Tu vedi i prodromi dell’attuale catastrofe algerina già ai tempi dell’indipendenza e vedi quasi una consequenzialità fra le scelte fatte dall’Fln dopo la rivoluzione e l’attuale integralismo fanatico islamico. Puoi spiegarci?
Il punto chiave è capire la situazione nel 1962, anno dell’indipendenza. La colonizzazione in Algeria era stata molto capillare, con una percentuale di presenze europee fortissima: ad Algeri tre quarti della popolazione erano di origine occidentale. La popolazione locale era in parte cristiana, in parte ebrea ed in parte mussulmana, meno frequentemente atea perché il rapporto con il religioso era molto forte; comunque molto variegata. Inoltre non era solo araba, perché oltre agli arabi c’erano, e ci sono, i berberi che sono sì una minoranza, ma che è pari a un quinto della popolazione algerina.
Non c’era un’identità nazionale algerina. Prima del colonialismo, durante l’impero ottomano, se chiedevi ad un algerino “cosa sei?”, lui rispondeva “sono mussulmano”, o “sono cristiano”: l’identità era data dall’appartenenza al gruppo linguistico o religioso o, nelle campagne, al clan o alla tribù, non certo da una identità nazionale.
Dal punto di vista della lingua -e quanto sia importante la lingua per la connotazione nazionale ce lo dice il ruolo che essa ha avuto nella definizione di nazione in Europa- possiamo dire che non esiste una lingua nazionale algerina, ma che ne esistono diverse.
L’arabo ha la caratteristica di non essere una lingua unica: da una parte c’è una lingua scritta, che viene definita tra l’8° e il 10° secolo, durante l’impero abbaside, e viene imposta in tutti i territori conquistati in quanto lingua islamica, divenendo la lingua ufficiale della cultura e dell’amministrazione, ma che la gente non parla. Dall’altra parte ci sono vari dialetti arabi parlati che si diffondono all’epoca della conquista e che, mischiandosi alle lingue delle popolazioni locali, danno origine a lingue estremamente aperte, dinamiche e vitali che cambiano continuamente, a maggior ragione perché non scritte. Tra l’altro le donne, che sono escluse dal sistema pubblico e non possono scrivere, parlano, e parlano questa lingua corrente, che cambia, usandola sia per trasmettere la tradizione più legata alla gente, alla vita delle persone, sia per mantenere la fortissima tradizione orale delle tribù nomadi dell’ante-islam.
I berberi, poi, parlano la lingua berbera, che è una lingua vera e propria, per molto tempo anche scritta, comunque mantenutasi come lingua parlata nonostante le forti pressioni dell’arabo e la marginalizzazione subìta dalla cultura berbera una volta che i berberi si allontanarono dalle zone costiere ricche di commercio per rifugiarsi nelle zone montagnose dell’Atlante.
Come lingua dell’amministrazione, dopo la conquista ottomana, cioè dal 16° al 19° secolo, i turchi, proprio come mezzo di coercizione, imposero il turco, che verrà poi soppiantato dal francese, imposto dal colonialismo. Ma attenzione, il francese si diffonde anche come lingua di cultura perché i francesi, malgrado non facciano nulla per combattere l’analfabetismo e, anzi, cerchino di non invogliare le popolazioni locali ad andare a scuola, francesizzano anche il sistema scolastico e a quel punto i missionari formano una serie di scuole che diffondono l’istruzione, soprattutto in ambito femminile. Le prime donne che vanno a scuola nei paesi arabi vanno nelle scuole di suore perché le suore danno affidamento, hanno il velo anche loro e non vengono vissute né come rivali né come rappresentanti dell’Occidente che viene a imporsi, ma come donne che hanno gli stessi valori. Quindi questo francese che si impone, anche se marginalmente, nell’istruzione, comincia a veicolare dei valori molto forti dell’Occidente, non quelli imposti dal colonialismo soffocante, ma quelli accomunanti, primo fra tutti il valore dell’istruzione, quelli dell’illuminismo, della ragione, della scientificità, della emancipazione femminile, dei diritti delle minoranze.
Sono valori in parte anche trasportati da gente di buona volontà, da occidentali che vivevano con onestà quello in cui credevano, qualsiasi fosse la loro appartenenza, di sinistra o cristiana.
Questi valori vengono assunti da intellettuali algerini, mussulmani, cristiani, berberi, arabi, e producono un grande fermento intellettuale, di modernizzazione delle idee; un dibattito per cercare di capire ...[continua]
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