Signori che siete incaricati di decidere della nostra sorte, cominciamo col risolvere un piccolo problema. E’ vero che non vi siete mai rivolti alle donne di questo paese in quanto tali. Parliamo delle donne che gestiscono il quotidiano, lavano i piatti, fanno la spesa nonostante le condizioni del mercato, si arrangiano per nutrire la loro famiglia, in poche parole puliscono la sporcizia di tutti fra biancheria, pavimenti, muri, quando trovano dell’acqua -la cui gestione è nelle vostre mani. Parliamo delle donne che sono ripudiate a migliaia e gettate per strada con i loro bambini perché un giorno dell’anno 1984, voi avete deciso, con il codice della vergogna, che il vostro onore si sarebbe ormai misurato con il numero di donne che potete sposare alla volta, con il numero di donne che potete umiliare alla volta, con il numero delle altre che potete spossessare dello statuto, pur inalienabile, di esseri umani a pieno titolo. Parliamo di quel pugno di donne che siamo con un impiego e che meriterebbero un attestato di bravura ad ogni angolo di strada in considerazione della lunghezza della loro giornata lavorativa e della totale assenza di mezzi socio-educativi che renderebbero le loro condizioni di lavoro giusto un po’ più umane. Queste donne accusate di tutti i mali ogni volta che la vostra cattiva gestione produce un po’ più di disoccupazione e di angoscia. Parliamo di quelle donne, madri, mogli, sorelle, figlie, parenti o semplici amiche del poliziotto, del soldato, del gendarme, di Liabès e Senhadri, di Djaout e Flici, di Bhoukhobza e Sari, di Yefsah e Belkhenchir, di Chergou e Guenzet, di Karima e Rachida, dell’anonima donna delle pulizie, che coraggiosamente affrontano il quotidiano degli algerini, senza mai rinnegare quello per cui queste persone care sono cadute,vigliaccamente assassinate. Parliamo delle donne alle quali il ritorno di Boudiaf e il suo progetto, hanno ridato mille speranze e che, incapaci di tradimento, l’hanno pianto il giorno in cui i clans del potere l’hanno assassinato. Esse lo piangono sempre, aspettano la verità su questo assassinio orribile. Parliamo delle donne che subiscono la persecuzione ogni giorno, impotenti, vittime di attentati barbari al vetriolo, con il fuoco, e via enumerando passando per i colpi di frusta e le sevizie sessuali, quando non si tratti di assassinio puro e semplice. Tutto questo dura da tempo, ma nessun osservatorio, nessuna lega, nessuna istituzione nazionale o internazionale dei Diritti dell’Uomo, nessun avvocato famoso e corteggiato dai media si è levato e neppure commosso di fronte a queste violazioni pur flagranti dei diritti fondamentali della persona umana. E’ vero che le donne sono troppo povere per meritare l’interesse di Amnesty International. Parliamo anche delle donne terrorizzate, che vivono nei villaggi o nelle periferie di Algeri e che dei volantini recenti, diffusi alla luce del sole, costringono a rintanarsi, non avendo altra scelta che la segregazione o il velo, pena essere sgozzate.
Dicevamo dunque, Signori, che coerenti con voi stessi, non vi siete mai rivolti alle donne in quanto tali. Solo che c’è un problema: voi decidete della sorte degli algerini e il 50% è di sesso femminile. Non vogliamo parlare in loro nome, non lo faremo mai perché nessuna di noi si è allattata al seno dell’UNFA (Unione Nazionale delle Donne Algerine, ndr.), la vostra cassa di risonanza durante gli anni gloriosi del partito unico. Noi parliamo nel nostro nome di algerine che hanno rifiutato e combattuto lo status di minorità che voi ci imponete. Oggi rifiutiamo di essere utilizzate come bestiame per trafficanti in trattativa. Ricevete quindi questo messaggio: noi non siamo in vendita, tanto meno all’internazionale islamista, ai suoi monarchi e ai suoi mollah. Siccome abbiamo la fortuna di essere alfabetizzate, merito che spetta ai nostri genitori perché voi non ci avete facilitato la via dell’educazione, sappiamo quello che il vostro sistema propone e ciò che lo Stato islamico propone alle donne. Abbiamo fatto la nostra scelta. Vogliamo essere delle cittadine con dei diritti riconosciuti e garantiti da uno Stato credibile e giusto in una società dove nascere donna non sia più una condanna. A questo voi rispondete che la maggioranza aspira alla nostra segregazione. Ma è proprio vero che voler rinchiudere, imbavagliare, sottomettere e seppellire le donne sia un’ ...[continua]
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