Lei è considerato uno dei teorici del garantismo, può dirci in poche parole cosa si intende con questo termine?
Garantismo è un termine recente, nato in maniera contingente negli anni ’70 di fronte all’attualità politica, in particolare di fronte alla legislazione d’emergenza, che costituì una svolta autoritaria e illiberale dello stato. Quindi, nasce sul terreno penale. Tuttavia, a me pare che l’idea alla base del garantismo, e cioè la concezione del potere pubblico come tutela dei diritti fondamentali, vada al di là del diritto penale, in quanto si rifà al costituzionalismo, ossia alla visione dello stato come qualcosa costruito da noi, la cui legittimazione deriva dalla difesa delle garanzie del cittadino. Sicché lo spazio della politica ne risulta limitato. La politica, come del resto il mercato, è la sfera del decidibile, cioè la sfera della discrezionalità, limitata da ciò che non è decidibile: nessuna maggioranza può limitare i diritti fondamentali. I confini della politica sono rappresentati dai diritti di tutti. Il potere della politica ha, pertanto, dei limiti come era sancito dal vecchio stato liberale e anche dei vincoli come stabilito dallo stato sociale di diritto, sebbene quest’ultimo esista solo sul piano teorico e sia tutto da costruire. La nostra Costituzione, infatti, contiene tutta una serie di diritti sociali, senza che, peraltro, siano state elaborate le garanzie idonee a renderli effettivi, quindi ad evitare che, sanciti come diritti e non come semplici aspettative, la loro applicabilità sia affidata alla discrezionalità della politica.
Da cosa dipende la scarsa sensibilità garantista della sinistra italiana?
In verità, il garantismo non ha avuto molta fortuna né a sinistra né a destra.
Nella cultura della sinistra ha prevalso la visione marxista del diritto, per la quale esso è sovrastruttura, riflesso dei rapporti di forza; non c’è mai stata una grande fiducia nel diritto, salvo lodevoli eccezioni, penso a Lelio Basso e ad alcuni costituenti. In breve, è stato sempre considerato uno strumento da piegare alle esigenze della politica. Viceversa, il garantismo implica il prevalere del diritto sulla politica, non nel senso che deve prevalere la procedura, ma nel senso che la politica deve essere vincolata a precise finalità, come la tutela della libertà e la soddisfazione dei diritti sociali. Quindi, la politica, come del resto il mercato, nell’ottica del garantismo non solo è limitata, ma è vincolata dal diritto. Invece, nella tradizione rousseauviana e marxista-leninista non è certamente ancorata a questa concezione. Per l’ideologia comunista ciò che conta è chi decide, come se il soggetto decidente, essendo in questo caso il proletariato, sia di per se stesso una garanzia. Questa è stata sempre una grande illusione: Montesquieu ci insegna che il potere tende sempre a degenerare, ad accumularsi in forma assoluta, chiunque lo detenga. Se, allora, per la sinistra comunista è fondamentale chi decide, per il costituzionalismo è basilare che cosa si decide, la sostanza della decisione: chi decide è meno importante del che cosa viene deciso. In questo senso, personalmente critico molto la visione proceduralistica del diritto, presente anche in Bobbio, perché il costituzionalismo non si limita a vincolare solo sul piano formale, ma lega la decisione alla sostanza, tant’è vero che le leggi sono incostituzionali qualora ledano i princìpi fondamentali.
Nella destra la situazione è diversa. Il garantismo della destra attuale è un garantismo molto particolare, che si rivolge unicamente al potere giudiziario. L’insofferenza espressa nei confronti dei giudici non è tanto la richiesta, sotto questo aspetto fondata, della limitazione di un potere che, come tutti i poteri, tende a essere dispotico e a cadere nell’arbitrio, ma esprime un rifiuto dei limiti che devono subire gli altri poteri. Il paradosso che fa di questo garantismo un antigarantismo, è che la funzione giudiziaria, la quale certamente fonda la propria legittimazione sulle garanzie, viene attaccata e respinta perché a sua volta è un limite, una tecnica di controllo sul potere politico, il quale, invece, viene assunto come ...[continua]
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