Luciano Lanza, giornalista e saggista, ha recentemente pubblicato il libro Bombe e segreti -Piazza Fontana 1969, edizioni Elèuthera.

Sembra che le indagini sulla strage di piazza Fontana confermino, dopo 28 anni, quanto dissero allora gli anarchici e l’estrema sinistra: strage di stato…
In effetti, dopo tanti anni di silenzio, e grazie anche alle indagini portate avanti dall’89 al ’97 dal giudice istruttore milanese Guido Salvini, sono state confermate le pesanti responsabilità che in quella strage ebbe una parte grandissima degli apparati statali. Una parte niente affatto "deviata", ma che svolgeva il suo compito istituzionale. E’ venuta alla luce la responsabilità di uomini politici, ministri, giudici, poliziotti, servizi segreti italiani ed esteri, nel mettere in atto una "strategia della tensione", come venne chiamata allora, per impedire lo slittamento a sinistra dell’asse politico italiano. Questa strategia venne elaborata in forma compiuta dal 3 al 5 aprile ’65, all’Hotel Parco dei Principi di Roma, dove si svolse un convegno a cui parteciparono Pino Rauti -fondatore del movimento neofascista Ordine Nuovo e oggi leader del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore-, Guido Giannettini, giornalista e agente "Z" del Servizio Informazioni Difesa, e alcuni giovani, tra cui Stefano delle Chiaie e Mario Merlino, pseudo-anarchico infiltrato nel gruppo anarchico "22 Marzo" di Roma, il gruppo dove militava Pietro Valpreda, che poi venne accusato della strage. In questo convegno (i cui atti furono pubblicati nel volume La guerra rivoluzionaria) Pio Filippani Ronconi, un docente universitario, traduttore di lingue orientali e crittografo alle dipendenze del ministero della Difesa e del Sid, tenne la relazione centrale, intitolata Ipotesi per una controrivoluzione, dove venivano teorizzati diversi livelli di organizzazione per prepararsi a contrastare il pericolo comunista in Italia.
Questo convegno fu, in pratica, l’atto costitutivo dei Nuclei di difesa dello Stato (Nds), un’organizzazione parallela a Gladio: mentre Gladio era l’organizzazione "ufficiale" di difesa territoriale in caso di invasione da parte del blocco comunista (e infatti praticamente non fece mai nulla), i Nds erano invece l’organizzazione che doveva prevenire dall’interno, e con ogni mezzo, l’avanzata del comunismo in Italia.
La "strategia della tensione" si perfezionò nel ’69, quando il gruppo neonazista di Franco Freda e Giovanni Ventura, con base a Padova, il 25 aprile mise le bombe alla Fiera Campionaria e alla stazione centrale di Milano, mentre il 9 agosto collocò dieci bombe su vari treni in tutta Italia, provocando 12 feriti. Questa stessa strategia toccò il culmine il 12 dicembre ’69, giorno in cui il gruppo di Freda e Ventura, il gruppo di Ordine Nuovo di Venezia-Mestre e il gruppo di Avanguardia Nazionale di Roma, piazzarono alcune bombe a Roma, alla Banca Nazionale del Lavoro e all’Altare della Patria, provocando rispettivamente 14 e 4 feriti, e a Milano, dove, alla Banca nazionale dell’agricoltura, il bilancio fu di 16 morti e oltre 100 feriti, mentre la bomba alla Banca commerciale italiana non esplose. Venne fatta esplodere in seguito, eliminando una prova importantissima.
In questo fiorire di organizzazioni più o meno segrete, quale fu il ruolo dei servizi segreti?
Ci furono certamente agenti della Cia che seguirono costantemente l’attività di questi gruppi (nel gruppo di Ordine Nuovo di Venezia, ad esempio, c’era un agente Cia, Carlo Digilio, che era anche l’artificiere e l’armiere del gruppo) con un atteggiamento che il giudice Salvini ha definito di "benevola protezione", che significava lasciar fare, all’occorrenza aiutare, senza esporsi troppo. Questo mentre il Sid, ovviamente filoamericano e "ciadipendente", da una parte ci metteva del suo e, dall’altra, seguiva le indicazioni filogolpiste che prevalsero, dal ’67 fino alla prima metà degli anni ’70, nella Cia e nel Patto Atlantico. Una strategia filogolpista che aveva portato, fra l’altro, al colpo di stato in Grecia nel ’67 (in cui la Cia mise come primo ministro un suo uomo, Georgios Papadopoulos) e che nel ’73 portò al golpe in Cile. E’ questo il periodo in cui si cominciò a pensare che qualcosa del genere dovesse accadere anche in Italia, visti che il Pci continuava ad avanzare ad ogni elezione .
Torniamo alle bombe del 12 dicembre ’69, quali sono le prove che a metterle furono i fascisti?
La testimonianza-cardine è quella di Martino Siciliano, che all’ep ...[continua]

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