologico rispetto alla nostra storia. Però poi basta. Perché al di là di questo scenario che tiene più alla psicologia collettiva, gli anni ’80 sono veramente un buco nero nella coscienza civile, anni in cui si consuma il dramma della separazione del sociale dal politico, in cui saltano tutti i meccanismi di confronto e il politico diventa totalmente autoreferenziale, i partiti guardano solo a se stessi, il loro linguaggio si rivolge solo al loro interno... quando dico politica lo dico in senso lato, tutta una classe dirigente che in qualche modo si è rinchiusa in se stessa, buttando via il bambino con l’acqua sporca. Buttando via un modello di organizzazione della politica, che certo era un modello invasivo, a volte anche repressivo rispetto all’autonomia, rispetto all’aggregazione dal basso, che però aveva una forte carica pedagogica. E quella è poi l’identità forte della sinistra, il suo patrimonio genetico: conoscere la realtà per trasformarla, non per aderirvi. E’ un vecchio progetto giacobino, di artificialismo della costruzione della società, dove le identità e le appartenenze sono quelle che l’agire politico riesce a costruire, non quelle naturalistiche così come si sono determinate.
In questo senso Berlusconi, Forza Italia, rappresentano appunto un altro modello di relazione con il sociale: quello di assecondarlo nella sua naturalità. Il messaggio della Lega è quello: la tua appartenenza è la più giusta possibile, e quindi ti consente immediatamente.... E’ poi, se vuoi, la logica, in Berlusconi, non nella Lega, del venditore: assecondare la tendenza così com’è, cercando semplicemente di conquistare il consenso, senza entrare dentro i meccanismi di sedimentazione dell’identità.
La sinistra, negli anni ’80, abbandona questo ruolo pedagogico. Oltre alla forma partito, PCI, eccetera, tutte quelle cose di cui valeva la pena liberarsi, abbandona anche questo compito fondamentale, questo ruolo di una pedagogia, se vuoi anche autoritaria, nei confronti di una società, che però lasciata a se stessa viene abbandonata alle sue pulsioni più devastanti.
In questo deficit dell’agire politico, nel fatto che i partiti perdono di vista completamente la nozione del bene comune e si avviluppano in questo nodo di interessi, di affari, veramente disgustosi, in questo, credo, si sia veramente consumata una vera e propria tragedia. Il ruolo del PSI, di Craxi, nel consegnarci questa Italia, è stato veramente terrificante, perché Craxi ha reso paradigmatica questa tendenza. Questa tendenza c’è sempre stata nella DC, ma nel farla diventare il paradigma assoluto di riferimento solo Craxi poteva riuscirci.
Da questo punto di vista è stato veramente l’avvelenamento dei pozzi nella comunità rurale. Rendendo impossibile la comunicazione fra la politica e il sociale, ha abbandonato il sociale a se stesso. E tieni presente che il sociale, liberato dalla po ...[continua]
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