In questo autunno ’94, oltre a grandi questioni di bioetica come la liceità della sperimentazione nei confronti di persone impossibilitate a dare il loro consenso -bambini, persone handicappate o totalmente incapaci o incoscienti per motivi di salute o anche di età- o come la necessità di darsi regole e leggi che disciplinino limiti e condizioni dei trapianti, è diventata di grande attualità la questione della brevettabilità di materia vivente.
Se n’è occupato il Comitato Italiano di Bioetica, ma purtroppo non conosco ancora le sue raccomandazioni. Da quel che ho letto sui giornali, si sarebbe espresso per una brevettabilità moderata, che penso significhi ammettere la brevettabilità per animali e piante e non escluderla del tutto per l’uomo. Se ne occuperà certamente una convenzione europea di bioetica, promossa dagli stati aderenti al Consiglio d’Europa, che dovrebbe proporre una legge quadro per arrivare a un trattato internazionale, che bisognerà poi vedere da quanti stati sarà firmato. Se ne sta occupando l’Unione Europea che sulla tutela legale delle invenzioni biotecnologiche vuole emanare una direttiva, una legge, che per diventare, questa sì, obbligante nei confronti dei legislatori nazionali, deve poi essere approvata dal Consiglio dei ministri degli stati e dal Parlamento europeo. E se finora questa direttiva sulla tutela legale delle invenzioni bio-tecnologiche non è passata è perché il Parlamento europeo si è opposto, in particolare alla brevettabilità dell’uomo. Ma non è detto che questa posizione regga, perché la maggioranza qualificata, nel febbraio scorso, è stata raggiunta grazie a un pentimento all’ultimo minuto dell’Italia.
Allora, di che si tratta? Premetto che non sono un esperto, quindi non aspettatevi da me le cose che potrebbe dire un medico o un biologo o qualcosa del genere.
Credo che la questione che si sta trattando sia essenzialmente quella di quanto la trasmissione della vita, sia umana sia delle piante sia animale, avvenga secondo natura e quindi anche con tutti gli imprevisti, con tutte le imperfezioni, con tutte le correzioni e le modificazioni molto lente che la natura sin qui ha saputo generare, o se, viceversa, la trasmissione e la creazione di vita debba avvenire secondo criteri di utilizzabilità e quindi secondo standard di perfezione che in qualche modo possiamo fissare. Per esempio, gli standard di perfezione che possono essere ricercati nel caso delle piante possono riguardare la grandezza maggiore del frutto, la maggiore vistosità, una maggiore difesa contro parassiti, oppure la loro adattabilità a qualunque clima o, ancora, una maggiore altezza del fusto per permettere il passaggio del trattore o forme di raccolta meccanica, o la mancanza di noccioli che nella lavorazione disturbano. In pratica, cioè, quello che si chiede alle piante modificate geneticamente è che portino molti frutti e che diano poco disturbo e poco lavoro, che siano industrialmente ben lavorabili. Una volta che le piante possono essere ricreate secondo criteri di desiderabilità industriale o commerciale evidentemente il campo della loro brevettabilità è aperto.
Per gli animali vale sostanzialmente lo stesso discorso. Già oggi la riproduzione dei bovini, e in larga parte anche dei suini, avviene del tutto artificialmente attraverso la raccolta di seme e l’inseminazione artificiale ai fini di una programmazione degli animali secondo criteri anche qui di desiderabilità industriale e commerciale. Di un animale che non deve affrontare un’intera vita non interessano più caratteristiche come quella di essere resistente in condizioni avverse, di sapersi difendere, ma quelle di avere molta carne e poco grasso o quella di crescere in fretta eliminando tutto il tempo improduttivo nella sua vita.
Per quanto riguarda l’uomo, tutto ovviamente fa rabbrividire molto di più, perché una volta che si accettino criteri eugenetici, di definizione del tipo di umani che si vogliono mettere al mondo, è chiaro che chiunque abbia il potere di definizione potrà sbizzarrirsi. Qualcuno potrà dire che certi uomini devono essere muscolosi, che se sono destinati ad essere operai devono essere molto resistenti e magari potrebbero essere progra ...[continua]
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